Cosa vedere da Rimini a Pennabilli sulle tracce di Fellini e di Tonino Guerra
È una costellazione composta da luminosi pianeti umani, in primis la moglie Lora (Eleonora Kreindlina, conosciuta nel ’75 e sposata a Mosca nel ’77, che ha regalato a Tonino l’Oriente e la Russia, sua seconda patria, e che fa da vigile custode della casa-museo di Tonino a Pennabilli) e da un mosaico di asteroidi: i luoghi minimi delle storie e dei versi magici di Tonino con al centro Pennabilli (solamente un poeta poteva scegliere di vivere in un borgo di tremila abitanti, a 629 metri d’altitudine, dal nome che sembra inventato, un po’ fiaba e un po’ fumetto, circondato da colline e boschi, con dirupi e picchi in miniatura che ricordano gli sfondi dei quadri di Piero della Francesca e di Leonardo da Vinci).
È stato amore a prima vista con questa valle dell’Appennino centrale che Antonio Paolucci (responsabile dei Musei Vaticani e già ministro dei Beni culturali italiani) si è spinto a definire “la più bella d’Italia”.
Ho fatto in anteprima la strada che Tonino, in uno dei suoi sognanti progetti sospesi, vorrebbe come “la carrozzabile” o “Corriera del silenzio” che ti permette di fare “i lunghi viaggi vicino a casa” portandoti dal clamore del mare di Rimini a un bagno nella tranquillità e nella bellezza dei piccoli paesi carichi di storia e di memoria dell’entroterra. Così ho visto i luoghi minimi e spesso isolati dove hanno vissuto o vivono gli umili eroi di Tonino, come l’orto di Eliseo a Ranco, una borgata di case dove “in ottobre se tira vento piovono le noci sui coppi”.
Ho gustato i sapori del passato nell’Orto dei frutti dimenticati, al centro di Pennabilli, alberi che nessuno coltiva più.
Ho percorso la via delle Meridiane, che invitano a sentire l’ora attraverso le ombre, un modo antico d’adoperare gli occhi.
Mi sono fermato incantato ad ammirare il Giardino pietrificato, ai piedi della torre di Bascio, composto da sette tappeti in ceramica dedicati a personaggi che ebbero una voce nella storia della Valmarecchia, da Giotto a Ezra Pound, a Dante e Buonconte da Montefeltro fino a Uguccione della Faggiola e Fanina di Borbone, vedova bianca che ancora oggi qualcuno crede di intravvedere affacciata alla finestra della torre e gridare in direzione della sua città natale: “Paris, Paris, aiuto!”.
Ho ascoltato la tragedia della montagna di Maioletto, che si spaccò in due e franò dopo una settimana di piogge uccidendo nel sonno il conte e i suoi cortigiani reduci da una notte di baldorie, nudi.
Ho ammirato il tramonto dalla collina di Petrella Guidi, il vetusto borgo del sole e della luna Frazione di Sant’Agata Feltria) da cui inizia la storia del Rico e della Zaira, raccontata da Tonino ne Il viaggio (libro e film). Ho guardato con simpatia al museo con un quadro solo, l’Angelo con i baffi, dove un registratore nascosto tiene in vita, perennemente, un concerto di cinguettii sempre più rari e dimenticati.
Ho poggiato le mani sulla roccia delle pareti lisce di un versante del Monte della Zucca che, rilasciando tante gocce di rugiada, arrivano a creare le sorgenti del piccolo torrente che diventa poi il Marecchia, o Maricla, secondo l’antica denominazione, cioè “piccolo mare” sul quale naviga da un quarto di secolo la casa-arca rosata di Guerra tutta arredata con mobili di legno antico spesso da lui ideati (battezzati i Mobilacci, “sono dei mobili non pratici, cioè delle presenze che hanno un carattere forte e non portati a un’obbedienza totale”).
E ho capito perché Tonino, stanco di Roma (“Non c’era nulla di ostile, mi mancavano i profumi della memoria”), con negli occhi le sconfinate pianure della steppa russa, le montagne del Caucaso, le cupole blu di Samarcanda e Buhara, i grattacieli di Manhattan, le piazze di Roma e di Parigi, ha infine scelto, nel lontano 1989, di approdare in questa valle, a gettare provocazioni continue sulle spalle di poveri sindaci e assessori (alle prese con bilanci sempre più impoveriti e marciapiedi e fognature) che faticavano a contenere la sua geniale vitalità.
In questi numerosi borghi ideali anche per il ministero dei Beni culturali, uniti dalla strada Marecchiese, giri tra le case e ti imbatti in sculture, fontane o parole incise in minuscole lapidi (come quella dedicata alla signorina Lucrezia e alla sua “vita senza nozze” o le altre ispirate a una pedagogia dell’anima: “Spesso l’orizzonte è alle nostre spalle”) dove sono annotati frasi e pensieri che sono più utili delle targhe stradali: poco importa l’oggetto, perché quello che lui fa è trasformare in poesia tutto ciò che tocca. In quel lontano ’89 Tonino scrisse sul suo diario:
C’è chi avanza l’ipotesi che le città e i territori abbiano un genere letterario loro proprio, così come le parole usate per descriverle.
