1962, il mondo fu salvato da un capitano coraggioso che col suo NO evitò l’Apocalisse nucleare

Eroi svelati | L’attualità della memoria

testo di Viktor Gaiduk e Salvatore Giannella / OggiReprint

1962, il mondo fu salvato da un capitano coraggioso che col suo NO evitò l’Apocalisse nucleare

Eroi svelati | L'attualità della memoria

testo di Viktor Gaiduk e Salvatore Giannella / OggiReprint

Putin l’invasore evoca l’atomica in uno scenario di carne, sangue e terra dell’Ucraina e nella mia mente, tra sdegno e dolore, affiorano i tempi della crisi di Cuba e l’incubo della catastrofe nucleare durante il braccio di ferro tra Kennedy, Krusciov e Fidel Castro. Se siete nati prima del 27 ottobre 1962, dovete a questo marinaio russo (nella foto) la salvezza della vostra vita. “Servivano tre sì per lanciare dal sommergibile sovietico il missile atomico contro gli americani”, mi rievocò a Mosca lo storico russo Viktor Gaiduk. “Due ufficiali pronunciarono quel sì, invece Vasilij Arkhipov si oppose”.
 
Al ritorno in patria Arkhipov fu arrestato e processato. Un premio alla memoria che assegnai nel 2003 alla moglie Olga e alla figlia Ylena a Sassocorvaro, nel Montefeltro marchigiano.
 
Un racconto che pubblicai sul settimanale Oggi del 30 ottobre 2002 per ricordarci quanto la pace sia preziosa.
Viktor Gajduk (Mosca, 1944 - 27 dicembre 2019) è stato un politologo e critico letterario russo. Membro dell’Accademia delle Scienze di Russia. Laureato nel 1968 all’Accademia delle Lingue di Mosca, ha proseguito gli studi a Ginevra specializzandosi in italianistica; dal 1968 al 1991 è stato segretario della Commissione Dantesca dell’Accademia russa delle scienze. Il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi lo aveva insignito, nel 2004, del titolo di Commendatore dell’Ordine della Stella della Solidarietà Italiana per meriti in campo scientifico e culturale. Aveva collaborato con i giornali diretti da Salvatore Giannella in varie occasioni. Un maestro culturale da non dimenticare.

Viktor Gajduk (Mosca, 1944 - 27 dicembre 2019) è stato un politologo e critico letterario russo. Membro dell’Accademia delle Scienze di Russia. Laureato nel 1968 all’Accademia delle Lingue di Mosca, ha proseguito gli studi a Ginevra specializzandosi in italianistica; dal 1968 al 1991 è stato segretario della Commissione Dantesca dell’Accademia russa delle scienze. Il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi lo aveva insignito, nel 2004, del titolo di Commendatore dell’Ordine della Stella della Solidarietà Italiana per meriti in campo scientifico e culturale. Aveva collaborato con i giornali diretti da Salvatore Giannella in varie occasioni. Un maestro culturale da non dimenticare.

(MOSCA, 2002)
 
Due uomini avevano in pugno il destino della Terra nel 1962, anno della crisi seguita all’installazione di basi missilistiche sovietiche a Cuba: John Fitzgerald Kennedy e Nikita Sergeevich Kruscev. Ognuno di loro due avrebbe potuto, in quell’ottobre del ’62, dare l’ordine di cominciare la terza guerra mondiale, la più pericolosa dell’intera storia dell’umanità, perché non era mai accaduto prima che due nazioni stessero per usare armi nucleari capaci di incenerire una dozzina di volte il pianeta. Ma c’erano anche tre ufficiali della Marina militare russa che avrebbero potuto prendere quella decisione fatale. Ignorati sia da Kennedy che da Kruscev. Di loro il mondo non ha saputo niente per 40 lunghi anni. Solo da qualche giorno conosciamo il dettaglio agghiacciante che fu il niet, il NO deciso di uno dei tre ufficiali, il capitano di fregata Vasilij Arkhipov, a evitare l’Olocausto nucleare. Nella diabolica corrida tra le navi e gli aerei americani con i sommergibili sovietici, nelle ore più drammatiche di quei tredici giorni che fecero tremare il mondo, Arkhipov fu la sola persona a non perdere il controllo della situazione e il senso della realtà.
 
