Riscopriamo Sabina Santilli, l'abruzzese che portò i sordociechi fuori dall’oscurità e fondò la Lega del filo d’oro

La straordinaria vicenda umana e professionale di una donna che non si arrese al buio in cui una meningite la fece piombare a sette anni e che si elevò ad attivista per i diritti di chi non vede e non sente, creando un’Associazione benemerita, con testimonial del calibro di Renzo Arbore (storico) e di Neri Marcorè. Sabina ha molti meriti perché le sia dedicata una via o una piazza

STORIE DI DONNE NON COMUNI | TOPONOMASTICA AL FEMMINILE (15)

testo di Carmen Pellegrino con Salvatore Giannella

Riscopriamo Sabina Santilli, l'abruzzese che portò i sordociechi fuori dall’oscurità e fondò la Lega del filo d’oro

La straordinaria vicenda umana e professionale di una donna che non si arrese al buio in cui una meningite la fece piombare a sette anni e che si elevò ad attivista per i diritti di chi non vede e non sente, creando un’Associazione benemerita, con testimonial del calibro di Renzo Arbore (storico) e di Neri Marcorè. Sabina ha molti meriti perché le sia dedicata una via o una piazza

STORIE DI DONNE NON COMUNI | TOPONOMASTICA AL FEMMINILE (15)

testo di Carmen Pellegrino con Salvatore Giannella

 
Nome Sabina
Cognome Santilli
Data di nascita 29 maggio 1917
Luogo di nascita San Benedetto dei Marsi (AQ)
Data di morte 12 ottobre 1999
Nazionalità Italiana
Segni particolari Fondatrice della Lega del filo d’oro

Sabina Santilli.

Quale mondo può costruire un individuo che non è in grado di parlare, guardare oppure ascoltare? La risposta sta nella vita straordinaria di Sabina Santilli, fondatrice della Lega del Filo d’Oro e prima influencer in Italia.
Sabina (oggi ricordata da una scultura nella sede centrale dell’Associazione, a Osimo nelle Marche: foto in apertura, da Vita.it) nasce nel maggio 1917 a San Benedetto dei Marsi, piccolo centro agricolo della provincia dell’Aquila. Due anni prima, il territorio della Marsica è stato epicentro di un violentissimo terremoto (11mo grado della Scala Mercalli) che ha spazzato via l’intero paese uccidendo metà degli abitanti con altre trentamila vittime. Anche i genitori di Sabina perdono tre figli e l’intera casa di famiglia costruita con tanti sacrifici. Nel 1915 comunque nasce Ettore e dopo due anni viene al mondo una bella bambina chiamata Sabina.

Occhi neri, capelli lisci corvini, robusta e calma, Sabina a sette anni, già si fa notare per la forza di volontà di cui è dotata, motore della sua vita: taciturna e seria, intelligente e riflessiva, già offre il suo contributo nelle faccende di casa. Non solo, è talmente sveglia che fin dall’asilo Sabina sa leggere e scrivere tanto che la maestra, dopo soli tre mesi in prima elementare, la promuove direttamente in seconda.

Ma proprio a sette anni succede la disgrazia. Il lunedì che precede la Pasqua del 1924, Sabina comincia a sentirsi male, colpita da un tremendo mal di testa. La diagnosi è terribile: meningite. Nel giro di tre giorni Sabina perde la vista e l’udito. Questo è il suo ricordo:

La sera del giovedì santo, dal letto di mia mamma, diedi un ultimo sguardo attorno. L’indomani, venerdì santo, udii l’ultimo grido, seguito da una sbattuta di porta. Da allora niente più. Fu il buio pesto senza una voce.

Dopo un primo momento di smarrimento, di dolore, la vita in casa Santilli riprende come se niente fosse. La crescita di Sabina è favorita da un ambiente familiare stimolante. A dieci anni cuce, ricama, lava i piatti, fa il bucato. A scuola non ci torna più e la sua comunicazione consiste in una sequenza di gesti e nella “scrittura finta”: un giorno, infatti, vengono a trovarla alcune zie. Sabina percepisce la loro presenza ma non ha i mezzi per identificare e dare un nome a quelle presenze. Chiede allora a suo fratello Ettore di prendere una matita e guidare la sua mano su un foglio di carta scrivendo i nomi delle persone presenti. Dirà Sabina:

Fu la scoperta di tutti i Cristoforo Colombo che lasciano la bella Europa del chiasso.
A dieci anni Sabina è ammessa al neonato Istituto per ciechi “Augusto Romagnoli” di Roma. Arriva in calesse con mamma e papà. Il distacco è duro per la mamma di Sabina. Augusto Romagnoli, insegnante cieco, figura fondamentale per l’integrazione dei disabili in Italia, guardandola le dice:

Quando si pota un ramo della vite, dispiace, però poi ci si consola che il ramo prospera più degli altri.

