Come si dice di una bella donna, l’Italia sa di essere seduta sulla sua fortuna? I fatti dimostrano che, più che seduta, è su una sedia a rotelle, paralizzata. I piagnistei non risolvono. Giorni fa ho partecipato a una trasmissione RAI e lì ho incrociato la responsabile dei Rapporti istituzionali del FAI – Roma, Sofia Bosco, che era venuta a promuovere la campagna di raccolta fondi per il 2012, dall’8 al 28 ottobre, con un sms al numero 45503.

Le ho raccontato che sarei venuta qui, guarda caso proprio a parlare di un’Italia di nicchia, fatta di vestigia archeologiche, artistiche, architettoniche fuori dai grandi circuiti, quelle più in pericolo, perché non ne viene percepito il potenziale di attrattività turistica e il valore economico per la comunità, e mi ha nominato sul campo “ambasciatrice” del loro appello.

Lo slogan di quest’anno è particolarmente incisivo, persino presago, se allargato a discorsi sul destino civile e sociale del Paese: “Ricordati di salvare l’Italia”. Ed io aggiungerei… “e anche gli italiani”. Da quei fenomeni come l’immunità di una classe dirigente indegna e avida; la corruttela diffusa; il degrado del patrimonio di beni culturali unico al mondo; il crollo dei valori e del valore.

Comincerò con un quiz.

Video di Domenico Stranieri

Questi mosaici che vedete nel filmato alle mie spalle fanno parte di una villa extraurbana trovata nel 1963, per puro caso, nel corso di lavori di posa di un acquedotto. Mi piacerebbe sapere dai nostri gentili partecipanti dove, secondo loro, si trova questo luogo straordinario, costellato di splendidi mosaici…

Il viceministro Staffan de Mistura, nel suo intervento a nome del Governo, ha prima ricordato che all’Expo in Corea, simbolo dell’Italia erano proprio i mosaici romani.
Ebbene questi mosaici romani sono completamente lontani dagli itinerari turistici, si trovano a Casignana, neanche mille abitanti, e la sua collocazione evoca echi inquietanti. Si trova, infatti, nella Locride, nella parte ionica della provincia di Reggio Calabria (il capoluogo regionale ha avuto l’amministrazione comunale una settimana fa sciolta per “contiguità mafiose”. Cambiando la terminologia, non muta il tentativo della malavita organizzata di intervenire nel governo della cosa pubblica).

Lasciare un segno ai posteri. Ma torniamo al bello che i nostri avi seppero costruire (magari altrettanto corrotti nei loro vertici, e altrettanto avidi, ma con l’orgoglio di lasciare un segno alla posterità) e che noi, loro eredi, stupidamente vandalizziamo.

Ci sono voluti 36 anni affinché, da quei casuali ritrovamenti da parte dei lavoratori per l’acquedotto della Cassa per il Mezzogiorno il sito di 15 ettari fosse oggetto di una serie di campagne di scavo che ci hanno restituito un tesoro preziosissimo, i cui mosaici gareggiano in bellezza, raffinatezza, straordinaria qualità artistica con quelli di Piazza Armerina e di Pompei.

Lascia sbalordita la bellezza della Sala delle Quattro Stagioni; ed è in corso di scavo l’anfiteatro, opera a cui la Regione ha destinato 2,5 milioni di euro, cifra che, in un paese normale, basterebbe a recuperare un simile tesoro. L’assoluto isolamento della Calabria dai flussi turistici che non siano quelli estivi, balneari, è la dimostrazione che, accanto alle cattedrali nel deserto industriali, esistono le cattedrali culturali, archeologiche, straordinarie eredità di cui sembra non sappiamo cosa farcene.

Gli stessi Bronzi di Riace (foto a sinistra) che, al loro ritrovamento e nei primi tempi di esposizione, suscitarono clamore e file di turisti, ora sono un ammennicolo del Palazzo della Regione, giacché il Museo di Reggio Calabria che li ospitava è in perenne restauro per la cronica carenza di fondi.

In questo veloce viaggio fra i tesori meno noti d’Italia, potenzialità sprecate da un paese autolesionista (la metafora di quel pianeta appena scoperto in una lontana galassia, composto da puro diamante ricoperto da uno strato di grafite, mi sembra assai calzante) permettetemi di essere un pochino campanilista. Voglio portarvi al mio paese, Nocera Inferiore. A nominarvelo, ci scommetto, vi vengono in mente i pomodori. Venivano in mente a tutti; a Indro Montanelli, per esempio, che mi assegnò, come articolo inaugurale per la mia collaborazione con Il Giornale, un pezzo sulla crisi dell’industria conserviera locale.

