Secondo lo studio curato dagli economisti Roberto Perotti e Filippo Teoldi, dal 2007 al 2012 sono stati messi in campo in Italia ben 504 mila progetti di formazione, per una spesa di quasi 7 miliardi e mezzo. Ma solo il 14% risultava poi occupato in Italia, contro l’85% della Francia e il 35% della Germania

Il buco nero dei fondi strutturali europei. L’Italia spende ogni anno miliardi di euro in progetti finanziati con questo strumento ma gli effetti prodotti sono difficilmente quantificabili. Anzi, è impossibile stabilire se favoriscano l’inclusione sociale o creano nuova occupazione.
 A dirlo è lo studio curato dagli economisti Roberto Perotti e Filippo Teoldi, pubblicato sul sito lavoce.info e riportato su Repubblica.

IN CINQUE ANNI 7,5 MILIARDI IN 504 MILA PROGETTI. In cinque anni (dal 2007 al 2012) sono stati messi in campo ben 504 mila progetti di formazione, per una spesa di quasi 7 miliardi e mezzo. Ogni euro di fondi ricevuti ce ne costa due in tasse: uno da versare all’Europa come membri dell’Unione e un altro come cofinanziamento, obbligatorio per utilizzare quei fondi.
Nel 2012, l’Italia ha versato all’Unione Europea 16 miliardi di euro, e ne ha ricevuti 11 miliardi. Di questi, 3 miliardi riguardano i fondi strutturali che I’Ue distribuisce alle regioni meno sviluppate.  I fondi strutturali destinati all’Italia consistono essenzialmente in due veicoli: il Fondo sociale europeo (Fse), che si occupa prevalentemente di formazione, sussidi al lavoro, inclusione sociale, e il Fondo europeo per lo sviluppo regionale (Fesr), che si occupa prevalentemente di sussidi alle imprese e infrastrutture.
Quindi, contrariamente a quanto si crede, sottolineano Perotti e Teoldi, i fondi strutturali sono tutti pagati, e due volte,  dal contribuente italiano. “In linea di principio si tratta di un’ottima idea, per coinvolgere il beneficiario. Ma se prendiamo il solo Fse, appena il 4% del finanziamento totale viene dalle Regioni (quasi niente dalle Province), il resto è finanziato in parti uguali da Stato italiano e Ue”, aggiunge lo studio. I soldi di questo fondo dunque “sono completamente gratuiti per i soggetti che poi attuano il progetto, cioè Regioni e Province”. Di qui la prima stortura. “Lo scopo del cofinanziamento è completamente negato”.

CORSI DI FORMAZIONE: CONFRONTO IMPIETOSO CON L’UE. Lo studio passa poi a esaminare la spesa per i progetti di formazione, che rappresentano la quasi totalità dei progetti dell’Fse (504 mila su 668 mila). Nel periodo 2007-2012 (dati Open-Coesione) ben 7,4 miliardi su 13,5 sono stati impiegati qui. Ma il confronto europeo è sconfortante.
Se l’Italia tra 2007 e 2013 ha offerto corsi a 21 mila persone, la Francia aveva 254 mila iscritti e la Germania 208 mila (dati del network di esperti sulla spesa dell’Fse per l’inclusione sociale). Ebbene, tra quelli che hanno completato le attività (appena 233 italiani, contro 50 mila francesi e 32 mila tedeschi), solo il 14% risultava poi occupato in Italia, contro l’85% della Francia e il 35% della Germania.

CORTE DI CONTI: DAL 2003 1,2 MLD DI EUROFURTI. La Commissione europea, lo scorso marzo, sosteneva che grazie ai fondi Ue in Italia sono stati creati tra 2007 e 2013 più di 47 mila posti, 3.700 nuove imprese, banda larga estesa a più di 940 mila persone, sostegno per 26 mila piccole e medie imprese, 1.500 chilometri di ferrovie e progetti di depurazione delle acque. La Corte dei Conti però, in febbraio, diceva che dal 2003 a oggi gli “eurofurti” (frodi, imprenditori fasulli, finti progetti, costi gonfiati, incarichi irregolari) hanno raggiunto la cifra record di un miliardo e 200 milioni. ()