Sabina apprende il Braille e il metodo Melossi, arricchendo la propria conoscenza. Adesso è totalmente indipendente ed è la propria esperienza diretta che fa nascere l’idea in Sabina di legare tutte le donne e gli uomini che si trovano nella medesima condizione.

"Sabina Santilli" in braille.

Torna a San Benedetto, la madre purtroppo non c’è più, di lì a poco muore anche il suo amato fratello Ettore. Sabina si occupa del padre e delle sorelle e inizia a frequentare una sarta del paese apprendendo il metodo Cims. È la svolta. Sabina pensa a come utilizzare questo metodo per persone non vedenti. Decide, quindi, di scrivere lettere a sordociechi di sua conoscenza, creando una vera e propria rete: proprio come una influencer dei nostri giorni. Le lettere sono in Braille e sono pieni di consigli: come stirare, come coltivare, come mangiare. Siamo nei primi anni ‘60 e Sabina, con le sue lettere, crea un legame con 56 sordociechi. Comprende a questo punto che è arrivato il momento di creare un’associazione, una “lega” in cui ogni sordocieco possa trovare non solo conforto ma impulso a vivere la propria condizione sempre meglio. Non “isolato, relegato nella torre del conte Ugolino”, per usare le parole della stessa Sabina, ma inserito a tutti gli effetti nella società, con la possibilità di vivere appieno sogni e desideri diventando protagonisti della propria vita.

Siamo nel 1962, anno in cui tutto il mondo scopre l’esistenza dei bambini sordociechi grazie al film Anna dei miracoli, biografia di Helen Keller e della sua insegnante Anne Sullivan.

Il 20 dicembre 1964 nasce la Lega del filo d’oro. Sabina è la prima presidente. Prima azione: mettere in crisi un intero sistema. Sabina, infatti, è la prima ciecosorda a stipulare un contratto legale e assumere una carica sociale. Per farlo, il notaio equipara il caso di chi per legge è considerato incapace di intendere e di volere a quello di uno straniero che necessita di un interprete. La prima segretaria della neonata associazione è Nina, sorella minore di Sabina, quasi a testimoniare la forza dell’unione di tutta la famiglia Santilli. È proprio Nina ad aprire la prima scuola per sordociechi rieducabili in località “San Biagio”, a Osimo, vicino ad Ancona. Notevole contributo alla nascita dell’associazione è dato da Dino Marabini, giovane sacerdote impegnato in quegli anni nell’educazione dei giovani e che spenderà tutta la sua vita nella Scuola Speciale per pluriminorati psicosensoriali presente in diverse parti d’Italia.

L’associazione, ente morale nel 1967 e poi Onlus nel 1998, inizia con pochi collaboratori, tutti volontari. Pian piano cominciano a nascere le iniziative specifiche, soggiorni montani ed estivi e gruppi di assistenti sono preparati in maniera specifica a seconda della gravità delle minorazioni da dover gestire. Sull’ esperienza dell’invio delle lettere di Sabina nasce “Trilli nell’Azzurro”, notiziario della Lega del filo d’oro che diventa un vero e proprio forum dove si discute di problemi ma si scambiano anche consigli ed esperienze dei cieco-sordi.

Nel 1965 Sabina Santilli, quarantottenne, riceve a Milano il “Premio Motta della Notte di Natale” per la bontà. Quattro anni dopo si dimette da presidente della Lega del filo d’oro. Nel 1971 vince un concorso pubblico presso l’U.I.C. di Roma in qualità di coadiutore per il settore “cieco pluriminorati” e lì rimane fino al 1979. Nel 1976 chiede e ottiene la pubblicazione bimestrale di una rivista in braille, Voce Nostra. Nel 1978 tiene un corso per corrispondenza intitolato “Vivere indipendente senza la vista e l’udito”, traduce inoltre dall’inglese il libro del dottor Richard Kinney, cieco-sordo, presidente della scuola Hadley Corrispondence School for Blind, operante in tutto il mondo.

Dal 1980 al 1982 Sabina lavora come insegnante presso la scuola statale “Romagnoli”, la stessa scuola dove fu la prima alunna.

Nel 1982 si riavvicina alla Lega del filo d’oro, collaborando tra l’altro con Mons. Biagio Terrinoni e diventando la responsabile diocesana della Caritas di Avezzano.

