È possibile salvare le donne dalla violenza? In Inghilterra ci sono riusciti, con un sistema semplice, poco costoso (anzi, fa risparmiare lo Stato) e di grandissima efficacia. Grazie a questo metodo, nella sola Londra gli omicidi di donne sono passati da 49 nel 2003 a 5 nel 2010. Come è stato possibile? Lo spiega Simonetta Agnello Hornby in un libro scritto a quattro mani con la professoressa Marina Calloni, appena pubblicato da Feltrinelli. Si intitola Il male che si deve raccontare (pagg, 128, 8€). Tutti i proventi sono devoluti a finanziare la nascita della sezione italiana della Fondazione Elimination of Domestic Violence (Edv), che nascerà ufficialmente il 30 maggio all’Università Bicocca di Milano.
Metodo Scotland. Il sistema inglese lo chiameremo Metodo Scotland, dal nome del ministro laburista britannico che lo ha promosso e applicato. Patricia Scotland ha creato Edv in Inghilterra. È stata la prima donna nera presso la Corte di Cassazione, poi la prima donna nera membro della Camera dei Lord, poi la prima donna ministro della Giustizia. Con Simonetta Agnello Hornby si conoscono da 30 anni e hanno lavorato insieme su tanti casi di violenza domestica. Simonetta Agnello Hornby è avvocato di famiglia e il suo studio di Brixton, in una zona etnica e disagiata di Londra, è stato il primo in tutto il Regno Unito ad aprire un dipartimento dedicato alla violenza domestica.
Ecco, dall’esperienza sul campo è nato un sistema che permette di salvare vite umane e un risparmio enorme per la società, sia in termini morali che economici.
Come funziona. Siccome Simonetta e Patricia sono due donne pratiche sono partite dalla cosa principale, la più evidente ma spesso la più difficile da fare: allontanare fisicamente la donna dal marito o convivente violento. Un avvocato che si trova davanti una donna con la faccia tumefatta adesso può chiamare direttamente una sorta di “tutor”, che agisce secondo un protocollo accettato da tutte la parti in causa (assistenti sociali, medici, polizia, ecc.) che seguirà la donna per i primi tre mesi.
Poi parte un programma di assistenza e supporto diverso, ma intanto si agisce subito. Si inizia assegnando un punteggio di rischio, da altissimo (pericolo di vita immediato) a molto alto a medio. A seconda di questo punteggio si procede, un po’ come al pronto soccorso: un codice rosso passa avanti a chi può aspettare. Tante volte anche 24 ore possono essere fondamentali. Questo sistema non fa sprecare tempo in riunioni interminabili, non c’è bisogno di coordinare varie persone e soprattutto dà la possibilità alla donna di lasciare l’abitazione, insieme ai propri figli. Verrà sistemata in un alloggio pubblico, oppure se non è disponibile immediatamente, in una casa privata.
Le statistiche dicono che incredibilmente nel 50 per cento dei casi la donna torna dal proprio aggressore. I motivi sono vari (i racconti di Agnello Hornby sono agghiaccianti, anche sulle sudditanza psicologica che si crea), ma anche quelli pratici influiscono: la donna maltrattata infatti non ha soldi, non sa dove andare, ha nascosto l’abuso a tutti, quindi è isolata e non può chiedere aiuto immediato. Per questo spesso torna dall’uomo che poi la massacra.
Aziende coinvolte. Accanto al tutor c’è il coinvolgimento delle aziende. Perché è fondamentale che le donne non perdano il lavoro per mantenere la propria indipendenza economica. E perché nell’ambiente di lavoro si può fare molto per sensibilizzare, aiutare a parlare, spingere alla denuncia del violento, proteggere le donne. In Inghilterra sono 700 le aziende che hanno aderito al programma (dalle multinazionali alle piccole aziende private ).
Agnello Hornby sfata la maggior parte delle credenze che si hanno sulla violenza domestica. Non è vero che riguarda solo i poveri, gli ignoranti, gli emarginati dalla società. I dati anche in Italia parlano chiaro: nel corso della loro vita oltre la metà delle donne è stata oggetto di molestie sessuali, di un ricatto sessuale sul lavoro o di una violenza tentata o consumata. Nell’80 per cento dei casi l’autore è italiano. Nel 50 per cento dei casi è il marito o il convivente della vittima, che attua anche violenze sessuali, oltre che fisiche o psicologiche. Solo il 6,2 per cento delle vittime è stato stuprato da un estraneo. Dal 2002 al 2012 sono state 2061 le donne uccise. Nel 2012 sono stati 127 gli omicidi di donne, di cui il 70,8 per cento perpetrato in ambito familiare o affettivo.
In Inghilterra grazie al metodo Scotland la percentuale di aggressori sottoposti a procedimento penale è cresciuta fino al 73 per cento. I rei confessi aumentati dal 21 al 61 per cento. Le ritrattazioni delle vittime sono diminuite dal 53 al 17 per cento. Le condanne passate dal 53 al 17 per cento. I casi archiviati dal 32 al 19 per cento. Le assoluzioni per insufficienza di prove sono diminuite dal 46 al 4 per cento. E i costi? Da una ricerca condotta dalla Scotland il costo della violenza domestica si aggirava intorno ai 23 miliardi di sterline annui. Se si applicasse lo stesso metodo nel resto d’Europa, il Pil potrebbe aumentare del 21 per cento. Sembrano sterili numeri. Ma dietro queste cifre ci sono vite umane e il sogno di una società più civile.
Fonte: il Fatto Quotidiano. Per contattare la giornalista: @caterinasoffici