Solo da qualche giorno scopriamo (insieme all’amarezza di non poter dire “grazie” nelle orecchie di questo salvatore del mondo, prima arrestato dai suoi stessi connazionali e poi morto) che quel controllo era sfuggito a molti, in quei giorni. Lo scopriamo grazie alle rivelazioni di un convegno tenutosi domenica 13 ottobre 2002 all’Avana, la capitale cubana, che ha riunito i protagonisti ancora in vita di quella crisi: c’era, naturalmente, Fidel Castro. C’era Robert McNamara, all’epoca segretario alla Difesa. C’erano lo storico Arthur Schlesinger e Ted Sorensen, all’epoca consiglieri di Kennedy. C’era il direttore degli Archivi della sicurezza nazionale, Tom Blanton.

Casa Bianca (Washington D.C.), 29 ottobre 1962. Il presidente USA John Fitzgerald Kennedy con il segretario alla difesa Robert McNamara, durante un consiglio di sicurezza.

Lo scopriamo, più in dettaglio, grazie a testimonianze, immagini e documenti raccolti a Mosca, che i russi conosceranno dalla Tv domenica 27 ottobre, giorno del 40°anniversario della giornata più critica della storia, quando il mondo fu a un soffio dalla guerra nucleare, grazie a una ricostruzione tv, Profondità russe, a firma del regista Aleksandr Maksimenko. Quel 27 ottobre 1962, con l’abbattimento sui cieli di Cuba di un aereo spia americano, l’episodio chiave fu l’intercettazione di un sottomarino sovietico, a nord dell’isola.
 
Dal 16 ottobre, due giorni dopo la pubblicazione delle foto scattate dai satelliti americani, era in vigore il blocco navale intorno a Cuba. L’aveva deciso Kennedy. Che fosse un blocco vero e proprio e che le unità americane avessero l’ordine di ricorrere alle armi per farlo rispettare, è dimostrato da quanto al convegno (per la prima volta) ha raccontato il capitano John Peterson:

Ero secondo ufficiale, imbarcato sull’incrociatore Beagle. Lo scopo del nostro blocco era impedire che a Cuba affluissero altri missili. Quella mattina ci accorgemmo che un sottomarino russo cercava di forzarlo. Immediata la nostra decisione: lanciammo delle bombe di profondità. Dopo un po’ lo vedemmo riemergere. Segnalammo di tornare indietro e quelli obbedirono.

Cristobal (Cuba). La foto scattata da un aereo-spia americano mostra le postazioni di lancio dei missili sovietici portati nell’isola da navi partiti dalla Russia e puntati verso gli Stati Uniti, distanti 150 chilometri.

Una mappa che mostra le installazioni missilistiche sovietiche, sul suolo cubano, note agli americani.

Il senso del dramma che si consumava dentro il sommergibile affiora dalla memoria dei sopravvissuti: Vitalij Naumovic Agafonov, l’ex comandante della brigata dei sommergibili russi nella campagna di Cuba, e Vadim Orlov, capitano di fregata, oggi pensionato in Russia e allora responsabile dei sistemi di comunicazioni segrete a bordo del sommergibile B-59. Rivela Agafonov:

Dell’aggravarsi della crisi per Cuba non sapevamo niente. Ci dissero solo, alla partenza, che i nostri sommergibili avrebbero dovuto svolgere una missione importante del governo, attraversando segretamente l’oceano e raggiungendo il porto di un Paese amico. Eravamo quattro sottomarini della 69° Brigata della Flotta Nord, contrassegnati dalla lettera B (da Bolshoi, “grande”) e dai numeri 4, 36, 59 e 130. Ognuno dei mezzi era dotato di missili con testata nucleare. Per quanto riguarda le istruzioni sull’impiego di quest’arma, solo il Cremlino o il ministro della Difesa in persona potevano impartire l’ordine. Due dei sommergibili avevano partecipato, l’anno prima, sull’isola di Novaja Zemlia, alle prove della bomba nucleare. Il B-130, capeggiato da Nikolai Shumkov, sparò due volte e con successo.

Un missile balistico sovietico a medio-raggio R-12 esibito nel corso di una sfilata militare nella Piazza Rossa a Mosca (archivio CIA).