L’anima di una terra sta nelle parole che i suoi grandi spiriti riescono a trasmettere. Per questo vi invito a un viaggio nel mondo di Tonino Guerra, in un universo magico che lui chiama “I luoghi dell’anima”. Ci piacerebbe che, dopo aver familiarizzato con le pagine di questo libro, poteste anche voi dichiarare quanto confessato al poeta inglese Wilfred Owen da un giovane marinaio, incontrato in treno nel 1915: “Leggere un libro, signore, mi spinge al largo”. Sarebbe bello che anche voi, grazie alle immagini e alle parole di questo testo, foste spinti un po’ più al largo nel mare di terra sulle rive del Marecchia. O, per dirla con l’augurio di Tonino, che
I luoghi dell’anima
La Valmarecchia è una striscia di acqua e di montagne insinuata tra la Romagna e il Montefeltro marchigiano, con in più un pizzico di Toscana. La valle è tracciata dal fiume Marecchia e percorsa dalla strada statale 258 Marecchiese. Per la maggior parte del suo territorio appartiene geograficamente e amministrativamente all’Emilia Romagna. Ha origine, però, in Toscana, dall’Alpe della Luna al Fumaiolo (1.407 metri) e Monte della Zucca (1.263 m.) e, prima che il fiume sfoci presso Rimini, lambisce l’estremo nord delle Marche, nei comuni spartiacque di Montecopiolo, Sassofeltrio e Monte Grimano Terme. Nel bacino del Marecchia ricade anche parte del territorio sammarinese con il maestoso massiccio del Titano (739 m.). Lungo il percorso del fiume si incontrano varie località, le maggiori delle quali sono Badia Tedalda, Pennabilli (un toponimo che nel Medioevo era indicato con due parole: “in Penna et in Billis”, l’uno derivante dal latino Pinna, vetta, l’altro da Bilia, cima tra gli alberi, dal 1572 sede vescovile della diocesi di San Marino e Montefeltro), Novafeltria, San Leo, Torriana, Verucchio, Santarcangelo di Romagna e Rimini, cui si aggiungono paesi e frazioni dai nomi legati alle tipicità dei luoghi che sorgevano lungo il fiume: Ponte Presale, Ponte Messa, Molino di Bascio, Ponte Santa Maria Maddalena, Ponte Verucchio, San Martino dei Mulini.
Il pomeriggio sto seduto a guardare
la valle e la montagna in fondo
con tutti i campi che sembrano stracci
ad asciugare al sole e ogni tanto le strisce
rosse dei papaveri, dei mucchietti di case
come dei nidi di rondine appoggiati a terra.
E la gente piegata a lavorare
piccola come la polvere e io seduto
con tutta sta roba dentro gli occhi
La valle è ricca di luoghi d’interesse storico e archeologico. Nella zona del Montefeltro le valli sono caratterizzate da scarpate o da formazioni rocciose fortemente modellate dagli agenti atmosferici che costituiscono un’attrazione per geologi di tutt’Europa.
Sbagliereste però, cari lettori, se (seguendo la vostra anima razionale) vi avvicinaste muniti di guide e carte geografiche a questa valle che sembra realizzare l’eterno sogno di far dialogare l’uomo con la natura e, soprattutto, l’uomo con sé stesso:
(dalla poesia Maricla, 1989)
Lasciatevi trasportare, forti della vostra immaginazione e fantasia, dalle parole del poeta contraddistinte dal carattere corsivo, inseguendo percorsi che vi porteranno su storie e cose minime, quelle che – al di là dei grandi avvenimenti – lasciano tracce indelebili nella nostra memoria.
Tenete bene a mente quanto ha scritto un fecondo autore di guide, Albano Marcarini, che mandai a esplorare la valle per Airone, la rivista di natura e civiltà che ho diretto per nove anni:
La vita dei protagonisti delle poesie di Tonino è ambientata in una quarantina di chilometri, facilmente raggiungibili da località di rilevante interesse storico-artistico come Urbino e San Marino, Arezzo e Firenze, Siena e Ravenna, Bologna, Perugia, Assisi e Gubbio. Chilometri da percorrere lentamente, tra segni di arte storia e natura. È il territorio che collega Santarcangelo di Romagna, paese dove Tonino nacque nel 1920 e dove il figlio Andrea, pluripremiato compositore di colonne sonore per film, ha creato un piccolo ma suggestivo Museo dedicato al padre, punto di partenza per il nascente parco letterario che porta il suo nome) e Pennabilli, il borgo dove il poeta ha scelto di vivere dal 1989 nel paesaggio che ama (“qui si sta così in alto che si sente tossire il Signore”).
Sono strade che mi piace associare alle “strade blu” evocate in un libro che ha avuto un certo successo in America e anche in Italia (Le strade blu, di William Least Heat-Moon, Einaudi, 1988). La spiegazione del titolo è nelle prime parole del libro:
Sulle vecchie cartine stradali d’America le strade principali erano segnate in rosso e quelle secondarie in blu. Adesso i colori sono cambiati. Ma subito prima dell’alba e subito dopo il tramonto – brevi istanti né giorno né notte – le vecchie strade restituiscono al cielo un poco del suo colore, assumendo a loro volta un tono misterioso di blu. È l’ora in cui le strade blu hanno un fascino intenso, e sono aperte, invitanti, enigmatiche: uno spazio dove l’uomo può perdersi.