Il circuito della memoria. Ebbene, Nocera Inferiore potrebbe inserirsi in un circuito (che non c’è) dei grandi siti archeologici campani: da Pozzuoli a Paestum, passando per Ercolano, Pompei, persino Boscoreale e, poi, verso Sarno e San Valentino Torio, c’è un distretto archeologico senza eguali nel mondo, ma… lo sappiamo solo noi. Anzi, soltanto pochi di noi. E che il luogo specifico ebbe persino un suo alfabeto e una lingua misteriosa.

E poi c’è l’immensa ombra di Banco archeologica rappresentata dall’Anfiteatro interrato, incastonato fra i Comuni di Nocera Inferiore e Nocera Superiore, scoperto dai fratelli Fresa negli anni ’50, i quali vi accedettero dalle cantine di una famiglia di notabili locali (non a caso, oggi del sindaco).

Tutto si allunga sottoterra: sopra ci sono le case sorte nel corso dei secoli. Poco lontano, c’è il preziosissimo Battistero di Santa Maria Maggiore, unico esempio di basilica paleocristiana del Mezzogiorno. Quanti turisti richiama? Un numero vicino allo zero.

Consulto per doveroso passo indietro da dilettante, Antonio Pecoraro, studioso di storia locale e ispettore onorario dei Beni Culturali delle due Nocera, sempre in trincea per recuperare una memoria storica vittima di Alzheimer, a cominciare dagli amministratori.

L’anfiteatro, mi dice, è del I secolo a.C.; siamo nel periodo tardo-repubblicano, quasi contemporaneo degli omologhi della Capitale. E’ grande quanto quello di Pozzuoli, con un asse maggiore di 130 metri. Il giardino del convento dei Frati minori di Santa Maria Maggiore consentirebbe di riportare alla luce l’arena, lasciando su una porzione dell’ellisse le case private medievali ancora esistenti, sortendo un effetto simile a quello di Piazza del Campo a Siena…

L’orologio di Giannella Channel. Sarebbe auspicabile che nei fondi di 45 miliardi di euro nel periodo 2007/2013 messi a disposizione dell’Italia dall’Unione Europea (vedi l’orologio con il conto alla rovescia dei giorni utili, ideato dal sito Giannella Channel), i Comuni delle due Nocere si consorziassero per accedere a questi fondi comunitari completamente a carico dell’Ue per la riqualificazione urbana.

La mia origine meridionale, di cui sono assai fiera, non mi permette di dimenticare la triste sorte della Reggia borbonica di Carditello, nel comune casertano di San Tammaro, ultimamente ai disonori della cronaca in quanto, dopo essere stata abbandonata, dimenticata (ma non dai vandali e dai ladri), quasi rinnegata, (tanto che la sua sorte è ancora in mano al Tribunale per deciderne la vendita) è stata protagonista di una vicenda di sollevazione civile per la sua salvezza, guidata anche dal FAI e da Fare Ambiente. Recentemente la NIAF, la lobby degli italo-americani, ha annunciato di voler partecipare al finanziamento del restauro. Inoltre, gli italiani d’Argentina hanno fatto sapere di essere disponibili a raccogliere fondi indirizzati allo stesso recupero.

In questa vicenda amara, con i volontari che hanno contribuito a bonificare l’intera area e non solo l’edificio della Reggia, vi è il simbolo doloroso di un Sud ricolmo di tesori di cui non sa che farsene; d’altronde, persino Pompei, fra i siti archeologici più visitati al mondo, non riesce a prosperare su questo suo tesoro.

Per non peccare di parzialità, ho chiesto al FAI di segnalarmi anche un paio di perle storico-artistiche, oggi non valorizzate e che necessiterebbero urgentemente di interventi di restauro.

Ne scelgo tre, per equilibrio territoriale: la Pieve di Marinasco (La Spezia), situata sul colle omonimo e dedicata a Santo Stefano. Le prime notizie che si hanno della Chiesa risalgono al 950, mentre la costruzione attuale, che oggi presenta interni in stile barocco, risale al XIII secolo.
L’edificio, anche a causa di gravi infiltrazioni d’acqua, versa ora in stato di grave abbandono: l’intera struttura è indebolita, gli affreschi sono deteriorati e vi è il pericolo di cedimento di alcune parti.