Un sommergibile nucleare russo. Durante la crisi di Cuba, furono impiegati quattro sottomarini della 69* Brigata della Flotta Nord, contrassegnati dalla lettera B (da Bolshoi, “grande”) e dai numeri 4, 36, 59 e 130. Arkhipov era imbarcato sul B-59.

Veniamo a quei momenti drammatici della crisi di Cuba:

Gli attimi più difficili li vivemmo nelle acque delle Bahamas, quando i nostri sommergibili penetrarono al di là delle 5 linee americane di sbarramento, superando la soglia limite del blocco anti-cubano. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, fu per noi il primo contatto corpo a corpo con il nemico potenziale. E finalmente potemmo guardarlo negli occhi. Fummo circondati dalle navi americane, da 5 a 7, che ci rinchiusero, letteralmente, in un anello di ferro. Loro ci mitragliavano dagli aerei: un acquazzone di pallottole, perché ci sparavano da quota bassissima. Nella situazione più difficile finì il sommergibile B-59, del capitano Valentin Savitzkij, nel cui equipaggio si trovavano anche il capitano di fregata Vasilij Arkhipov e il suo vice, responsabile per il morale a bordo, Ivan Maslennikov. Gli americani si comportarono in una maniera indecorosa. Ci suonarono una musica assordante, ci mostrarono le parti basse del corpo denudate, si facevano beffa della nostra bandiera, bruciandola e calpestandola, ci sputavano addosso…

Conclude Agafonov, indicando per la prima volta quella che era stata l’ora X dell’apice della crisi:

Il 27 ottobre 1962 fu il momento più critico nella vita di Kennedy e del mondo intero. Alle ore 10,27 (ora di Mosca, cioè le 8,27 italiane, ndr) il ministro della Difesa McNamara informò il presidente dell’approccio delle navi russe alla linea di blocco mentre sott’acqua avanzava un sottomarino. Kennedy si trovò di fronte a una scelta drammatica: se iniziare la guerra o disinnescarla. Il nostro sommergibile era il fiammifero che poteva accendere il fuoco della guerra nucleare.

Vasilij Arkhipov (Zvorkovo, 30 gennaio 1926 – Zheleznodorozhny, 19 agosto 1998), l’ufficiale della Marina sovietica che con il suo No al lancio di un missile a testata atomica durante la crisi di Cuba salvò il mondo da un conflitto nucleare.

Quello che accade in quei momenti drammatici della mattina del 27 ottobre a bordo del B-59 sovietico è ricostruito in un libro di memorie dell’ufficiale Orlov:

Dentro il sottomarino fa un caldo infernale, 45-50 gradi, in alcuni punti anche 60. Il contenuto di ossigeno è vicino a livelli pericolosi. Un marinaio di guardia cade per terra perdendo i sensi: altri lo seguono. Stiamo tentando di fuggire all’attacco dell’incrociatore americano. La fuga continua per quasi quattro ore. Improvvisamente gli americani fanno esplodere vicino a noi una bomba di profondità. Pensiamo tutti: ecco la nostra morte. Savitzkij, che è al comando della nave, disperatamente stanco, non riesce a contattare il Comando principale della Marina. Dopo l’attacco con le bombe di profondità, diventa furioso e chiama l’ufficiale responsabile del missile a testata nucleare e gli ordina di tenerlo pronto per il lancio. ‘Può darsi che siamo già in guerra con gli Stati Uniti mentre noi qua sotto stiamo facendo solo chiacchiere’, grida, motivando l’ordine di colpire l’America. ‘Adesso siamo pronti a colpirli. Forse noi moriremo, ma li affonderemo tutti quanti, così non copriremo di vergogna la flotta sovietica’. Ma non spariamo il missile nucleare, perché Savitzkij riesce a controllare la sua grande rabbia e, dopo aver consultato Arkhipov e Masslenikov, prende la decisione di affiorare…

Fate attenzione alle ultime parole in corsivo: nascondono l’episodio chiave della storia del mondo. Per far partire il siluro atomico contro l’incrociatore americano e innescare la terza guerra mondiale, sarebbe bastata al comandante l’approvazione dei suoi due vice: per il lancio servivano tre “sì”: Savitzkij e Masslenikov avevano detto “sì”. Arkhipov invece fu deciso: “No, noi non lanciamo!”. Un voto contro due. Il B-59 emerse e si arrese. E la Terra continuò a ruotare, e le notti a inseguire i giorni. Grazie, capitano Arkhipov.