Uno spazio dove il protagonista, a bordo del suo furgone, può intraprendere un viaggio “dentro” l’America, e dentro sé stesso. Per compagni d’avventura ha con sé solo due libri di poesia e di civiltà locali, oltre alle occasionali, ma non rare e sicuramente non poco importanti, conoscenze che fa durante il suo lungo tragitto. Un tragitto segnato da un itinerario circolare – simile all’immagine del mondo che gli mostrano gli indiani Hopi -, quasi un viaggio a spirale, durante il quale percorre quelle “strade blu” sconosciute non solo ai turisti europei, abituati a un’immagine stereotipata degli Stati Uniti, ma agli stessi americani; strade strette, tortuose, a volte non asfaltate o dissestate, che attraversano paesi di poche centinaia, o addirittura poche decine di abitanti, in mezzo a una natura spesso non assoggettata dall’uomo, affascinante e viva. Un’America diversa, sconosciuta, con indimenticabili personaggi, lontani dalle mode, che consentono al viaggiatore incontri, ricerche, inaspettate svolte, momenti di arte, di ritrovata memoria.
I genitori di Tonino Guerra venivano, prima con i cavalli e poi in camion, a vendere frutta e verdura da Santarcangelo (tornandosene in Romagna “da quella mia Himalaya, luoghi di neve e di freddo”, con carbone e legna), poi un giorno il barbiere di Pennabilli Gianfranco Giannini, Gianni per gli amici (dopo aver sentito parlare di Tonino dall’ex professore del poeta, Augusto Campana) lo andò a trovare nella piazza grande di Santarcangelo e gli propose di andare a vivere a Pennabilli, quel posto frequentato d’estate da ragazzo e mai dimenticato per via della sua aria buona che manteneva sani i polmoni. Una scelta felice in base alla sua teoria più volte ricordata:
(Gianni è poi diventato l’alter ego di Tonino, memoria storica del paese, archeologo dilettante con il pallino del restauro, l’uomo che ha accompagnato fino all’ultimo il poeta su e giù per la Valmarecchia alla ricerca dei boschi incantati, anziani dal cuore pieno di saggezza, chiese abbandonate. Il dardo della morte lo ha colpito nel dicembre del 2020).
Salire in valle è fonte di grande emozione, specie per chi arriva dalla Riviera romagnola. Già il panorama lascia senza fiato: in basso il lento, indugiante fluire del fiume, “un albero d’acqua coi rami che scivolano tra la sassaia”: in fondo il mare di Rimini, che si intravvede nelle sfumate linee dell’orizzonte; a destra e a sinistra il lieve distendersi delle colline a cui fanno da contrappunto le “penne”, vale a dire le emergenze geologiche di San Leo, San Marino, Maioletto, Talamello, del Sasso di Simone e Simoncello con la sua variegata biodiversità; dietro, le montagne dello spartiacque tosco-romagnolo con le due vette madri del Falterona, da cui nasce l’Arno, e del Fumaiolo, da cui nascono il Tevere da un lato e dall’altro “il” Marecchia, come lo chiama Tonino, modificandone il genere. È un viaggio da fare di giorno, ma anche quando la luna prende il posto del sole:
Questa è la terra che ha alimentato la creatività di Tonino. E questa è la terra alla quale il poeta ha dedicato la sua attenzione profonda, continua, accompagnando il canto poetico con un canto concreto, che si insinua negli oggetti, nelle piazze, nei vicoli, nei giardini. Pochi artisti hanno lasciato tracce fuori dai fogli bianchi, disseminandole negli spazi della terra e dei borghi. Ecco le tappe scelte per questo itinerario poetico in alcuni luoghi che portano i segni della fantasia di Tonino. (La guida completa e più dettagliata la trovate nel libro “La valle del Kamasutra”, di Tonino Guerra, a cura del sottoscritto, Bompiani, 2010).
Tappa n.1: la Riviera romagnola, con Rimini e Cervia
Un viaggio tra geografia e poesia sulle tracce di Tonino può iniziare dalla Riviera romagnola e dal suo mare. Con l’avvertenza che, per chi vuole saperne di più sui vari incontri nelle tappe, c’è il sito ufficiale dell’Associazione culturale Tonino Guerra avviato con studiosa cura dalla biografa ufficiale del poeta, Rita Giannini, che ci ha regalato al meglio il suo ritratto percorrendone la vita e raccogliendo, in vari volumi, infiniti fatti che confluiscono nei suoi versi e nella sua molteplice opera.
Sulle distanze c’è un gioco del tempo e della memoria e questo gioco fa sì che le più lunghe restino sempre quelle dell’infanzia.
L’incontro con il mare Adriatico era un rito collettivo.
Da ragazzo andavo al mare insieme al poeta Tito Balestra, di Longiano. Andavamo in bicicletta a Castellabate, vicino a Igea Marina. Le dune erano oltre i campi degli ortolani e noi camminavamo scalzi sulle foglie d’insalata fino alle gibbosità di sabbia cariche di lumachine bianche e stavamo a guardare il mare con un sorriso spento da una leggera paura.
La stessa sensazione che provai la prima volta quando mio padre ci portò con il carretto al mare e, mentre lui lavava il cavallo, gli chiesi: ‘Perché il mare non viene avanti?’. Lui si girò e mi disse, dopo qualche minuto, con voce imprecisa: ‘Si vede che non ne ha voglia’.
Adesso è un mare assediato. E per questo che, a ogni occasione, ripeto: ‘Se il mare fosse uno specchio, noi saremmo delle brutte facce!’. Ricordo quando vidi il mare la prima volta: nostro padre ci portò col cavallo da Santarcangelo, il 15 di agosto, e quando arrivammo, lo scorsi da lontano, perché in quel tragitto di strada, l’ultima parte per arrivare alla spiaggia d’Igea è in discesa e tutti noi, bambini, a un tratto gridammo: ‘Il mare! Il mare!’. C’era un silenzio favoloso e si scendeva verso quella zona leggermente pericolosa, ma piena di fascino, con le dune che sapevano tanto di avventure africane.
