Unione europea: sì ai bandi in italiano. Una settimana fa c’era stato il primo segnale positivo per il nostro Paese, con il rifiuto ai bandi di concorso pubblicati solo in inglese, francese e tedesco. “Tutte le 23 lingue dei Paesi della Ue sono UFFICIALI”. Così la Corte di Giustizia europea ha annullato la sentenza di primo grado del settembre 2010 dando così ragione all’Italia che aveva fatto ricorso contro la pratica di pubblicare i bandi in tre sole lingue. Per i giudici di Lussemburgo la scelta di pubblicare un bando in sole tre lingue costituisce effettivamente “discriminazione basata sulla lingua”. Ieri, venerdì 7 dicembre, un altro segnale forte dalle stanze del potere di Bruxelles. Ne parla Ivo Caizzi, corrispondente del Corriere della Sera dalla capitale belga, nell’articolo che segue. (s.g.).

La sede del Parlamento UE a Bruxelles

Una gaffe storica del Consiglio dei 27 governi dell’Ue, che ha «dimenticato» in un video il ruolo dell’Italia come Paese fondatore, ha generato un incidente diplomatico con protesta ufficiale della Farnesina e immediate scuse del vertice dell’istituzione comunitaria. La vicenda ha anche rilanciato le polemiche sulla sottovalutazione a Bruxelles dell’Italia, che è tra i principali contribuenti netti al bilancio Ue, proprio mentre sono in corso delicate trattative economiche – dalle misure anti-crisi alla ripartizione del bilancio 2014-2020 – dove gli interessi italiani rischiano di uscire penalizzati.

Il caso scaturisce dal presidente stabile del Consiglio, il belga Herman Van Rompuy, che ha fatto produrre per le tv e gli altri media audiovisivi un filmato di accompagnamento per la consegna del Premio Nobel per la Pace all’Unione europea, in programma lunedì prossimo, 10 dicembre, a Oslo. L’intenzione era sintetizzare in pochi minuti l’evoluzione del progetto europeo con eventi e politici famosi, insieme a commenti di comuni cittadini di varie nazionalità.

la prima versione del video ufficiale, senza italiani, dedicato al Nobel

Un video sull’asse franco-tedesco. In genere queste iniziative vengono gestite con grande attenzione geopolitica dall’euroburocrazia proprio per non urtare suscettibilità nei Paesi membri. Germania, Francia o Regno Unito fanno tremare i Palazzi di Bruxelles quando ritengono trascurati loro interessi nazionali, grandi, piccoli o anche solo d’immagine. In questo caso, poi, appariva impossibile non citare la nascita della comunità con il Trattato di Roma del 1957 o padri fondatori come Ernesto Rossi, Altiero Spinelli e Alcide De Gasperi. Invece il video partiva dal premier britannico Winston Churchill ed evidenziava i protagonisti dell’Europa unita fino all’asse franco-tedesco tra il presidente François Mitterrand e il cancelliere Helmut Kohl o all’annuncio dell’allargamento a est del premier danese Anders Fogh Rasmussen. Immagine dopo immagine, l’Italia non esisteva. Nemmeno tra le interviste ai comuni cittadini spuntava un italiano. La diffusione in Rete del video ha così provocato un crescendo di proteste via Internet. La delegazione diplomatica presso l’Ue, guidata dall’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, conscia di quanto siano importanti questi episodi marginali per il posizionamento in trattative Ue di ben altra rilevanza, ha esteso la protesta ufficiale al Consiglio di Van Rompuy. “Siamo intervenuti con chi di dovere, anche ai più alti livelli”, ha dichiarato Nelli Feroci. “L’errore è stato quindi riconosciuto e sono state fornite scuse formali. Ci è stato confermato il ritiro del video per il Premio Nobel e la diffusione di una versione corretta”.

De Gasperi e il Trattato di Roma. Dopo poche ore è arrivato il nuovo filmato con l’aggiunta di immagini di De Gasperi e del Trattato di Roma, accompagnate da didascalie ben evidenti. Questa vicenda segue la recente vittoria dell’Italia alla Corte europea di giustizia per far pubblicare i bandi di assunzione nelle istituzioni Ue in tutte le 23 lingue ufficiali, che ha frenato l’avanzata del trilinguismo (inglese, francese e tedesco) promossa soprattutto da Berlino e Parigi. Aggiunge così un segnale positivo mentre nella campagna elettorale italiana fioccano accuse incrociate – a esecutivi del presente e del passato – di non essersi fatti rispettare a Bruxelles. E di aver accettato lo strapotere della Germania nell’imposizione di misure anti-crisi più utili a mantenere bassi i tassi d’interesse sul debito di Berlino o a sostenere le banche tedesche esposte nei Paesi a rischio, che a favorire l’indilazionabile rilancio dell’economia italiana.

Fonte: Ivo Caizzi, Corriere della Sera