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Un palazzo per uffici che produce più energia di quella che consuma; un data center interamente alimentato da fonti rinnovabili e raffreddato con le acque del mare; un ospedale che abbatte i consumi e reinveste i soldi risparmiati in politiche per la salute; un’intera città connessa a un sistema di smart grid e software in grado di ridurre al minimo lo spreco di risorse. A Parigi, per l’Innovation Day di Schneider Electric, il colosso francese dell’automazione e della gestione energetica, è andata in scena la visione futura di un mondo digitalizzato, decentralizzato e soprattutto decarbonizzato. Ma gli esempi, ormai, sono tutt’altro che modelli virtuali: decine di progetti concreti, funzionanti ed eccezionalmente efficienti.

Svoltosi alla vigilia della Maratona di Parigi del 3 aprile – di cui Schneider è il main sponsor – il summit internazionale su energia, efficienza e nuove tecnologie quest’anno è stato organizzato in grande, ospitando nel complesso fieristico alle Porte de Versailles oltre 1.000 addetti del settore e 130 giornalisti da 30 paesi. Il tema cardine, nella città della COP21, non poteva che essere il dilemma energetico che oggi il mondo si trova ad affrontare.

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Jean-Pascal Tricoire, il carismatico leader della multinazionale francese Schneider Electric.

“Oggi l’energia è un fondamentale diritto umano ed è indubbio che ci abbia migliorato la vita”, ha esordito il carismatico CEO della multinazionale francese Jean-Pascal Tricoire. “Eppure ci sono al mondo ancora 1 miliardo e 300 milioni di persone che non hanno accesso alla rete elettrica, condannate per questo alla povertà e al sottosviluppo”. Ma se l’energia è un diritto per tutti, il sistema con cui viene attualmente prodotta e gestita è insostenibile per il pianeta. “Siamo nel mezzo di tre inarrestabili megatrend: urbanizzazione, industrializzazione e digitalizzazione”, ha spiegato Tricoire. “Entro il 2050 ci saranno nelle città 2,5 miliardi di abitanti in più rispetto a oggi e il consumo energetico dell’industria aumenterà almeno del 50%; inoltre, già nel 2020 ci saranno nel mondo 50 miliardi di dispositivi connessi alla rete. La domanda di energia è in crescita esponenziale ed è destinata ad aumentare dell’80% entro il 2040. Non abbiamo scelta: dobbiamo dimezzare le emissioni di CO2 e per farlo occorre diventare tre volte più efficienti, risparmiando, conservando e distribuendo in modo intelligente l’energia”.

Su come fare in Schneider Electric sono ottimisti: “Le tecnologie necessarie sono già a nostra disposizione, dobbiamo solo usarle in modo diverso”, assicura Tricoire. Il “modo diverso” ha un nome, che ancora suona un po’ misterioso ai profani: Internet of Things, l’internet “delle cose”. Semplificando, se una volta (non troppo tempo fa, a dire il vero) l’IT- Information Technologies, che gestisce le informazioni per gli utenti umani, e l’OT- Operational Technologies, dedicato ai dati per le macchine – viaggiavano su binari separati, oggi i due sistemi sono connessi agli stessi network. Questa comunanza rende possibile una comunicazione bidirezionale che ha enormi applicazioni nel campo dell’efficienza energetica.

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L’Internet delle cose è una possibile evoluzione dell’uso della Rete: gli oggetti (le “cose”) si rendono riconoscibili e acquisiscono intelligenza grazie al fatto di poter comunicare dati su se stessi e accedere ad informazioni aggregate da parte di altri.
Le sveglie suonano prima in caso di traffico, le scarpe da ginnastica trasmettono tempi, velocità e distanza per gareggiare in tempo reale con persone dall’altra parte del globo, i vasetti delle medicine avvisano i familiari se si dimentica di prendere il farmaco. Tutti gli oggetti possono acquisire un ruolo attivo grazie al collegamento alla Rete.