A Rimini è tornato a risplendere, grazie al progetto del grande scenografo Dante Ferretti, quel Cinema Fulgor dove Fellini vide il suo primo film “Maciste all’inferno” e dove meritano una sosta approfondita, tra gli altri molteplici richiami, quell’autentico gioiello del Rinascimento che è il Tempio Malatestiano e l’antico quartiere dei marinai e pescatori, San Giuliano.
A Cervia merita un incontro una delle fontane artistiche ideate da Tonino, che fanno ormai parte del paesaggio romagnolo: è nel luogo simbolo del Piazzale dei Salinari, dove s’incontra alla base del Magazzino del Sale Il tappeto sospeso, realizzato nel 1997 in occasione del 300mo anniversario della fondazione di Cervia Nuova;
Tappa n. 2: Santarcangelo di Romagna
La Sangiovesa, versione moderna dell’osteria tradizionale romagnola, nasce nel 1989 dall’incontro tra l’editore Manlio Maggioli e il poeta Guerra preoccupati perché a Santarcangelo, il paese delle osterie da sempre, stavano scomparendo.
Inno alla Romagna più autentica, è stata premiata dalla prestigiosa Guida ai Ristoranti d’Italia de Il Gambero Rosso per l’eccellenza nel porgere a tavola “la quintessenza della romagnolità, che risulta non ostentata in modo chiassoso ma disseminata in tanti piccoli dettagli. Qui la carta mette l’acquolina in bocca solo a leggere le proposte”. Le tradizionali piadine vengono impastate e cotte al momento, i piatti della tradizione che vanno dagli strozzapreti alla trippa, passando per lo squacquerone, gli ottimi salumi e una robusta presenza di etichette di vino Sangiovese.
Nel cuore del borgo è collocata nell’antico Palazzo Nadiani, dalle origini medievali. Un paziente lavoro di recupero ha portato alla creazione degli ambienti dell’osteria, caratterizzati da sale con volte a botte e a crociera, con solai dai grandi travi, da mura in sasso e pietre scheggiate, ma anche mattoni consumati dal tempo. Il tutto si presenta come un insieme armonico, dal fascino misterioso e austero, arricchito dai suggerimenti di Guerra, che ha voluto farne un luogo anche di incanto per gli occhi (“si mangia anche con gli occhi”) oltre che per il palato: qui numerosi sono i segni del passaggio dell’artista, dalle tovagliette di carta impreziosite dalle poesie di Tonino alle splendide sue stufe.
Passare una serata in Sangiovesa, è come compiere un fantastico viaggio nella terra di Romagna, un viaggio di sapori e di ricordi, immersi in quella particolarissima, calda atmosfera che fa della Sangiovesa un posto unico. Ogni angolo in Sangiovesa, ogni singolo muro, ogni pezzo di soffitto o volta affrescata, ha in sé una storia da raccontare, la memoria di intere generazioni, di un paese e della sua storia. Così, si entra in Sangiovesa come in un libro di meraviglie e di ricordi.
Chi è appassionato di artigianato di tradizione, bussi alla porta della bottega Marchi, nel centro storico di Santarcangelo. Qui è in funzione un monumentale mangano risalente al ‘600 così particolare per la sua funzione di stiratura delle tele con una ruota mossa con i piedi che non resistettero alla visita neppure i Reali d’Inghilterra e il direttore del Museo Nobel, lo svedese Svante Linqvist, nel loro tour in Romagna.
Un altro di questi macchinari pioneristici (per ironia della sorte, proveniente proprio da Pennabilli) opera dal lontano 1826 nella vicina Gambettola, città dell’infanzia di Fellini, e sforna, grazie alle mani sapienti della famiglia artigiana dei Pascucci, arazzi stampati con i decori creati dalla fantasia di Tonino: frutti e farfalle, donne, anatre e lune (link).
Tappa n. 3: Torriana
Proseguendo da Santarcangelo lungo la statale Marecchiese, si incontra Torriana con la fontana che zampilla nella piazza principale del paese. È la prima delle fantasiose creazioni di Tonino:
Tappa n. 4: Saiano
Nei luoghi dell’anima di Tonino Guerra un posto importante è ricoperto dai luoghi della preghiera e dell’incontro con la spiritualità. Ci sono le chiese abbandonate, quelle ritrovate, mondi dimenticati, santuari di silenzio. Uno di questi è il santuario di Saiano, precipite sulla Valmarecchia su uno scoglio gessoso vicino al fiume. Per arrivarci dalla riva opposta è stato costruito nel 1993 un ponte di legno che, simbolicamente, vuole essere
Tappa n. 5: Maioletto
Qui si approda in un mondo circondato da una sinistra fama:
La voce popolare raccontò poi che quella notte su nel castello, i cui resti grandiosi spiccano sulla sommità della cima, il conte e la sua corte ballavano nudi e che questa disgrazia (come la precedente: 1639, un fulmine colpisce la polveriera della rocca che salta in aria) sia stata una punizione divina per i licenziosi abitanti di Maiolo che erano soliti praticare “balli angelici”, cioè danze notturne senza alcun abito addosso. Il paese ricostruito un po’ più a valle ha assunto il nome di Maiolo, mentre l’antica Maiolo, abbandonata dopo la frana, ora viene chiamata appunto Maioletto. Lassù è rimasto un cimitero con alcune croci di ferro appoggiate ai muri che fanno da quadrato.
