Dopo Mennea, Coppi e Paolo Rossi, ITA dedichi un aereo a Ondina, ragazza con le ali ai piedi, la prima italiana che ha vinto l'oro alle olimpiadi

La nostra serie dedicata a donne non comuni illumina una storia di talento, tenacia, amicizia. La storia di Ondina, primo oro azzurro ai Giochi olimpici (Berlino, 1936): una bolognese che ha ispirato lo sport femminile

STORIE DI DONNE NON COMUNI | TOPONOMASTICA AL FEMMINILE (16)

testo di Carmen Pellegrino con Salvatore Giannella

Dopo Mennea, Coppi e Paolo Rossi, ITA dedichi un aereo a Ondina, ragazza con le ali ai piedi, la prima italiana che ha vinto l'oro alle olimpiadi

La nostra serie dedicata a donne non comuni illumina una storia di talento, tenacia, amicizia. La storia di Ondina, primo oro azzurro ai Giochi olimpici (Berlino, 1936): una bolognese che ha ispirato lo sport femminile

STORIE DI DONNE NON COMUNI | TOPONOMASTICA AL FEMMINILE (16)

testo di Carmen Pellegrino con Salvatore Giannella

 
Nome Trebisonda detta Ondina
Cognome Valla
Data di nascita 20 maggio 1916
Luogo di nascita Bologna
Data di morte 16 ottobre 2006
Luogo di morte L’Aquila
Nazionalità Italiana
Segni particolari Velocista italiana
Ondina Valla
Nome Trebisonda detta Ondina
Cognome Valla
Data di nascita 20 maggio 1916
Luogo di nascita Bologna
Data di morte 16 ottobre 2006
Luogo di morte L’Aquila
Nazionalità Italiana
Segni particolari Velocista italiana
Ondina Valla
Con l’arrivo del nuovo anno gli aerei della compagnia ITA, succeduta all’Alitalia, volano portando portando incisi sulle fiancate i nomi di campioni dello sport che hanno portato in alto la bandiera dell’Italia: il velocista Pietro Mennea, il ciclista Fausto Coppi, il calciatore Paolo Rossi… Suggeriamo alla ITA Airways, alla vigilia delle Olimpiadi invernali in Cina, il nome di una donna, l’italiana che per prima vinse una medaglia d’oro alle Olimpiadi: Trebisonda Valla, detta Ondina, campionessa degli 80 metri ostacoli ai Giochi di Berlino 1936. Un primato che innalza Ondina nell’Olimpo degli ambasciatori sportivi italiani nel mondo. Una donna dalla storia avvincente.
 
Maggio 1916. Siamo a Bologna, nel pieno della Prima guerra mondiale. Gaetano Valla è emozionatissimo, lo informano che la moglie Andreina ha partorito una femminuccia. Finalmente dopo quattro maschi la tanto attesa figlia femmina è venuta alla luce. A Gaetano basta dare uno sguardo a quella bambina bellissima che già si agita nelle mani della levatrice per convincerlo a chiamarla come il nome di un luogo magico, a lui caro, Trebisonda. Gaetano è sicuro che quel nome, che evoca il fascino e la storia di una città turca menzionata nella novella araba “Le mille e una notte”, è di auspicio per una vita piena di gratificazioni. Il tempo gli darà ragione.
 
Trebisonda non si fa attendere. Ha undici anni e frequenta la scuola elementare “Salvatore Muzzi” del popoloso quartiere Porta Galliara. Siamo nel ’27 e a Bologna viene organizzata la coppa Bologna, competizione sportiva che coinvolge tutte le scuole, elementari e medie, della città felsinea. Trebisonda viene notata dal capitano Francesco Vittorio Costa (già campione italiano nella staffetta 4×400) proprio per le sue doti di velocista. Un giornale satirico locale scrive – Trebisonda Valla, gli altri la perdono, noi l’abbiamo trovata -.
 
La giovane è chiamata a far parte della neo-squadra di atletica, la Bologna Sportiva insieme a un’altra ragazza “terribile”, Claudia Testoni, rivale in pista quanto amica per tutta la vita.
 
Nel 1929 la Bologna Sportiva organizza la prima riunione internazionale di atletica femminile. Si iscrivono le migliori atlete in rappresentanza di cinque nazioni: Francia, Gran Bretagna, Polonia, Cecoslovacchia e per l’appunto l’Italia.
 
