Vie d'Italia: è il museo degli errori. Il nuovo atlante delle papere stradali dalle Alpi ai nuraghi
Il nostro autorevole e pignolo “cacciatore di errori urbani” invita i lettori a sorridere tra curiosità e aneddoti e i sindaci italiani a mettere mano alle correzioni delle targhe, com’è accaduto nel caso più noto di Roma (Largo Azelio Ciampi) con dietrofront del presidente Mattarella (foto). Qui la prima puntata del suo singolare Giro d’Italia all’insegna di “Basta con l’approssimazione”
IL TEMPO DELLA STORIA
testo di Roberto Angelino¹ per Giannella Channel
Vie d'Italia: è il museo degli errori. Il nuovo atlante delle papere stradali dalle Alpi ai nuraghi
Il nostro autorevole e pignolo “cacciatore di errori urbani” invita i lettori a sorridere tra curiosità e aneddoti e i sindaci italiani a mettere mano alle correzioni delle targhe, com’è accaduto nel caso più noto di Roma (Largo Azelio Ciampi) con dietrofront del presidente Mattarella (foto). Qui la prima puntata del suo singolare Giro d’Italia all’insegna di “Basta con l’approssimazione”
IL TEMPO DELLA STORIA
testo di Roberto Angelino¹ per Giannella Channel
Oltre che per essere stato politico, patriota, pittore e scrittore, lo si ricorda anche perché nel 1831 aveva sposato Giulia, primogenita di Alessandro Manzoni, che tre anni più tardi l’avrebbe però lasciato vedovo.
L’imperdonabile strafalcione stradale targato D’Azelio-D’Azeglio sta “ferendo” i muri di Francavilla Fontana in Puglia.
Una curiosità per gli amanti della buona musica: in Italia oltre 400 vie (o piazze) celebrano Massimo D’Azeglio. Al n. 15 di quella (centralissima) di Bologna c’è la casa-museo di 2.400 mq (di cui 600 visitabili) abitata negli ultimi 18 anni di vita da Lucio Dalla (1943-2012), la cui sagoma dipinta suona il sax sulla facciata laterale, attorniato dalle Diomedee, i gabbiani delle sue amate isole Tremiti.
Ma torniamo – concedendoci qui e là qualche altra digressione tra curiosità e aneddoti – a quella che nell’articolo su Azelio / Azeglio Ciampi avevo bollato come “la grande tradizione italica dell’approssimazione quanto a lapidi e targhe”. Tradizione che trova conferme soprattutto a Roma, dove le gaffe stradali incise nel marmo sono innumerevoli anche perché il Comune sorge su un’area vastissima, 1.287,37 km², e quindi ha tanti siti stradali a cui dare un nome, e magari sbagliarlo: in totale sono 16.377, quasi quattro volte rispetto ai 4.250 siti di Milano, che però si estende su una superficie di “soli” 181,68 km².
Ma se la vastità dei confini di Roma giustifica in parte le inesattezze stradali, va detto che quanto a refusi e svarioni tra i Sette Colli si esagera un po’ troppo. Anzi, di più: un’indagine a campione sullo stato dei cartelli e delle scritte sull’asfalto eseguita nel 2010 dalla Assosegnaletica della capitale ha appurato che due segnali verticali su tre erano fuorilegge e che addirittura il 94 per cento delle indicazioni orizzontali non erano a norma. Del resto, a Roma ci si accontenta spesso (e non manca mai l’ironia): ne è prova l’apertura ufficiosa nel 2010, nell’estrema periferia est, di via Mejo de Gnente, che collega a Ponte di Nona il nuovo e “invisibile” rione Colle degli Abeti.
La classifica dei 100 odonimi più frequenti nei 7.904 Comuni d’Italia è capeggiata da Roma, presente in 7.870 città o paesi, ma non nella capitale – lì c’è però una via Roma Libera a Trastevere – né a Milano, dove alla fine dell’ultima guerra mondiale corso Roma riprese la precedente denonimazione di corso di Porta Romana.
Dopo Roma, i nomi più ricorrenti nella penisola sono Giuseppe Garibaldi (5.472 volte), Guglielmo Marconi (4.842), Giuseppe Mazzini (3.994), Dante Alighieri (3.793), Camillo Benso conte di Cavour (3.334) e Giuseppe Verdi (3.046).
Giacomo Matteotti (3.292) guida la lista dei politici dal ’900 a oggi, tallonato da Aldo Moro (2.628), Antonio Gramsci (2.606), Sandro Pertini (1.001), Alcide De Gasperi (990), Giuseppe Di Vittorio (865), Pietro Nenni (781), Palmiro Togliatti (749), Filippo Turati (743), Luigi Sturzo (706) ed Enrico Berlinguer (581).
Il Papa più “stradale” di sempre è Giovanni XXIII (presente in 982 Comuni). Nella Top 100 c’è soltanto un nome straniero: John Fitzgerald Kennedy, al 68° posto, che appare 1.327 volte da solo e 96 assieme al fratello Robert. Dietro di lui il polacco Karol Wojtyla ovvero Giovanni Paolo II (435), seguito da Martin Luther King (368), Salvador Allende (288), Anna Frank (196), Alexander Fleming (173), Albert Einstein (158), Thomas Edison (142), Pablo Picasso (122), Karl Marx (101), Lenin (81), Abraham Lincoln (60), John Lennon (31), Armstrong (con 12 citazioni, metà dedicate al jazzista Louis e metà all’astronauta Neil), Marilyn Monroe (4) ed Elvis Presley (3). Fra le “straniere” c’è pure la prima moglie dell’Eroe dei Due Mondi, la rivoluzionaria brasiliana Anita Garibaldi (1821-1849), con 67 odonimi.