Il braccio di ferro per la crisi dei missili a Cuba tra il presidente americano John Fitzgerald Kennedy e il leader russo Nikita Kruscev.

Ma i più curiosi non si fermino qui. Quel sospiro di sollievo tirato dall’umanità coincise anche con una fine alquanto grottesca dello scontro in mare. Quando riemerse, il B-59 si trovò la strada della fuga tagliata dall’incrociatore Beagle: che fare? Arkhipov, il capitano del niet, ebbe un’idea. Dal ponte di comando gli americani vedono due marinai russi, seminudi, portare a fatica un cassettone con su scritto, in inglese, Kgb top secret. Il cassettone è pieno di carte segrete. Prima della resa i russi cercano di disfarsi del materiale compromettente. Buttano in mare il cassettone, portato sempre più lontano dalla corrente. L’incrociatore americano fa una manovra per inseguire il “bottino”. Quando la distanza tra russi e americani supera il chilometro, il B-59 in un batter d’occhio sparisce dalla superficie del mare. Possiamo solo indovinare le parolacce del capitano del Beagle che, fatto recuperare e tirare a bordo il cassettone, vi trova dentro l’Opera omnia di Karl Marx e di Lenin. Fu per questo scherzo, ritenuto “indecente e imperdonabile” dal tribunale del partito di Lenin, che il capitano Arkhipov fu punito e incarcerato per alcuni mesi al ritorno nella sua città di Murmansk, nella penisola di Kola, nel cui cimitero oggi riposa. Che l’autore di quello “scherzo indecente” fosse l’uomo che salvò il mondo dall’Apocalisse, i russi lo hanno appreso solo tanti anni dopo.

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Vasilij Arkhipov in divisa da militare. È stato il direttore degli Archivi della sicurezza nazionale di Washington, Tom Blanton a rivelare nel 2002: “Arkhipov ha salvato il mondo”. A lui è dedicato il documentario "Vasilij Arkhipov - Odissea sotto i mari" (2008/durata 43'), con regia di Giuseppe Saponara e sceneggiatura di Salvatore Giannella (gli stessi che hanno firmato il pluripremiato docu-film “La lista di Pasquale Rotondi”, sempre per il programma di Rai Educational “La storia siamo noi”.

Vasilij Arkhipov in divisa da militare. È stato il direttore degli Archivi della sicurezza nazionale di Washington, Tom Blanton a rivelare nel 2002: “Arkhipov ha salvato il mondo”. A lui è dedicato il documentario "Vasilij Arkhipov - Odissea sotto i mari" (2008 / durata 43'), con regia di Giuseppe Saponara e sceneggiatura di Salvatore Giannella (gli stessi che hanno firmato il pluripremiato docu-film “La lista di Pasquale Rotondi, sempre per il programma di Rai Educational “La storia siamo noi”.

A PROPOSITO

A un passo dall’Apocalisse.

Quei tredici giorni

che sconvolsero il mondo

5 dicembre 1962. Un aereo militare americano Lockheed SP-2H Neptune dello stormo VP-18 Flying Phantoms sorvola una portaerei sovietica. La nave cargo è probabilmente l'Okhotsk, in viaggio da Nuevita con 12 aerei IL-28 a bordo.

“I tredici giorni che fecero tremare il mondo”, li definì il romanziere americano Norman Mailer: ecco la ricostruzione sintetica di quelle due settimane del 1962 che portarono il mondo a un passo dall’Apocalisse nucleare.

  • 14 ottobre 1962: gli Stati Uniti pubblicano le foto, scattate da aerei-spia e da satelliti, delle rampe lanciamissili sovietiche installate a Cuba, a soli 150 chilometri dalle coste degli Stati Uniti.
  • 16 ottobre: il presidente americano John Fitzgerald Kennedy decide il blocco navale dell’isola.
  • 27 ottobre: il sottomarino sovietico B-59 viene intercettato al largo di Cuba da unità americane. Solo il sangue freddo degli ufficiali evita lo scontro armato. La contraerea cubana abbatte un U-2, aereo spia americano. Ultimatum americano a Mosca.
  • 28 ottobre: Nikita Kruscev decide di ritirare i missili sovietici da Cuba. Il mondo, così, è salvo.

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