“Efficienza energetica attiva” la chiamano gli ingegneri di Schneider: a differenza di soluzioni “passive” come i LED e l’isolamento termico, un sistema IoT, che integri dispositivi, sensori, monitor e software, consente di analizzare senza sosta i dati sul consumo energetico di un edificio, una fabbrica, addirittura una città, reagendo in tempo reale alle situazioni. Il tutto, magari, attraverso lo schermo di un tablet. Quasi un gioco, a provarlo in fiera: esce il sole, si abbassano le luci; l’aria si rinfresca, si spegne il condizionatore. Paiono inezie, ma possono portare a un risparmio di energia e risorse (si pensi anche allo spreco d’acqua) del 30-40%. Che moltiplicato per tutte le stanze di un albergo, le aule di una scuola o gli uffici pubblici di un comune diventa un risultato importante con ricadute sull’intera comunità.

Ricadute positive come quelle ottenute, ad esempio, nella contea di Skane in Svezia, che si è posta l’ambizioso obiettivo di liberarsi delle fonti fossili entro il 2020. La pubblica amministrazione della regione si è così rivolta a Schneider Electric per rendere più efficienti alcuni vecchi edifici, sedi di ospedali e uffici pubblici, intervenendo principalmente sui sistemi di illuminazione e ventilazione e installando piattaforme di controllo e analisi dei consumi. Risultato: un risparmio del 25%, nuovi fondi da investire in politiche per la salute senza aumentare le tasse e l’avvio di altri progetti di efficientamento per raggiungere gli obiettivi del 2020.

Ancora dalla Scandinavia, e più precisamente da un fiordo della Norvegia, arriva un altro esempio di utilizzo virtuoso dell’energia. Si chiama Green Mountain ed è il data center “più ecologico del mondo”, come afferma orgoglioso il leader, Knut Molaug. Non è usuale pensare al lato materiale e “pesante” del cloud, il flusso di informazioni e dati su cui si basa oggi la nostra quotidianità; eppure anche l’immateriale ha un suo peso energetico, e non da poco. Si dice ad esempio che una singola ricerca su Google equivalga ad accendere una lampadina da 60W per 17 secondi. Quell’energia la consumano in buona parte i data center che conservano la gigantesca mole di informazioni che ci scambiamo ogni giorno (il 90% delle quali è stato prodotto solo negli ultimi due anni!) e il cui più grosso problema è il raffreddamento delle macchine. Green Mountain, alimentato interamente da fonti rinnovabili e monitorato in ogni sua parte da un sistema di Schneider Electric per il controllo dei consumi, ha risolto il problema utilizzando la risorsa più comune in Norvegia: l’acqua decisamente “fresca” del suo mare.

Ci sono poi casi in cui non solo si riesce ad abbattere lo spreco di energia, ma addirittura a produrne più del necessario. Come fa la sede dell’olandese Deloitte, ad Amsterdam, battezzata The Edge perché al top della tecnologia e nota per essere l’edificio per uffici più efficiente del mondo. Un progetto architettonico che tiene conto della migliore esposizione alla luce, un parco di pannelli solari e una struttura IoT che analizza e ottimizza i consumi garantiscono all’avveniristico The Edge il suo invidiabile primato: l’autoproduzione del 102% del suo consumo energetico e la prospettiva di un miglioramento costante. Stessa prospettiva dell’ambizioso progetto GreenLys, a Grenoble e Lione: primo esperimento di smart grid su larga scala applicato all’intera catena di produzione e distribuzione dell’elettricità, coinvolgendo non solo gli operatori, ma direttamente i consumatori finali dell’energia.

Insomma, dalle case private agli edifici pubblici, dalle industrie ai quartieri alle intere città, fino all’universo etereo del cloud, la prospettiva di un futuro efficiente e decarbonizzato, a guardarla da Parigi, non sembra più un’utopia.

* Fonte: Greenews.info è il web magazine dedicato all’informazione ambientale e al “green thinking” che nasce per dare visibilità ai progetti di sostenibilità delle imprese operanti in Italia, delle pubbliche amministrazioni, dei centri di ricerca e delle associazioni non-profit e per informare, sia gli utenti business che consumer, sulle politiche, le best practices, le normative ed i finanziamenti, i prodotti “eco” e “bio” e i nuovi trend mondiali.