In coda al gruppone troviamo Amatore / Antonio Sciesa (117). Ed è proprio lui, il tappezziere-patriota milanese fucilato dagli austriaci il 2 agosto 1851 al Castello Sforzesco per avere affisso in città dei manifestini di stampo mazziniano, la pietra dello scandalo che ha dato origine alla nostra “crociata” contro gli strafalcioni nelle italiche targhe stradali. Tutta colpa del mio articolo su Azelio / Azeglio Ciampi dove segnalavo questo incredibile svarione sopravvissuto alla Storia la bruttezza di 140 anni, cioè dal 1882, da quando una lapide sulla sua casa in via Cantù 10, davanti alla Biblioteca Ambrosiana, ricorda il sacrificio dell’artigiano conosciuto da tutti per aver risposto – “sprezzante e sdegnoso”, come recita la lapide – «Tiremm innanz!» (“Andiamo avanti”) ai gendarmi del feldmaresciallo Josef Radetzky che gli offrivano “vita e denaro” in cambio del nome degli altri cospiratori.
La cantonata non fu del marmista della lapide bensì del cancelliere del processo per direttissima cui Sciesa venne subito sottoposto, tale Orlandi, che registrando le generalità contenute nel primo verbale d’interrogatorio raccolto nell’Imperial Regia Direzione di Polizia in contrada Santa Margherita, scambiò il suo nome di battesimo attribuendogli quello di Antonio Ghezzi, capitano della ronda notturna che l’aveva arrestato all’angolo tra via Spadari e corsia della Lupa, oggi via Torino, con in tasca sedici copie del volantino “sovversivo”.
L’errore di trascrizione è stato scoperto soltanto 81 anni più tardi, dopo certosine ricerche, dal milanese d’origine comasca Leo Pollini (1891-1957), che nel 1932 aveva pubblicato A. Sciesa eroe popolano. Arresto, processo e supplizio. Fascista della prima ora e amico del duce (scrisse anche Mussolini padre del popolo italiano), lo studioso ricostruì gli ultimi giorni del tappezziere-patriota riuscendo a consultare per primo le carte d’archivio dell’arresto e del processo, restituite dall’Austria solo alla fine della Grande Guerra.
Parlavo prima di “crociata anti-errore” scatenata dallo scambio Amatore / Antonio dopo la segnalazione su Giannella Channel. In effetti, lo scorso ottobre è accaduto che proprio il mio “autorevole e pignolo” collega e amico Salvatore Giannella, ormai pendolare tra Cassina de’ Pecchi, alle porte di Milano, e la piccola ma fascinosa casa con vista sul porto canale di Cesenatico, abbia accidentalmente realizzato che anche in quella perla della Riviera pochi si erano accorti che nelle antiche carte comunali la strada alberata dedicata all’artigiano milanese fucilato dagli austriaci (sulla targa la scritta è sempre stata viale A. Sciesa) fosse intestata non ad Amatore ma ad Antonio Sciesa, come pure ha registrato in un atto ufficiale di fine 2021 un principe dei notai romagnoli, Porfiri di Cesena, perpetuando un refuso che è rimasto tale nelle carte a disposizione dei notai (e anche sulle street map di Internet) ma è stato corretto dall’ufficio anagrafico del Comune.
Ma cosa c’è scritto sulle targhe stradali di Sciesa nel resto d’Italia? Di tutto. C’è chi è storicamente ineccepibile, come per esempio Milano, Mantova, Genova, Bologna, Verona, Brindisi, Cernusco sul Naviglio e Magnago (entrambi MI), Tradate (VA), Rapallo (GE), Viareggio (LU), San Benedetto del Tronto (AP), Ostuni e San Donaci (BR), Palagiano (TA) e Copertino (LE).
Tre Comuni hanno invece clamorosamente toppato, scrivendo Antonio Sciesa, e li invitiamo a correggere lo svarione: Lacchiarella (MI), Cameri (NO) e Parabita (LE).
Altri, più furbetti, si sono limitati a indicare nei cartelli il cognome dell’eroico tappezziere preceduto da un’ambigua A maiuscola (o minuscola) seguita dal punto. Per questa pilatesca soluzione hanno optato, ad esempio, gli addetti alla segnaletica di Seregno (MB), Padova, Venezia e Mogliano Veneto (TV),
Marino (RM), Trecase (NA), San Severo (FG) e Mesagne (BR).
C’è poi chi, nel dubbio, ha preferito una soluzione ancor più scaltra, facendo scrivere il cognome Sciesa e basta. È la strada imboccata, tra gli altri, da Casone e Bollate (MI), Vedano Olona (VA) e Desenzano del Garda (BS),
Sirmione (BS), Riccione (RN), Stornarella (FG) e Avola (SR).