La cura che arrivò tardi: Franco Battiato e il suo naso da Cyrano, una storia da raccontare
Onoriamo la scomparsa del grande cantante-filosofo siciliano svelando un retroscena di quel tratto distintivo del volto: risale alla sua giovinezza, quando era un calciatore e gli fu fatale, durante una rincorsa in un campetto polveroso, lo scontro con un palo
I NOSTRI ADDII | IL TEMPO DELLA STORIA
testo di Roberto Angelino¹ per Giannella Channel
La cura che arrivò tardi: Franco Battiato e il suo naso da Cyrano, una storia da raccontare
Onoriamo la scomparsa del grande cantante-filosofo siciliano svelando un retroscena di quel tratto distintivo del volto: risale alla sua giovinezza, quando era un calciatore e gli fu fatale, durante una rincorsa in un campetto polveroso, lo scontro con un palo
I NOSTRI ADDII | IL TEMPO DELLA STORIA
testo di Roberto Angelino¹ per Giannella Channel
… che inizia così:
Leggo dentro i tuoi occhi
da quante volte vivi
dal taglio della bocca
se sei disposto all’odio o all’indulgenza
nel tratto del tuo naso
se sei orgoglioso fiero oppure vile…
Un giovanissimo Franco Battiato - primo da destra, in piedi - posa per i fotografi con la formazione del Riposto (il paese tra Catania e Taormina dove era nato nel 1945, quando il Comune, che all’epoca comprendeva anche Giarre, si chiamava Ionia). Da ragazzino simpatizzava per l’Inter, ma poi preciserà: «Amo tutte le squadre che giocano bene, soprattutto quelle senza fuoriclasse che però hanno un’anima». Franco esordì nel ruolo di terzino nelle giovanili dell’Akragas, la squadra di Agrigento, ma nel Riposto divenne prima mediano e poi un ottimo libero, ruolo lanciato all’epoca da allenatori come Helenio Herrera e Nereo Rocco. Lui stesso si definiva "difensore elegante e raffinato": «Giocavo d’intuito e d’anticipo; non toccavo mai l’avversario, ero un piccolo Facchetti… In più i tifosi spaventavano gli attaccanti rivali gridando "posa a pipa", cioè "ti conviene lasciare la palla"». Commenterà stizzito molti anni più tardi: «Purtroppo l’agonismo e la competizione stanno guastando la purezza originale dello sport. Troppi falli brutti, troppa tensione. Un tempo c’era più gentilezza: se commettevo una scorrettezza, mi scusavo immediatamente».
Il futuro cantante (in secondo piano) in azione su un campetto siciliano con la maglietta bianca e blu del Riposto. A questo link l’intervista televisiva rilasciata a Gianni Minà in cui Battiato parla dell’esperienza con il pallone: «Il calcio mi ha trasmesso sensazioni metafisiche: quando andavamo in trasferta nei vari paesi siciliani, avevo l’impressione che ogni Paese fosse avvolto da una specie di personalità, che dava un sapore diverso a ogni luogo. Ho smesso di giocare a 17 anni, quando ho deciso di lasciare la Sicilia perché m’ero accordo che lì non c’era niente per me. E allora sono passato all’azione trasferendomi a Milano».
Quando Battiato ha già da anni “appeso le scarpette al chiodo”, è stata la Nazionale Cantanti (fondata da Gianni Morandi con il paroliere Mogol nel 1981) a regalargli l’occasione di giocare un altro paio di volte. Eccolo sorridente in campo proprio con Morandi, che indossa la maglia numero 4.
Franco firma autografi al termine della partita con cui ha esordito nella Nazionale Cantanti il 22 aprile 1985 a Novara, davanti a cinquemila tifosi.
Battiato fa un sopralluogo sulle condizioni del prato dello stadio milanese di San Siro prima della partita con la Nazionale Cantanti del 6 giugno 1985. Lo abbraccia Eros Ramazzotti, uno dei due bomber storici della squadra, con 128 reti in 223 presenze. Meglio di lui ha fatto solo Luca Barbarossa con 226 gol in 271 partite; al terzo posto Enrico Ruggeri con 104 reti in 262 presenze.
6 giugno 1985: Battiato a San Siro durante il match contro una selezione della Lega femminile. Racconterà di aver dovuto marcare la bionda ala sinistra avversaria, l’arcigna e scattante scozzese Rose Reilly, facendo una grande fatica a concentrarsi anche perché non aveva più la prestanza fisica di un tempo: «Già nella prima azione quella mi è scappata via ed è duro accettare di essere superati da una donna, anche a quarant’anni. Così, per inseguirla, ho fatto uno sforzo in più, ma ho subito visto lo stadio girarmi intorno e così ho deciso di rientrare negli spogliatoi. Non giocavo da 22 anni e quel giorno ho rischiato l’infarto. Sono uscito in barella, che figuraccia!». È stata l’ultima partita della sua vita.