Il 22 luglio 1987 Sabina è insignita dalla Santa Sede dell’onorificenza “pro Ecclesia et Pontefice”.

Il 21 ottobre 1988, a settantuno anni, Sabina è invitata a partecipare a un Congresso Europeo dei ciechi sordi a Londra.

L’ultimo documento, contenuto nell’archivio di Sabina Santilli, è una lettera del 19 agosto 1993. Sono disposizioni in vista della Conferenza mondiale Hellen Keller che si tiene in quello stesso anno a Numana, antico borgo di pescatori nel Conero marchigiano. Sabina chiude così la lettera diretta a un segretario di comitato:

… una precisazione: in un buon italiano non si usa dire sempre “persone sordocieche”, perché si sa che i sordociechi sono persone.

Nel 1994, in occasione della celebrazione dei trent’anni di attività della benemerita Lega, il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro conferisce a Sabina e a Dino Marabini l’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana. Nel discorso di fine anno il Presidente della Repubblica menziona l’opera della Lega del filo d’oro usando parole d’ammirazione.

Sabina Santilli muore a San Benedetto dei Marsi il 12 ottobre 1999. La Lega sua creatura oggi è presente in dieci regioni d’Italia con centri e sedi territoriali e con un testimonial storico d’eccezione: Renzo Arbore, da poco affiancato dall’attore marchigiano Neri Marcorè.

Il testimonial (dal lontano 1989) della Lega del filo d’oro, Renzo Arbore (“zio Renzo, per gli utenti dell’Associazione di Osimo), affiancato dal maggio 2021 dall’attore marchigiano Nerì Marcorè (a sinistra).

L’Associazione ha voluto celebrare la sua fondatrice con un libro a lei dedicato (Le mie dita ti hanno detto, di Sara De Carli, 2012) richiedibile anche su legadelfilodoro.it/it/shop-solidale oppure chiamando l’Ufficio Raccolta Fondi ai numeri 071.7231763 oppure 071.72451; mail: info@legadelfilodoro.it.

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Perché Sabina

Ho la tendenza insopprimibile all’attività ma di una taciturnità ostinata, non per nulla mi buscai il soprannome di Montone, laconica sempre nel dare le risposte strettamente necessarie, che non si aveva tempo per le chiacchiere oziose.

Così parla di sé Sabina Santilli, quella che alcuni chiamano la Hellen Keller italiana. A differenza però della Keller, Sabina ha promosso una cultura dell’indipendenza alle persone che come lei si trovano nella condizione di essere ciechi e sordi. Dapprima, con tenacia e testardaggine, Sabina ha conquistato per se’ stessa la propria indipendenza. Poi come tutte le grandi innovatrici, ha insegnato ad altri cosa significa essere indipendenti, cosa significa esserci, avere qualcosa da dire, ha donato la sua conoscenza, il suo sapere. La rivoluzione è stata silenziosa e dirompente, proprio come Sabina, la prima influencer. Sì, perché il suo merito è stato quello di aver creduto in qualcosa che noi tutti, a volte, diamo per scontato: comunicare. È bastato credere nella forza della comunicazione, nello scambio di emozioni per dare il giusto posto nella società a donne e uomini che per le loro menomazioni erano quasi considerati una vergogna da nascondere, da rinchiudere, un peso. Quel silenzio diventa parola, emozione, diventa qualcosa di unico, una interpretazione personale di ciò che non si può vedere: la musica è un corpo che vibra, il tocco di una mano determina le emozioni, il carattere, il giorno, la notte hanno un odore diverso, come l’inverno, l’estate.

E allora perché conoscere la storia di Sabina Santilli e della sua Lega è importante? Perché questa storia straordinaria è anche rivoluzionaria. Perché Sabina Santilli non ha solo unito persone che condividono le stesse pene, ma ha valorizzato proprio ciò che loro pensano di non avere ma che è rinchiuso in uno scrigno, nel profondo della loro anima, e allora i suoni, i colori, gli odori, nascono dentro ognuno, nel silenzio, nel buio. È un messaggio per tutti noi, è un messaggio universale, saremmo tutti ciechi se non guardassimo con gli occhi della nostra anima e saremo tutti sordi se non riuscissimo più ad ascoltare le voci della natura e della nostra Terra che abbiamo fatto ammalare con la nostra indifferenza. E allora, proprio come Sabina chiudeva ogni sua lettera:

Avanti e buon coraggio, senza mai tirarsi indietro.

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