Tappa n. 6: Talamello
Questo piccolo borgo, antica proprietà dei Malatesta signori di Rimini, ha un’antichissima tradizione legata all’enogastronomia locale, in particolare alla fossatura del formaggio: il suo nome deriva infatti da thalamos, cioè grotte. L’usanza vuole che il formaggio venga infossato una volta all’anno, nel mese di agosto, per tornare alla luce a novembre: questo evento si festeggia con la fiera chiamata, da Tonino l’ “Ambra di Talamello”, che si svolge nelle prime due domeniche di questo mese e che riempie le strade del borgo di profumi e sapori unici. Qui chi vi scrive ha ricordato in una giornata speciale il cittadino illustre del borgo, il musicista Amintore Galli (1845-1919), autore dell’Inno dei lavoratori.
Tappa n. 7: San Leo
Il giornale inglese The Telegraph ha stilato nell’estate scorsa una classifica dei 19 borghi italiani più belli da visitare, inserendo nell’elenco San Leo, unica città menzionata per la regione Emilia-Romagna per il suo incanto e suggestione unici. Caratteristiche che avevano catturato grandi spiriti antichi (Dante Alighieri e Machiavelli) e contemporanei (Umberto Eco e Roberto Benigni) e che avevo sottolineato nel corso di Linea Verde Orizzonti (Rai1, 17 maggio 2014) condotta da Chiara Giallombardo.
Tappa n. 8: Petrella Guidi
Da questo pugno di case, frazione del borgo ideale per il Mibact Sant’Agata Feltria, inizia la storia del Rico e della Zaira raccontata da Tonino Guerra ne Il viaggio. Questo vetusto pugno di case, ribattezzata “Borgo del Sole e della Luna”, negli ultimi decenni non è sprofondata nel nulla grazie a un generoso mecenate: Benny Faeti, “giornalista televisivo che ci era andato per un servizio e c’è rimasto per sempre cercando da solo, letteralmente, di non far crollare le antiche mura”.
Nell’aprile del 1994, su iniziativa di Tonino Guerra, presenti Michelangelo Antonioni e Wim Wenders e con le note del maestro Nino Rota, a Petrella Guidi è stato creato il Campo dei Nomi, un luogo solitario e silenzioso in ricordo delle giornate passate da Federico Fellini e la moglie, Giulietta Masina, seduti in cima al borgo di Petrella Guidi, a godersi il panorama.
In questo piccolo borgo aggrappato
ai monti dove passò esiliato Dante
Alighieri e dove nacquero Uguccione
Della Faggiola e Fra Matteo da Bascio
inventore dell’Ordine dei Cappuccini,
c’è un prato d’erba quieta
sulla quale sono state posate le lastre di marmo
dedicate a Federico Fellini e a Giulietta Masina.
Un santuario dove si onorano
i nomi di chi ha regalato all’umanità
arte e commozione.
Oggi, a pochi metri dalla panchina dove sedevano, ci sono queste due lapidi.
Qualcuno lo sapeva e diverse volte lo hai confidato anche a me: ‘Basterebbe una pietra rettangolare in un prato d’erba e magari una panca per chi vuole tenerci compagnia’
La valle, Federico, desidera stare vicino al tuo nome.
(Federico Fellini)
Tappa n. 9: Sant’Agata Feltria e la Fontana della chiocciola
Tra le creazioni di Guerra più inclini all’incantamento c’è la fontana di Sant’Agata Feltria, la seconda nata in ordine cronologico. Anch’essa porta con sé il fascino della favola e dispiega il pensiero filosofico di Tonino. La chiocciola, che ha così tanta tenerezza per la pioggia da uscire solo dopo che questa è caduta, è il simbolo della lentezza e della costanza. La sua lentezza è indice di saggezza: sta a testimoniare che
Una frase che il maestro ha raccolto dagli indios della foresta del Chapas (evocati in una lettera mandatami quando dirigevo Airone da Michael Ende, il grande scrittore di Momo e de La storia infinita: link).
Tonino la citava spesso come stimolo per la riflessione in questo nostro tempo frettoloso. La fontana è composta da oltre 300 mila tessere di mosaico policrome e dorate. L’originale opera si adagia lungo la scalinata che unisce la parte alta del borgo alla piazzetta sottostante, Piazza Martiri d’Ungheria, su cui si affacciano i saloni delle Scuderie, proprio dietro quello splendido gioiello che è il seicentesco Teatro Mariani, il più antico teatro interamente in legno esistente in Italia.
Tappa n. 10: Pennabilli e i luoghi dell’anima
Un’ora d’auto separa la casa natale di via Verdi a Santarcangelo, con la casa-museo in cima alla Valmarecchia collegata alla sede dell’associazione culturale che porta il suo nome.
