A Zundert vivono migliaia di lavoratori provenienti dall’Europa orientale, ma gli abitanti fanno finta di non vederli. Una compagnia locale cerca di creare un contatto con uno spettacolo

Le prove di “Moeland” a Zundert

“Vogliamo dare un volto ai lavoratori immigrati dell’Europa orientale”, spiega Peter Dictus, autore e regista, in una gigantesca serra ortofrutticola vuota a Zundert (nel sud dell’Olanda). “Si tratta di persone come tutte le altre, che sono venute qui numerose, ma il resto del villaggio le ignora e le emargina. Sono considerate solo come manodopera a buon mercato”.

In questo sabato pomeriggio i membri della troupe Het Zunderts Toneel stanno provando Moeland – Rijk van de Armen (“Terra d’Europa centrale e orientale – Regno dei poveri”, ma moe, abbreviazione di Europa centrale e orientale, significa anche “fatica”). La pièce andrà in scena nella serra. Nel frattempo i ballerini si esercitano sul suolo di sabbia nera, come dei raccoglitori di fragole.

In un’altra parte della serra si ripetono i monologhi. “Contratto, compro, vendo, affitto”, dice uno degli attori. Il suo ruolo è quello del mercante di sonno che si arricchisce affittando agli emigranti dell’Europa orientale a prezzi astronomici appartamenti fatiscenti o roulotte. “Do il mio contributo alla società. Non sono una cattiva persona”.

Teatro documentario. L’autore del testo, Peter Dictus, residente a Zundert, spera che i coltivatori e i vivaisti locali [che danno lavoro agli immigrati] assistano numerosi a questo spettacolo di “teatro documentario”. E che questo permetterà loro di farsi un’altra idea del fenomeno dell’immigrazione. Perché questa storia non è solo economica ma anche sociale, e testimonia la totale assenza di interazione, per non parlare di integrazione.

Secondo i dati del Cbs, l’ufficio nazionale di statistica, Zundert è la città olandese con la più alta densità di lavoratori immigrati dall’Europa centrale e orientale. Secondo il comune ce ne sono circa 2.500, quasi il 12 per cento della popolazione locale. Ma secondo altre stime il loro numero arriverebbe addirittura a quattromila.

“Non possiamo ignorarli, da nessun punto di vista”, osserva Dictus. “Sappiamo che sono qui, ma ci rifiutiamo di vederli. Abbiamo bisogno di loro nei campi di fragole o nei vivai, ma in quanto esseri umani devono rimanere nascosti”.

Roulotte sgangherate. Il giornalista e fotografo Riet Pijnappels, anche lui originario di Zundert, ha fotografato diversi immigrati sul luogo di lavoro e a casa loro. La mostra fotografica, aperta al pubblico nella cappello dell’ex chiostro di Sant’Anna, dà un volto ai raccoglitori di asparagi polacchi e fragole lituani. “Qui sono considerati solo come braccianti”, dice Pijnappels.

La maggior parte degli europei dell’est vive nei villaggi vacanza di Zundert. Al campeggio Fort Oranje decine di roulotte sgangherate sono piene di polacchi, romeni e lituani. “E per vivere qui dentro pagano 500 euro al mese!”, esclama indignato Pijnappels. “Si tratta di puro e semplice sfruttamento. Anche questo aspetto fa parte della storia dell’immigrazione”.

Dictus si stupisce della vita parallela di queste diverse categorie della popolazione. Il 2 settembre ha avuto luogo la celebre sfilata di carri fioriti di Zundert. Nell’ambito del progetto sugli immigranti dell’Europa centrale e orientale, la troupe Het Zunderts Toneel ha organizzato una passeggiata in bicicletta con circa 70 emigranti per andare a vedere alcuni tendoni dove si preparano i carri fioriti. “All’inizio gli abitanti di Zundert e gli emigranti dell’Europa centrale e orientale si sono guardati come conigli accecati dai fari di una macchina”.

Quartiere difficile. Dictus riconosce che a questa situazione contribuiscono anche gli emigranti, che per lo più non cercano di integrarsi. “Conosco un gruppo di romeni che lavorano da 12 anni per lo stesso orticoltore, per dieci mesi all’anno, eppure continuano a considerarsi lavoratori stagionali. Questa situazione mi fa pensare ai marocchini che sono venuti a vivere qui una cinquantina di anni fa per lavorare temporaneamente all’industria di conserve. Vivono ancora qui, in quello che chiamiamo il quartiere difficile di Zundert”.

Nella pièce teatrale Dictus mostra anche la vita sospesa delle persone giunte dall’Europa orientale. “Sono partiti da casa loro senza mai arrivare a destinazione. Vivono in una sorta di terra di nessuno. La loro vita si svolge in un parcheggio, talvolta da più di dieci anni. Sognano, lavorano e mettono da parte il denaro”.

Fonte: De Volkskrant/Presseurop. Traduzione di Andrea De Ritis