Dal Piemonte il secondo SOS e più precisamente a Tortona (Alessandria). Si tratta dell’Oratorio di San Rocco, situato nella piazza principale della cittadina, che patisce da anni condizioni precarie. Eppure è un vero gioiello, con opere barocche. Infine, un altro luogo magico è Villa Taranto, a Verbania. I giardini di Villa Taranto situati, nella parte nordorientale del promontorio della Castagnola – Verbania –. sono uno dei più grandi orti botanici d’Italia e d’Europa, coprono un’area di circa 16 ettari e, prima della terribile tromba d’aria che si è abbattuta lo scorso agosto sul Lago Maggiore ospitavano decine di migliaia di piante, ventimila varietà botaniche e 1.000 piante non autoctone, facendo di Villa Taranto un autentico tesoro ambientale visitato da turisti di tutto il mondo.
Con la tromba d’aria, gran parte di questo immenso patrimonio è andato perduto, oltre 350 piante sono state sradicate; le altre, sono danneggiate e si teme che debbano essere abbattute. Al momento si pensa che il parco – dove lavorano una trentina di persone – dovrà restare chiuso almeno un anno, forse due.

Il prezioso amico Salvatore Giannella mi ha trasmesso la vicenda di un ulteriore piccolo tesoro sconosciuto persino a chi vi vive a pochi chilometri, ossia il Museo di Leonardo a Sogliano sul Rubicone, che testimonia l’attività creativa di architetto e non solo del grande genio fiorentino, in Romagna al seguito di Cesare Borgia, con documenti e riproduzioni di grande impatto evocativo. Purtroppo per motivi organizzativi, il Museo, nato dalla lungimiranza di un assessore donna, è aperto solo poche ore una volta la settimana, quando dovrebbero esserci i pellegrinaggi di devoti al genio leonardesco.

Dunque, fra Nord e Sud – senza dimenticare gli straordinari danni sismici in Abruzzo ed Emilia – quel patrimonio da mettere in campo per fare volano di sviluppo langue. Con il denaro fatto sparire dal Fiorito di turno, per non parlar di Lusi e compagnia cantante, quanti tesori preziosi del nostro patrimonio nazionale di arte e cultura avrebbero potuto fruire dei necessari restauri?

E quanto conta la scarsa intraprendenza degli amministratori pubblici, che evitano come la peste gran parte dei 45 miliardi di fondi europei disponibili per l’Italia, con la scusa della scarsa comprensibilità dei regolamenti?

Rimini: l’orologio tratto da Giannella Channel ha accompagnato la relazione di Annamaria Barbato Ricci che, come fa il nostro sito dall’avvio della pubblicazione, ha sollecitato amministratori, imprese e privati a impegnarsi maggiormente nell’accedere ai fondi dell’unione europea, in passato perduti quasi del tutto (foto Carla Ponti)

Abbiamo ancora tempo fino al 31 dicembre 2013 per accedere a quei fondi europei, ci ricorda l’orologio implacabile di Giannella Channel, mentre il ministro per la Coesione territoriale Fabrizio Barca (che ha fatto lodevolmente mettere sul web tutti i progetti finora approvati: opencoesione.gov.it, Ndr) ci dice che, finora, son giunti progetti atti a coprire, qualora fossero tutti approvati, solo il 22% della somma. A quella data fatale, dunque, mancano 443 giorni e una manciata di ore.

Per il precedente quinquennio, la cifra non spesa dall’Italia fu assegnata al Portogallo, che ci costruì il Ponte sul Tago. L’orologio che vedete alle mie spalle ticchettare inesorabilmente segna il conto alla rovescia fino alla data di scadenza delle domande.

Le auto blu cancellate in Francia. Se si pensa alla stretta antispread messa in campo dal presidente francese Francois Hollande per tagliare le unghie alla politica sprecona e recuperare lo spread, cosa riuscitagli in pochi mesi di governo, viene da mangiarsi le mani per la frustrazione. Me ne ha colpito uno: ha abolito il 100% delle auto blu e le ha messe all’asta; il ricavato è andato al fondo welfare da distribuire alle regioni con il più alto numero di centri urbani con periferie dissestate.

Ha fatto inviare un documento (12 righe) a tutti gli enti statali dipendenti dall’amministra- zione centrale in cui comunicava l’abolizione delle “vetture aziendali”, sfidando e insultando provocatoriamente gli alti funzionari, con frasi del tipo “un dirigente che guadagna 650.000 euro all’anno, se non può permettersi il lusso di acquistare una bella vettura con il proprio meritato guadagno, vuol dire che è troppo avaro, o è stupido, oppure è disonesto. La Nazione non ha bisogno di nessuna di queste tre figure”. Touchè.

Via con le Peugeot e le Citroen. 345 milioni di euro risparmiati subito, spostati per creare (apertura il 15 agosto 2012) 175 istituti di ricerca scientifica avanzata ad alta tecnologia, assumendo 2.560 giovani scienziati disoccupati “per aumentare la competitività e la produttività della Nazione”.
E noi?

Annamaria Barbato Ricci

* Annamaria Barbato Ricci, giornalista e avvocato, è l’ideatrice dei volumi Le italiane e Donne e Costituzione. Collabora con il quotidiano online L’Indro.