Dal Corriere della Sera del 12 giugno 2012 traggo questa notizia che meriterebbe una mobilitazione di cervelli in tutt’Italia per vincere un male antico e ripartire con risorse preziose in tempi di risorse mancanti. (s.gian.)
A un anno e mezzo dalla scadenza sono stati spesi solo il 25% dei finanziamenti
I 45 miliardi di fondi europei mai utilizzati
Il pericolo che tornino in cassa a Bruxelles
ROMA – Fatichiamo a far quadrare i conti, il decreto sullo sviluppo non è stato ancora approvato perché è difficile trovare la copertura necessaria, 100 milioni di euro. E poi abbiamo a portata di mano un tesoro molto più grande, quasi 60 miliardi di euro, che non riusciamo a spendere e che per questo rischiamo di perdere. Tra le mille contraddizioni dell’Italia al tempo della crisi, il mancato utilizzo dei fondi europei è tra quelle che colpiscono di più. Per il periodo 2007-2013 Bruxelles mette sul piatto 59,2 miliardi per le Regioni, le Province e i Comuni che presentano un progetto coerente con gli obiettivi del fondo sociale e del fondo per lo sviluppo regionale. Ma alla fine di maggio, quando alla scadenza manca ormai solo un anno e mezzo, ne abbiamo usati solo un quarto, il 25,1%. Un delitto sempre, perché i fondi europei sono finanziati dagli Stati membri e quindi da tutti noi. Un delitto ancora più grave adesso, quando fra tasse e tagli alla spesa pubblica tutto ruota attorno alla ricerca delle risorse.Anche se a piccoli passi, però, le cose stanno migliorando. Per capirlo basta scorrere le tabelle preparate dal ministro per la Coesione territoriale Fabrizio Barca, che segue questo dossier per il governo: alla fine del 2010, quando il programma era già partito da 4 anni, avevamo speso ancora meno, addirittura il 10%. In un anno e mezzo abbiamo più che raddoppiato il nostro risultato ma il rischio all’orizzonte è sempre lo stesso. Entro la fine del 2012 Bruxelles ci impone di arrivare al 35%: al di sotto di quella soglia ogni singolo euro non speso tornerà all’Unione europea. Miliardi persi mente cerchiamo milioni. «Non sarà facile raggiungere l’obiettivo – dice il ministro Barca – ma sono certo di un fortissimo impegno di tutti per accelerare nei prossimi mesi». Proprio per questo il governo ha cambiato atteggiamento e procedure: prima i conti sui soldi spesi venivano fatti solo a fine anno, quando ormai non c’era più tempo per rimediare ai danni. Adesso i risultati vengono misurati anche in corso d’opera e resi pubblici, in modo da spingere al miglioramento specie chi ha i «voti» peggiori. Per la fine di maggio il governo aveva piazzato l’asticella al 24%, un «target non ambizioso» che siamo riusciti a superare di misura. E che ha avuto un effetto al momento poco appariscente ma positivo: «Le singole amministrazioni – spiega il ministro Barca – avevano l’abitudine di concentrare la spesa negli ultimi mesi dell’anno, ma procedere per impennate non è mai un buon segnale. Stavolta si sono mosse prima». Restano tanti nodi da sciogliere, però.
Il paradosso è che a spendere peggio è proprio chi ne avrebbe più bisogno e chi ha più soldi a disposizione. La maggior parte dei fondi europei, quasi tre quarti, sono destinati alle Regioni del Sud, per il Centro Nord i soldi sono molti meno. Eppure l’Emilia Romagna ne ha già usati quasi il 45%, la provincia di Trento sfiora il 50%. Mentre Sicilia e Campania faticano a superare il 10%. «Non bisogna guardare solo la fotografia ma l’intero film» avverte però il ministro Barca. Se negli ultimi mesi la Campania è riuscita a recuperare qualcosa, in Sicilia la curva è ancora piatta. Come se non ci fosse una reazione, nemmeno in un momento di lacrime e sangue come questo. Ed è un problema che non riguarda solo il presente.
Fra qualche mese a Bruxelles partiranno i lavori per finanziare il periodo 2014-2020. Ed è probabile che i Paesi che non avranno speso tutta la loro dote subiranno un taglio ulteriore ai fondi disponibili. Un motivo in più per non lasciare in cassa nemmeno un euro. Ma c’è solo da accelerare la spesa. L’altra obiettivo è riqualificarla, evitare la dispersione in mille progetti marginali e concentrarla su interventi strategici, come quello sull’istruzione, il programma nazionale più efficiente che finora ha speso il 43,7% delle risorse disponibili.
Lo spreco dei fondi europei è per l’Italia un problema antico. A più riprese circola la tentazione di sanzionare in qualche modo i presidenti delle regioni che non riescono ad usare quei soldi che piovono da Bruxelles. Un’idea che però il ministro Barca non condivide: «Ai meccanismi sanzionatori preferisco la persuasione morale, anche perché se il sistema non funziona la colpa non è mai di una persona sola. Ma è giusto che i cittadini sappiano come stanno le cose, vedano chi è più bravo e chi meno». Qualche anno fa Carlo Azeglio Ciampi ricordava il suo «imbarazzo» quando, da ministro del Tesoro, si sentiva dire che l’Italia era il Paese «più indietro» nell’uso dei soldi comunitari. Fu proprio Ciampi a chiamare al Tesoro Barca, dove è stato capo del dipartimento delle Politiche per lo sviluppo. La speranza è che il tempo dell’imbarazzo finisca presto. (Lorenzo Salvia)
A conferma che lo spreco dei fondi europei è per l’Italia un problema antico, il Corriere della Sera del 6 febbraio 2013 titola in prima pagina: “L’Italia e il bilancio dell’Unione Europea: abbiamo ‘perso’ 22 miliardi di euro in 5 anni”, cifra che scaturisce dalla differenza tra i fondi versati e quelli ricevuti. Una cifra che equivale al gettito atteso dall’Imu (Imposta municipale unica). “Non è un bel risultato per un Paese fondatore come l’Italia”, commenta sul quotidiano di via Solferino l’editorialista Giuseppe Sarcina.