È proprio Pennabilli, questo paese che potrebbe stare indifferentemente in Valmarecchia, in una favola di Gianni Rodari o in un racconto di Italo Calvino, l’epicentro dell’universo creativo di Tonino. “Il mondo di Tonino Guerra”, voluto tenacemente dalla moglie Lora, è infatti il titolo che hanno scelto nel 2005 per definire lo spazio in cui trova ospitalità la sua multiforme opera artistica. Un museo che poco ricorda i musei tradizionali, perché nelle intenzioni di Tonino e degli enti pubblici fondatori (Comuni di Pennabilli e Santarcangelo, Province di Pesaro Urbino e Rimini, Comunità montana Alta Valmarecchia) esso vuol essere un luogo vivo in cui ci si incontra, si discute, si lavora. La sede di via dei Fossi ospitata nei sotterranei del trecentesco Oratorio di Santa Maria della Misericordia, si anima periodicamente per gli incontri culturali, artistici e turistici gestiti da Tonino in prima persona fino alla sua scomparsa: lì lui presentava le sue opere, teneva lezioni di sceneggiatura, metteva in scena il suo teatro di lettura, incontrava gli studenti. Un archivio, con videoteca, fototeca e biblioteca consente di approfondire la sua opera e il contesto in cui è nata e si è sviluppata. E illumina il mosaico circostante dei “luoghi dell’anima”, sette musei all’aperto e non, ognuno con caratteristiche proprie ma uniti dall’obiettivo comune di sollecitare l’anima e la fantasia del visitatore, capaci di far pensare e sorridere insieme. Questo singolare museo diffuso si snoda attraverso il borgo di Pennabilli e parte dell’Alta Valmarecchia.
L’orto dei frutti dimenticati
L’Orto dei frutti dimenticati, creato in un fazzoletto di terra dell’ex convento dei Frati missionari, è il primo intervento a Pennabilli voluto da Tonino, dopo la decisione di risiedere in questa città. È una specie di giardino magico nel quale vegetano in tutta tranquillità un’ottantina di piante, più o meno alte. Sono gli alberi dei frutti dimenticati, dei sapori intensi e prepotenti del passato, che nessuno ormai coltiva più: un’invenzione pionieristica che ha anticipato un tema diventato poi d’attualità. È stato realizzato con la consulenza scientifica di Carlo Pagani, vivaista di Budrio, che ha raccolto e donato piante da frutto e specie arboree oggi scomparse appartenenti alla flora spontanea della campagna appenninica. All’orto si sono aggiunte innumerevoli installazioni ideate da Guerra e create, queste come altre, dalle mani di artisti diversi. Queste le principali installazioni:
- l’Arco delle favole, per raccontare le fiabe di mondi misteriosi e lontani (“Si dice nelle favole antiche che i ragazzi che passavano sotto un arco eretto nelle feste di fine anno, poi avevano una vita con bagliori di gloria”);
- il Bosco incantato (“un labirinto dell’anima, dove per breve tempo puoi perdere la memoria e ritrovarla soltanto il giorno più bello della vita”);
- la Meridiana dell’incontro (due colombi di bronzo irti su una pietra, protagonisti di una piccola meraviglia: tra le tre e le quattro del pomeriggio l’ombra manda due profili indimenticabili, quelli di Federico Fellini e Giulietta Masina, che si baciano);
- la Cappella Tarkovskji (in ricordo dell’amico regista russo prematuramente scomparso, che ha una facciata costruita con le pietre delle chiese scomparse della vallata);
- il Gelso della pace piantato dal Dalai Lama nel corso della sua visita a Pennabilli (1994) per onorare il ricordo del frate Orazio Oliviero della Penna “che nel ‘700 arrivò con la sua voce cristiana sugli altipiani del Tibet e tradusse trentaduemila parole di quel popolo per portarle alle orecchie occidentali”);
- una Porta delle lumache di Aldo Rondini;
- e, infine, all’interno del Lavatoio, le Parole dei mesi.
La strada delle meridiane
Sette meridiane collocate sulle facciate delle case nel centro storico di Pennabilli invitano a sentire l’ora attraverso le ombre, un modo antico di adoperare gli occhi. Le immagini riproducono quelle di quadri famosi, talvolta sono opere riproposte fedelmente, altre volte sono brani di un quadro o di un affresco. La scelta è caduta su noti autori del passato come il “San Sebastiano” di Antonello da Messina, i putti del Mantegna che decorano la Camera degli sposi del Palazzo ducale di Mantova, ma non mancano i soggetti astratti, presi a prestito dalla fantasia di artisti contemporanei, tra cui lo slavo Rabuzin, il santarcangiolese Giulio Turci e lo stesso Guerra.
Il Giardino pietrificato
Il Giardino pietrificato è un allestimento permanente che sta sul poggio della secolare torre di Bascio (frazione di Pennabilli). Si compone di sette tappeti in ceramica realizzati dallo scultore riminese Giò Urbinati e dedicati ad altrettanti personaggi che nella valle sono nati, hanno vissuto o l’hanno toccata coi passi o con le parole: Uguccione della Faggiola, Buonconte da Montefeltro, Matteo da Bascio, la contessa Fanina dei Borboni, Ezra Pund, Giotto, Dante.
Il museo con un quadro solo.
C’era una volta un angelo coi baffi
che non era capace di fare niente
e invece di volare attorno al Signore
veniva giù nel Marecchia
dentro la casa di un cacciatore
che teneva gli uccelli impagliati
in piedi sul pavimento di un camerone.
E l’angelo gli buttava il granturco
per vedere se lo mangiavano.
E dai e dai
con tutti i santi che ridevano dei suoi sbagli
una mattina gli uccelli impagliati
hanno aperto le ali
e hanno preso il volo
fuori dalle finestre dentro l’aria del cielo
e cantavano come non mai
Dalla poesia L’Angelo coi baffi è nata l’idea di creare un quadro e poi un Museo con un quadro soltanto, “il più sguarnito e poetico museo del mondo”. Qui il tutto si struttura nella piccola chiesa pennese dove sono stati collocati due pannelli con la poesia, in dialetto e in italiano, la grande tela realizzata dall’artista milanese ma romagnolo di adozione, Luigi Poiaghi completano la singolare installazione uno stormo di uccelli imbalsamati e un registratore che ricrea il tessuto sonoro dell’ambiente naturale dei volatili e di essi ne raccoglie il cinguettio.
