Ha suscitato tanta curiosità e numerosi commenti la buona notizia del nuovo portale del governo Monti che aggiorna sui progetti finanziati con fondi pubblici, in particolare dell’Europa: i 45 miliardi dell’Unione europea, come ricorderete, possono essere utilizzati entro il 31 dicembre 2013 e un cronometro appositamente ideato dal nostro sito scandisce il conto alla rovescia di questa scadenza (link).

Tra i commenti ci piace segnalare, tratto da ilFattoquotidiano.it, questo stimolante intervento di Guido Scorza, docente universitario di diritto delle nuove tecnologie, avvocato e giornalista pubblicista.

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Avvocato, giornalista pubblicista e appassionato di blog (il suo è guidoscorza.it) Insegna diritto delle nuove tecnologie in alcune università italiane e scrive delle stesse materie su diversi giornali e periodici.

È un fiume di denaro da oltre 33 miliardi di euro quello che scorre sul nostro Paese attraverso oltre 467 mila rivoli – ovvero, fuor di metafora, progetti di finanziamento – confluendo in dighe artificiali distribuite in modo tutt’altro che uniforme sul territorio.

È questa la prima impressionante – specie per i non addetti ai lavori – immagine che si trae dalla navigazione nel sito Opencoesione realizzato e pubblicato, nei giorni scorsi, dal ministro Fabrizio Barca e dai suoi uffici. Uno strumento che dovrebbe consentire di risalire i rivoli, i torrenti e i fiumi attraverso i quali l’enorme massa di denaro, oggetto tra il 2007 e il 2013 degli investimenti programmati per la coesione, arriva ad amministrazioni, società, associazioni e persone fisiche, di individuarne i beneficiari ultimi, le ragioni dei finanziamenti e, soprattutto, di verificare che i nostri soldi siano stati spesi bene o, almeno, nel modo migliore possibile.

Tanti i numeri e i dati in questo primo lodevole tentativo di rendere trasparenti le politiche di investimento pubblico in Italia. Sfogliando le pagine di Opencoesione, si scopre che su quasi cento miliardi di euro di risorse disponibili, tra il 2007 e il 2013, ne sono stati impegnati, in 467.257 progetti diversi, 33,4 miliardi e già spesi, ovvero distribuiti tra gli oltre 35 mila beneficiari, 14, 4 miliardi.

Guardando più a fondo – attraverso la mappa interattiva – un primo dato che balza agli occhi è quello dell’assoluta mancanza di uniformità nella distribuzione di queste risorse sul territorio: 3,2 miliardi di euro investititi nella sola provincia di Napoli, 3,1 miliardi di euro in quella di Palermo con coefficienti di investimento pro-capite di 30.391 euro per il piccolo comune di Palazzo Adriano, beneficiario di oltre 68 milioni di euro, ripartiti in 15 progetti tra i quali spiccano, perché sopra i centomila euro, la messa in sicurezza dell’ex discarica (644 mila euro), la pavimentazione del cimitero comunale (103.137 euro) e, soprattutto, la realizzazione dell’acquedotto Montescuro ovest (67.610.956,32 euro).

Ma – il non addetto ai lavori – non può non lasciarsi incuriosire anche dagli oltre 14 milioni di euro, ripartiti in 86 diversi progetti di finanziamento finiti nel Comune di Casamicciola Terme (Napoli). A guardare meglio tra i rivoli di denaro affluiti nel Comune di Casamicciola (la necessaria precisazione è che si tratta solo di uno tra i tanti esempi possibili e che non c’è ragione per voler attribuire al Comune partenopeo alcun primato né positivo né negativo) però il progetto di Open data del ministro Barca, evidenzia uno dei suoi maggiori limiti: pur potendo, finalmente, sapere – sebbene con alcune eccezioni – chi ha beneficiato del fiume di denaro scorso lungo la nostra Italia, resta pressoché impossibile capirne le reali ragioni e valutare l’opportunità e congruità della spesa.

La colpa, però, non è del ministro, né della sua amministrazione e il limite non è di natura tecnologica.

Il punto è che – ed è difficile pensare che si tratti di un caso – mancano le informazioni di dettaglio in possesso delle singole amministrazioni, fossero anche semplici descrizioni, dei progetti finanziati e ci sono, invece, solo titoli, in molti casi, privi di qualsivoglia valore descrittivo. È il caso – uno tra i tanti – degli oltre 5 milioni di euro finiti al Consorzio Zefiro, un consorzio che si occupa di promozione del turismo nautico italiano, che il portale del ministro Barca non consente di comprendere come e perché siano stati utilizzati.

C’è poi la “piaga” degli investimenti dei quali il beneficiario non è affatto identificabile perché mascherato dietro all’anonima etichetta di “individuo”. Ci sono oltre 13 mila progetti dei quali risulta beneficiario il Sig. Individuo per oltre 296 milioni di euro. E il caso del Sig. Individuo, beneficiario di oltre 6 milioni di euro di finanziamento in quel di Nocera Inferiore la cui identità è, tuttavia, protetta nel nome – poco convincente – della privacy.

L’idea di non pubblicare i nomi delle persone fisiche beneficiarie dei finanziamenti lascia perplessi perché, negli stessi elenchi, vengono poi pubblicati i dati relativi a migliaia di società che hanno nella loro ragione sociale i nomi dei soci presenti o passati. Tanto per fare un esempio, il dato relativo ai 6 milioni di euro attribuiti al Sig. Individuo è seguito, a ruota, nell’elenco dei finanziamenti relativi all’area dell’agenda digitale, da quello della Iovine Giovanni & SAS, da quello del pastificio Liguori e, tra i tanti altri, da quello della Giulio Franzese s.r.l..

La sensazione, nel navigare nel fiume di informazioni portato alla luce dal ministro Barca è che si sia, finalmente, intrapresa la strada giusta, che si tratti di una strada senza ritorno ma che i dati attualmente online siano sufficienti, al massimo, per dare il via a qualche bell’inchiesta giornalistica destinata, sfortunatamente a scontrarsi con le vecchie e care abitudini di un’amministrazione assai poco disposta a lasciarsi osservare.

C’è però una funzione della piattaforma che, se usata, consentirebbe di fare un altro importante passo avanti: quella attraverso la quale il ministro Barca invita qualsiasi cittadino coinvolto, a qualsiasi titolo, in uno dei progetti finanziati a arricchire il database online con le informazioni in proprio possesso.

Ora tocca a noi: occorre usare il sito, incrementarlo e fare in modo di “costringere” le amministrazioni a proseguire lunga la strada della trasparenza.

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