Mentre l’Europa è soffocata dalla disoccupazione, il mercato tedesco del lavoro gode ottima salute. Merito di un sistema d’istruzione che dà molta importanza alla formazione pratica

© Martirena

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Oltre cinque milioni e mezzo di giovani europei sono senza lavoro. Nei paesi del sud Europa colpiti dalla crisi sta crescendo un’intera generazione dalle scarse prospettive: un giovane spagnolo o greco su due è senza lavoro. In Italia e in Portogallo tra gli under 25 anni la media sale a uno su tre.

Per loro la Germania deve sembrare il paese della cuccagna: lì la disoccupazione giovanile è inferiore all’8 per cento. In nessuno degli altri 27 paesi membri dell’Unione europea la media è così bassa, e soltanto l’Austria vi si avvicina con un 8,9 per cento.

“Come faranno?”, si chiedono i cittadini dei paesi europei confinanti, che spesso partono in pellegrinaggio per la Germania per comprendere questo fenomeno. Quello che scoprono è il nostro duplice sistema di formazione professionale: qui si studia (la teoria) e si lavora (la pratica) contemporaneamente, e non consecutivamente. Per la maggior parte degli europei si tratta di una novità assoluta: imparare e lavorare, invece di imparare per poi lavorare.

La Commissione europea ha lodato il modello tedesco, definendolo una “garanzia contro la disoccupazione giovanile e la penuria di manodopera qualificata”. Perfino il presidente degli Stati Uniti Barack Obama nel suo discorso sullo stato dell’unione del 2013 ha applaudito il modello tedesco: “Paesi come la Germania puntano a far laureare i loro studenti delle scuole superiori con l’equivalente di un diploma tecnico rilasciato da uno dei nostri community college, così che siano pronti ad affrontare il mondo del lavoro”.

Per molto tempo altri paesi hanno criticato la Germania per questo approccio: l’Ocse infatti ci rimprovera sistematicamente perché il numero dei nostri laureati è troppo basso. Secondo molti esperti l’istruzione universitaria – semplice laurea triennale, laurea specialistica o dottorato – è la misura di tutte le cose. E la certificazione tedesca di “Meister” (master) è alquanto rara.

La formazione pratica è considerata di gran lunga inferiore alla formazione universitaria. Per molti europei è del tutto inconcepibile mettere sullo stesso piano il diploma di apprendista e quello liceale, oppure considerare un diploma di master alla pari con una laurea triennale. Poco alla volta, però, si sta spargendo la voce che la capacità innovativa dell’industria tedesca – il cui successo si misura da quello dei suoi prodotti in tutto il mondo – potrebbe avere qualcosa a che vedere proprio con la solida formazione che ricevono gli operai tedeschi.

Anche in Germania c’è chi critica questo sistema. Si sente spesso dire che la formazione è troppo specializzata, troppo su misura rispetto alle esigenze specifiche di certe industrie, e che il numero delle diverse specializzazioni (oltre 300) tra cui un giovane può scegliere il suo tirocinio è decisamente troppo alto. C’è anche chi esprime dubbi sulla reale possibilità che le qualifiche di questo duplice sistema riescano a stare al passo con la rapida evoluzione dell’era di Internet.

Il sistema è stato messo particolarmente sotto pressione una decina di anni fa, quando la disoccupazione in Germania era altissima e decine di migliaia di giovani non avevano la possibilità di ricevere un’adeguata formazione pratica. Nel 2004 il governo verde-rosso formato dai socialdemocratici e dai Verdi spinse per l’arruolamento in massa di apprendisti, per costringere l’economia a creare più possibilità per la formazione.

Ma nel giugno 2004 il governo tedesco si accordò con i datori di lavoro e le associazioni delle aziende per far approvare il Patto di formazione professionale e scolastico, che ha contribuito a ribaltare la situazione: adesso l’offerta supera la domanda.

La crisi economica globale ha trasformato il modello tedesco in un successo da esportare. La Germania ha firmato un accordo di cooperazione per la formazione con sei paesi dell’Ue e le aziende tedesche fanno da apripista nella formazione pratica del personale nelle loro società affiliate all’estero, che seguono il modello tedesco.

Polo d’attrazione. Le aspettative sono alte, anche per i tedeschi stessi. La Germania, infatti, non ambisce soltanto a esportare un modello vincente, ma spera che gli europei del sud più dinamici e motivati occupino tutti i posti a disposizione per l’apprendistato, e una volta perfezionate le loro qualifiche non tornino a casa, ma restino in Germania per sopperire alla crescente carenza di manodopera qualificata. Gli scettici sottolineano vari problemi, per esempio le barriere linguistiche, e dubitano che i migranti possano effettivamente ricoprire un ruolo determinante nel porre rimedio alla penuria di apprendisti tedeschi.

È anche vero che il periodo attuale non è l’ideale, dato che il sistema tedesco dipende strettamente dall’economia. In definitiva è il mercato, non gli esperti di istruzione, a decidere il numero dei tirocini disponibili. Sono le aziende a decidere quante posizioni richiedano qualifiche delle quali si avrà bisogno in futuro. Questa è la premessa per il numero dei posti disponibili per i tirocini.

Di conseguenza, il grande vantaggio dell’approccio alla formazione professionale tedesca è al tempo stesso anche il suo inconveniente maggiore. Il sistema è strettamente collegato all’economia e nei tempi sfavorevoli, come quelli che stanno attualmente vivendo i paesi europei assillati dalla crisi, la domanda di apprendisti sarà inevitabilmente minore.

Il fatto che gli europei del sud stiano cercando una risposta studiando il nostro sistema di doppia formazione dimostra quanto siano disperati. Non soltanto sono privi di aziende capaci di creare posizioni per i tirocinanti, ma sono anche privi di pazienti maestri in grado di trasmettere le loro conoscenze ai loro tirocinanti. Inoltre sono privi di istituzioni e di quella cooperazione stretta e assidua che è indispensabile tra datori di lavoro, dirigenti politici, sindacati e altri attori per realizzare il sistema della doppia formazione.

Del resto, perfino in Germania, dove tale collaborazione è ormai solida, il sistema non è immune da problemi, come il conflitto sul Patto di formazione o la resistenza dei sindacati. Gli europei del sud che adottano il sistema tedesco hanno intrapreso una strada molto ambiziosa. Ma è sicuramente meglio spingere per riforme strutturali coraggiose che optare per soluzioni più semplici come dare ai giovani disoccupati una formazione professionale inutile soltanto per tenerli impegnati e tranquilli.

Questo sforzo merita il nostro pieno sostegno. Come lo meritano i giovani europei del sud che lasciano le loro case e i loro paesi per venire qui in Germania a trovare lavoro o a ricevere una formazione professionale. Noi dovremmo accoglierli a braccia aperte.

presseurop* Fonte: DieWelt / Presseurop – Traduzione di Anna Bissanti.

Die Welt è un importante quotidiano tedesco di stampo conservatore, fondato dalle potenze vincitrici della seconda guerra mondiale nella zona occupata dall’Inghilterra, in Amburgo. La prima edizione vide la luce il 2 aprile 1946 e nel 1953 passò al gruppo editoriale Axel Springer.