Sette pietre misteriose.
Sette specchi opachi per la mente.
Sette confessori muti
che aspettano di ascoltare
le tue parole belle e le tue parole brutte
Il Santuario dei pensieri è l’opera che meglio rappresenta l’animo e la spiritualità zen di Tonino Guerra. È l’idea più vicina al suo amore per l’Oriente, alla sua filosofia. Ci avvicina alla riflessione intima, ci induce a dialogare con i nostri pensieri, con le nostre passioni, con i nostri desideri. bisogno di introspezione interiore.
In un quadrato di erba verde, che vide camminare i Malatesta, signori della Penna, tra le mura che furono del loro castello, sette pietre (ecco il numero sette che si incontra nuovamente) a volte levigate, altre martellinate, altre ancora sagomate dalle mani dell’uomo o della natura o della storia, si ergono misteriose, affiancandosi a una misurata distanza e compiendo un tragitto che può farsi traccia dell’anima.
Cinte da altre pietre che invitano esse stesse alla riflessione, riportandoci alla loro storia millenaria, il Santuario è posto sopra il giardino del poeta, di cui si può godere una magnifica vista d’insieme. Una panca permette la sosta, il silenzio totale lascia i pensieri liberi di migrare, le antiche muraglie appaiono come il grembo che li accoglie, ne deriva un incantamento che fa scaturire preghiere di ringraziamento.
Il rifugio delle madonne abbandonate
In uno stanzone sono raccolte le riproduzioni in terracotta delle tante raffigurazioni sacre che le cellette agli incroci delle strade nella Valmarecchia hanno perduto e ora rivivono grazie alla mano di molti ceramisti, in particolare faentini e imolesi. La mostra si evolve grazie alle continue donazioni di artisti locali e nazionali che, come i sindaci e assessori, hanno faticato molto a contenere la geniale vitalità del poeta-urbanista.
Pennabilli e dintorni
Il mosaico dei cento turismi in natura e di cultura da Rimini a Pennabilli
Turismi in natura
- Agriturismo
- Alpinismo, arrampicata sportiva
- Birdwatching
- Botanica, itinerari botanici, fotografia naturalistica
- Entomologia, campi scuola, vacanze per imparare, biblioteche
- Escursioni in bicicletta, mountain bike, piste ciclabili
- Micologia (specialisti), itinerari micologici
- Miniere e archeologia mineraria, geologia, paleontologia, itinerari nei mondi di pietra (per turisti e per specialisti)
- Osservazioni e fotografie subacquee
- Pesca sportiva
- Picnic, scoutismo, vacanze scolastiche e famigliari
- Speleologia (specialisti), itinerari speleologici guidati
- Sport d’acqua (escursioni in barca, vela, windsurf)
- Sport dell’aria (deltaplano, parapendio, aquilonismo)
- Sport di precisione (tiro a segno, tiro al piattello)
- Trekking a piedi, sentieri natura, passeggiate nel verde
- Turismo equestre
Turismi di cultura
- Archeologia (specialisti), itinerari archeologici (turisti)
- Artigianato e collezioni
- Concerti, musica, teatro, feste, balletto, danze, festival, eventi di costume, folklore
- Itinerari gastronomici
- Musei e beni storici, architettura, monumenti, castelli
- Strade romantiche
- Turismo religioso (luoghi sacri, convegni, monasteri, cattedrali)
- Visite a paesi fantasma, borghi abbandonati.
Mangiare e dormire bene da Rimini a Pennabilli
Nella Romagna capitale del turismo europeo c’è solo la difficoltà della scelta: si va dagli alberghi mitici come il Grand Hotel di Rimini ai ristoranti stellati (Da Guido a Miramare di Rimini o Il piastrino a Pennabilli alle tappa d’obbligo della Sangiovesa di Santarcangelo o alle suite suggestive come l’Hotel della Porta di Santarcangelo o il Duca da Montefeltro a Pennabilli, con soffitti affrescati o mobili disegnati da Tonino: schegge della sua architettura poetica le trovate persino in un campeggio in riva al Marecchia (Da Quinto, a Pennabilli), uno dei più belli d’Italia. Comunque in tutto il territorio sono presenti numerose attività ricettive, alberghi di ogni caratura, bed and breakfast e i migliori ristoranti dove pranzare e cenare con piatti tipici e non solo. La bussola per ognuno dei viaggiatori ha un nome e queste coordinate: IAT Rimini, sito web riminiturismo.it – telefono 0541 53399 – mail: info@riminireservation.it
Altri indirizzi utili sono le Pro Loco, da Santarcangelo (0541624270) a Pennabilli (0541.928659).
- I migliori ristoranti dove pranzare e cenare a Rimini e provincia.
- I migliori hotel a Rimini e provincia.
- Le migliori offerte per case vacanza a Rimini e provincia.
- Le migliori offerte di voli low cost per arrivare all’aeroporto più vicino (Bologna).