Trebisonda, che ormai tutti chiamano Ondina, è la vera rivelazione della manifestazione e si guadagna il primo articolo sul Resto del Carlino.
 
Passano gli anni e Ondina, forte del suo primato italiano sugli 80 metri ostacoli, è pronta per le Olimpiadi che si svolgono a Los Angeles nel 1932. Purtroppo, il Vaticano giudica sconveniente che una sedicenne, unica donna in una spedizione totalmente maschile, possa affrontare un viaggio così lungo, in nave, e quindi Ondina viene esclusa.
 
Ondina non si arrende e continua a correre e a collezionare successi anche di prestigio come nel 1933 ai Giochi Internazionali Universitari ai quali partecipa grazie a una clausola che permette anche ai giovani studenti di gareggiare. Vince quattro medaglie d’oro e una di bronzo.
 
Nel 1935 Ondina ha 19 anni, è pronta per le Olimpiadi di Berlino, forte di 24 vittorie e 7 primati nazionali.
 
Siamo nell’agosto del ’36 e Ondina sta per consegnarsi alla Storia. Sono le Olimpiadi volute da Hitler per esibire al mondo la forza e la potenza organizzativa della Germania nazista. Sono Olimpiadi che passeranno alla Storia come Olimpiadi moderne. Per la prima volta compaiono i tedofori. Sono le Olimpiadi di Jesse Owens velocista statunitense di colore e delle sue quattro medaglie d’oro e sono le olimpiadi di Leni Riefenstahl, autrice di Olympia, considerato ancora oggi uno dei migliori film dedicati allo sport.
 
6 agosto 1936, ore 17.30. La giornata nonostante sia estate, è fredda. Allo Olympiastadion di Berlino sono presenti 30 mila spettatori in trepida attesa. Le telecamere della Leni Riefensthal sono pronte per immortalare l’evento. Si corre per l’oro negli 80 metri a ostacoli femminili. Per l’Italia due finaliste: Ondina Valla in quinta corsia e Claudia Testoni in terza.

Ondina Valla e Claudia Testoni, due italiane nella finale olimpica degli 80 ostacoli. Di più, due bolognesi. Due ragazze cresciute nella stessa scuola e nella stessa società sportiva.

La Valla giunge alla gara dopo aver fatto registrare il record del mondo (11 secondi e sei decimi) nella semifinale del giorno prima. Il tempo però non è stato omologato perché ottenuto con vento superiore a 2 metri al secondo, considerato favorevole. La tensione è alta. Ondina per riscaldarsi prima della gara, ha bagnato qualche zolletta di zucchero nel cognac. Tutto è pronto. Sullo stadio cala un silenzio di attesa.

Zu deinen platzen… ferting… los.

Tutte le concorrenti partono velocemente, rimanendo appaiate fino alla conclusione della gara, Ondina ripete a sé stessa come un mantra – tre passi un ostacolo, tre passi un ostacolo. Quattro atlete arrivano appaiate. Sembra certo, però, che sia Ondina ad aver tagliato il traguardo per prima con un guizzo finale, sul filo di lana. Tutti gli spettatori sono in visibilio e urlano a gran voce “Valla, Valla, Valla”, anche il radiocronista, il grande e indimenticabile Nicolò Carosio afferma sicuro

abbiamo l’impressione nettissima che la Valla sia prima.

La decisione per i giudici non è facile, bisogna rivedere l’arrivo, e stare attenti a eventuali pressioni politiche tese a favorire la tedesca Anni Steuer. Per fortuna per Ondina e per l’Italia tutta, è in funzione la Zeilt-Zeilt Kamera che consente di visionare la pellicola al millesimo di secondo, e, infine, viene proclamata la vittoria di Ondina Valla per 61 millesimi di secondo. Claudia Testoni perde il bronzo per 7 millesimi. Ondina Valla vince l’oro!
 
Dopo i giochi olimpici, Ondina è festeggiata da tutti. Nell’Italia fascista quell’oro olimpico la fa diventare un simbolo per le ragazze italiane. La gara di Berlino, inoltre, fece sì che nel regime di Mussolini (che la volle al suo fianco nella foto di rito) si ammorbidisse, pur senza venire meno del tutto, l’ostilità alla partecipazione delle donne alle attività sportive. Il governo iniziò a servirsi delle competizioni femminili per ragioni di propaganda e per esaltare la forza della “razza italiana”, come già faceva per i successi degli atleti di sesso maschile.
 
Inoltre, con quella vittoria la Valla divenne, all’età di 20 anni e 78 giorni, la più giovane atleta italiana a vincere un oro olimpico, record rimasto imbattuto fino al 2004.
 
Nel 1937 stabilì con la misura di 1,56 metri il primato nazionale nel salto in alto, che mantenne fino al 1955, quando fu superato per un centimetro da Paola Paternoster.

Ondina Valla accanto alla scultura che la immortala: L’ostacolista, firmata dal fratello Rito nel 1938.

Rito Valla, fratello di Ondina e affermato scultore, celebra la vittoria della sorella con l’opera “L’ostacolista”, attualmente collocata all’ingresso dello stabilimento della “Carpigiani” ad Anzola Emilia, nota per la produzione di macchine per il gelato, a simboleggiare lo slancio del progresso verso il futuro. La vittoria olimpica regala a Ondina anche la fotografia della Regina Elena, firmata semplicemente “Elena”.
 
Dal 1937 e fino al 1943 la vita agonistica di Ondina è segnata però da problemi alle ginocchia e soprattutto alla schiena: spondilosi vertebrale è la diagnosi medica, un lento e progressivo spostamento di una vertebra rispetto a quella sottostante, probabilmente dovuta al pesante carico di lavoro legato alla preparazione delle gare. Ma, proprio a causa di questi problemi fisici, nel 1943 nella vita di Ondina entra l’amore. Ondina va all’istituto Rizzoli di Bologna, celebre per l’ortopedia. Qui la visita il dottor Guglielmo De Lucchi, uno dei migliori specialisti. La riconosce subito:

Lei è Ondina Valla, bandiera e orgoglio della nostra nazione.

È amore a prima vista. I due si sposano l’anno successivo, 1944, 35 anni lui, 7 in meno lei. Pasta e fagioli al ricevimento e viaggio di nozze in bicicletta, da Bologna a Padova, città natale dello sposo.
 
Racconterà Ondina che la loro prima notte di nozze avviene sotto i bombardamenti degli aerei tedeschi, a Verona, in un bar semi distrutto. Ondina dorme su un biliardo, Guglielmo su una sedia. Dalla loro unione nel 1945 nasce Luigi, unico figlio della coppia. I due poi da Bologna si trasferiscono prima a Perugia e infine a L’Aquila. Ondina prosegue con alcune gare fino a raggiungere discreti risultati in ambito regionale, anche se la sua occupazione principale sarà la gestione insieme al marito Guglielmo, di “Villa Fiorita”, accogliente casa di cura, di fatto prima clinica ortopedico-traumatologica de L’Aquila e provincia.
 
Nel 1978 subisce il furto, assieme ai suoi trofei, della medaglia d’oro di Berlino. Ondina addolorata confida amaramente:

Di quella vittoria mi rimane solo la quercia che veniva data ai vincitori.

Sarà Primo Nebiolo, presidente della Federazione Italiana di Atletica, che nel 1984 le dona una riproduzione della medaglia rubata.
 
Ondina muore a L’Aquila il 16 ottobre 2006.
 
Una curiosità: ai vincitori della medaglia d’oro a Berlino, gli organizzatori regalano una piantina di quercia proveniente dalla Foresta Nera, la “quercia di Odino” come a significare che la gloria sopravvive agli uomini. Gli italiani rientrano in patria con otto piantine, tante furono le medaglie d’oro. Quella di Ondina, piantata a Bologna, vicino alla piscina coperta dello stadio del Littoriale, attuale Dall’Ara, ha resistito fino alla fine degli anni ‘90. Proprio nel 1997, in occasione della celebrazione dei 70 anni dello stadio, la quercia è sostituita da un’altra più giovane. Alla cerimonia è presente l’ottantenne Ondina Valla che aiutata da un’altra grande donna sportiva, Sara Simeoni, personalmente mette a dimora la nuova quercia sotto la curva “Andrea Costa” dello stadio.