- Ristorante Da Guido. Lungomare Spadazzi, 12 47924 Miramare di Rimini (RN). Tel 0541.374612 / email info@ristoranteguido.it
- Ristorante Il Piastrino. Via Parco Begni, 47864 Pennabilli (RN). Tel (+39) 0541.928106 / email info@piastrino.it
- Ristorante La Sangiovesa. Piazza Beato Simone Balacchi 14, Santarcangelo di Romagna (RN). Tel 0541.620710 / email sangiovesa@sangiovesa.it
- Ristorante Antica Macelleria Venturi. Piazza Vittorio Emanuele II, 26 . tel. 0541.928528
- Osteria Enoteca Al Bel Fico. Piazza Vittorio Emanuele II, 24, tel. 0541.928810 / email info@ristorantealbelfico.it
- Ristorante Hotel Della Porta. Via A. Costa, 85, 47900 Santarcangelo di Romagna (RN). Tel 0541.622152 / email info@hoteldellaporta.com
- Ristorante Hotel Il Duca del Montefeltro. Via Aldo Moro, 12 – 47864 Pennabilli (Rn). Tel 0541.1613400 / email: info@hotelducamontefeltro.it
- Ristorante Camping Marecchia Da Quinto. Via Mulino Schieti, 22 – 47864 Ponte Messa di Pennabilli (RN). Tel Camping/Piscina 338.7545712, tel Ristorante 0541.928515 / email info@campingmarecchia.it
- Bed & Breakfast Casa Flora. Via al Prato 6, 47864 Pennabilli, contatto: Clelia Giannini, 334.3199410.
Da Rimini a Pennabilli – Cose da fare
Sette cose da fare da Rimini a Pennabilli: consigli d’autore (in questo caso di Manuela Cuoghi, docente di educazione artistica e romagnola d’adozione) per una sosta arricchente, per sentirsi parte di un luogo, per scoprire le luci della notte e il chiarore dell’alba. Fermarsi un po’, prima di ripartire.
- Sostate nel cimitero di Rimini, in piazzale Bartolani 1, dove c’è la tomba di Federico Fellini, Giulietta Masina (1921-1994) e del loro figlioletto Pierfederico (22-3-1945/2-4-1945). Il monumento è firmato dal noto artista Arnaldo Pomodoro;
- Fatevi accogliere dal silenzio della pieve bizantina di San Michele Arcangelo, risalente al VI secolo, situata alle porte di Santarcangelo. Dedicata a Maria Assunta, è la chiesa più antica del riminese ancora esistente.
- Riprendete il filo antico della storia del territorio visitando il Museo archeologico di Verucchio che raccoglie monili, arredi e corredi del popolo villanoviano qui insediato circa tremila anni fa. L’ombra del museo raggiunge un patriarca arboreo piantato da San Francesco in terra di Romagna (link a Giannella Channel).
- Liberate lo sguardo dalle finestre di Palazzo Serre, b&b immerso nel verde e nel silenzio della Valmarecchia, incontrando San Leo, l’antica pieve di Sant’Igne, Talamello, Montebello, il fiume Marecchia, verdi pendii e il cielo che si tinge di rosso all’alba e al tramonto.
- Scoprite il bello dei numeri nel Museo Mateureka, in un palazzo al centro di Pennabilli, che custodisce la memoria delle invenzioni e delle idee che hanno fatto grande la storia del calcolo e della matematica, facendovi guidare dal suo fondatore, il professor Renzo Baldoni.
- Fatevi aprire da Cristina il cancello di un giardino-quasi-orto nel borghetto medievale di Petrella Guidi, che ha prestato i colori alle tele dell’ammaliante artista bolognese Antonio Saliola.
- Bagnatevi nel Marecchia, d’estate, con acqua che profuma di bosco prima di una merenda, come faceva Tonino Guerra con focaccia, mortadella e anguria.
- Montefalco (Perugia) e i borghi ideali dell’Umbria;
- Valsinni (Matera), sulle tracce della poetessa Isabella Morra con i borghi ideali della Basilicata;
- Santo Stefano di Sessanio (L’Aquila), borgo recuperato e reso modello di attrattività turistica, commerciale e culturale;
- Volpedo (Alessandria), il borgo del pittore del Quarto Stato, Pellizza;
- Varese Ligure (La Spezia), comune pioniere sulla strada dell’eco-sostenibilità, con i borghi ideali della Liguria;
- Amalfi e la Costiera Amalfitana, con i borghi ideali della Campania;
- Orroli, il borgo nel cuore della Sardegna dove abbondano gli ultracentenari;
- Da Rimini a Pennabilli sulle tracce di Fellini e di Tonino Guerra: paesaggio con poeta;
- Nel Montefeltro marchigiano sulle orme di Pasquale Rotondi, salvatore dell’arte italiana;
- La Puglia Imperiale che stupì Federico II;
- Scicli, a tavola con il commissario Montalbano e Andrea Camilleri;
- A Barga e nella Valle del bello e del buono di Giovanni Pascoli;
- A Tropea i profumi del mare e della terra creano un gioiello della tavola: la cipolla rossa;
- Arpino, in Ciociaria, mette in campo Cicerone e i Grandi Spiriti;
- A Mel e nelle Dolomiti Bellunesi, rifugio del cronista Dino Buzzati;
- Nel futuro di Riccia ci sono le pantere grigie: qui sarà bello vivere (specie nella terza età);
- A Sappada, il borgo che accende la fantasia dei bambini;
- Da Cassinetta di Lugagnano si levò un urlo: “Terra! Terra!”
L’illustrazione di apertura, e qui a destra, è di Ro Marcenaro.