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Fotogallery

Le immagini che seguono sono tratte dall’archivio dell’illustre fotografo Walter Breveglieri (che le edizioni Minerva valorizza attraverso grandi libri come quello dedicato a Fausto Coppi): immortalano Ondina Bologna negli anni Cinquanta mentre posa sul petto di suo figlio Luigi il suo numero con il quale trionfò a Berlino e nelle altre tre foto quando il Comune di Bologna piantò una quercia nel giardino dello stadio Dall’Ara alla presenza di Ondina.

Perché Ondina

Per fare la storia con la S maiuscola, bisogna aprire porte. Ondina nel 1936 con la sua vittoria, ha spalancato la porta e l’ha lasciata aperta. Lo sport fino a quel momento era considerato una esclusiva degli uomini, le donne per costituzione fisica erano considerate non idonee a raggiungere risultati sportivi apprezzabili. Ecco, fino a quel momento! Poi è arrivata questa ragazza minuta, abbastanza gracile, ma potente nella forza fisica e nel carattere, per mettere tutto in discussione. Ottanta metri ostacoli, staffetta, salto in alto e salto in lungo con un record durato 18 anni. Sì, quella porta Ondina, l’ha aperta, anzi l’ha spalancata per far entrare tutti i sogni delle donne che amavano e amano o sport. E se pensassimo che questa affermazione sia esagerata, commettemmo un grosso errore. Alle donne non era consentito correre le maratone, la prima è stata Kathrine Virginia Switzer nel 1967 che riesce a iscriversi a quella di Boston con uno stratagemma. In Italia c’era stata la storia straordinaria di Alfonsina Strada, già ampiamente riportata in questo blog, che nel 1924 corre il Giro d’Italia senza una squadra, da sola e tra mille polemiche. Ma più in generale solo nel 2012, alle Olimpiadi di Londra per tutte le discipline sportive vi sono state gare maschili e femminili. Ondina Valla però è stata la prima. E lo sarà per sempre.
 
E allora è evidente la portata storica della vittoria di questa ragazza bolognese con il sole nel sorriso, come veniva riportato sui giornali, che amava girare a L’Aquila a bordo della sua Renault Dauphine, decapottabile, rossa fiammante. È la vittoria di ogni donna che deve faticare il doppio per ottenere il consenso collettivo, è il riscatto sociale, la voglia e il diritto di essere protagonista della propria vita e di rincorrere i propri sogni. La vita e la storia di Ondina è un incitamento a tutte le donne a trasformare i propri limiti in forza, i blocchi emotivi in blocchi di partenza e pensare quando si è a terra, disperati, che anche lei, Ondina Valla, per vincere la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Berlino, nel lontano 1936, è partita da inginocchiata.

LA BIBLIOTECA IDEALE/ L’ORO DI ONDINA, DELLA BOLOGNESE MINERVA

Così Ondina vide a Berlino i trionfi

di Jesse Owens, a dispetto di Hitler

Un'illustrazione di Jesse Owens da 'L'Oro di Ondina'.

Quel giorno, il 5 agosto 1936, avevamo già assistito ai trionfi di quello che, con quattro medaglie d’oro, sarebbe passato alla storia come l’eroe dei Giochi di Berlino. Lo avevamo visto da vicino, lo statunitense Jesse Owens, vincere la gara dei 100 metri, quella del salto in lungo, e quella dei 200, proprio lo stesso giorno in cui noi eravamo in pista per gli 80 ostacoli. Il 9 agosto avrebbe chiuso la sua avventura olimpica vincendo anche la 4×100 con i compagni della staffetta americana. L’oro più bello di Owens fu quello del salto in lungo, perché lo vinse battendo in una gara memorabile l’idolo di casa, il tedesco Lutz Long. In realtà, i due erano grandi amici, e quando Owens si prese l’oro saltando oltre gli otto metri (8,06 per l’esattezza) Long fu sportivamente felice del suo argento.
 
Meno sportivo invece l’atteggiamento di Hitler, che in effetti salutò Jesse mentre gli passava davanti per salire sul podio, ma se ne andò in anticipo dallo stadio e non lo ricevette per il saluto privato che concedeva solitamente a tutti i vincitori. Insomma, niente “razza ariana” sugli scudi.
 
Anche se per fortuna Jesse e Lutz erano sportivi veri, e certe teorie con loro non avevano vita facile.

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L'oro di Ondina (Minerva Edizioni)

L'oro di Ondina, con testo di Marco Tarozzi e illustrazioni di Antonella Cinelli, Minerva 2021.

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