Tonino Guerra 100: stop agli eventi ma non ai ricordi: 13) il giorno in cui capii come nacque l’urlo in Amarcord “Voglio una donna!”

Caro Salvatore,
da anni mi interesso alla figura di Federico Fellini. Cerco nei suoi film i richiami alla sua infanzia riminese e, essendo suo concittadino, anche alla mia. Per il centenario della sua nascita avevo preparato una sua biografia “bambina”, fatta di personaggi e di luoghi che ancora mi sembra (o forse mi illudo) di vedere tutti giorni quando cammino per strada. Da tempo, tuttavia, mi accorgo che se si vuole davvero comprendere un lato consistente dell’arte felliniana, si deve studiare la poesia di Tonino Guerra.

Lo storico romagnolo Davide Bagnaresi (a destra) con Salvatore Giannella
all’ingresso della recente mostra riminese “Fellini 100”.

Premetto: non ho mai conosciuto Tonino personalmente, ma ho nitido il ricordo dell’ultima volta che lo vidi. Era il luglio del 2010, in piazza Maggiore, a Bologna. L’occasione era la presentazione di Amarcord e dei suoi retroscena. Quel film da Oscar l’avevo già visto decine di volte e già mi vantavo di conoscere ogni sua battuta a memoria, ma decisi comunque di fermarmi per carpire qualche segreto dalla voce di chi – silenziosamente – vi aveva dato la sua impronta indelebile.

All’epoca avevo il vizio di appuntare su un piccolo taccuino moleskine qualsiasi cosa mi stupisse o mi sarebbe servita per il futuro e in questi giorni di quartantena forzata causa coronavirus ho ritrovato la pagina di quel giorno. Ci sono appuntate tre sue citazioni:

Un romanzo, un film sono come un’orchestra: tutti gli elementi devono entrare nel momento giusto, quando accade è musica.
Bisogna fare di più della banale perfezione. Fare cose poetiche è anche sbagliare.
Non sempre occorre inventare, basta osservare ciò che ti è attorno. La Stampa di Torino, edizione pomeridiana, un giorno (24 aprile 1972) titola questa notizia in prima pagina: Pazzo sui tetti urla “Voglio una donna!”

 

 
 
Ecco che la scena dello zio Teo in Amarcord assume tutta un’altra poesia.
 

 
Quella sera ero con un amico veneto che maturava aspirazioni di romanziere. Gli proposi di venirmi a trovare a Rimini e di accompagnarlo a Pennabilli. Magari con un po’ di fortuna avremmo potuto incontrare Tonino per la strada e lui avrebbe potuto chiedergli consigli per l’opera che stava scrivendo.

Arrivammo trafelati, vuoi il caldo, vuoi la strada (da Rimini ci si impiega un’ora almeno), vuoi l’emozione.

Superando la porta che immette nell’Orto dei frutti dimenticati, nei pressi della piazza, ricordo l’antico lavatoio. Attorno ai muri, i dodici mesi dell’anno, rivisti – o meglio, riletti – dal poeta. Mi colpì il mio mese di nascita: “Agosto – col mare dentro gli occhi”.

Decidemmo allora di avvicinarci a casa sua e sulla destra, alla fine della salita, incontrammo una chiesetta sconsacrata. Lì vive un “Angelo con i baffi”, una poesia di Tonino che dialoga con un grande dittico di Luigi Poiaghi. Racconta di un angelo che non è capace di far niente… Geniale pensai. Il mio amico tentò goffamente di tradurmela nel suo dialetto, forse per farla più sua, forse per farmi ridere, forse per sentire come suona nella sua lingua.

I ricordi di quel pomeriggio sono ancora vivi. Lo cercammo per un paio d’ore, forse anche di più, ripercorrendo più volte le stesse stradine. Se fosse uscito di casa l’avremmo sicuramente incontrato. Ma poi? Se avessimo davvero incrociato il suo sguardo, l’avremmo davvero fermato? Il problema non si pose ma quel pomeriggio imparammo a osservare. E quella resta una delle poche domeniche che ricordo di quei miei 24 anni.

Davide Bagnaresi (Rimini, 1977). Da anni collabora con l’Università di Bologna. Insegna storia del turismo e ricerca saperi, mestieri e mode della spiaggia romagnola. È autore di saggi sulla sua città (Vivere a Rimini negli anni della Belle Époque, Panozzo) e di 11 storie dedicate a ebrei rifugiati a San Marino durante la Seconda guerra mondiale (La meravigliosa bugia, Giuntina). Da tempo, per conto dell’Università Pontificia Salesiana, sta seguendo le tracce del “primo” Federico Fellini, quello adolescente, di cui presto pubblicherà a breve la storia inedita. Assieme a Guido Benzi e Renato Butera ha curato il volume dal titolo Fellini e il Sacro (LAS, 2020): libro che contiene gli atti dell’omonimo convegno che, annullato causa emergenza COVID, verrà organizzato nel prossimo autunno tra Rimini e Roma (per info: davide.bagnaresi2@unibo.it)

A PROPOSITO/ Una mia intervista su “Sette-Corriere della Sera”, 23.3.2013

Da grande vuoi fare

lo sceneggiatore? Ecco

i consigli di Tonino

Tonino Guerra (a destra) con Salvatore Giannella.

Come lo storico Davide Bagnaresi, molti altri giovani capitavano a Pennabilli senza preannuncio e con la speranza di incontrare Tonino per le strade o nella piazza del piccolo borgo del Montefeltro. Un giorno mi capitò di incontrare all’esterno della Casa dei mandorli un ventenne arrivato dalla lontana Pavia con l’obiettivo di strappare a Tonino i segreti della professione che voleva intraprendere: quella di sceneggiatore. Tonino non potette riceverlo ma acconsentì a rispondere alle mie domande in modo da evitare che il ragazzo pavese avesse fatto un viaggio a vuoto. Riporto quel dialogo, convinto che quei consigli, fino ad allora inediti, possano essere utili anche a tanti altri aspiranti scrittori per il cinema e per la tv.

SALVATORE GIANNELLA: Tonino, quali sono le letture consigliate per un giovane aspirante sceneggiatore italiano?

TONINO GUERRA: Premesso che se rinascessi, difficilmente intraprenderei la carriera di sceneggiatore perché i tempi mi sembrano poco favorevoli, io troverei il modo di leggere regolarmente una rosa di giornali e prendere appunti. Ritaglierei gli avvenimenti importanti che mi hanno colpito o anche i casi strani e li incollerei in un quadernaccio. Ruberei idee da tutti i libri che si leggono, ruberei immagini e parole, e prenderei appunti da riversare quando si presenta l’occasione per un’esperienza. Per uscire dal generico, la scena di Amarcord in cui Ciccio Ingrassia sale su un albero e grida “Voglio una donna!” l’ho rubata a una pagina del quotidiano La Stampa di Torino: lì lessi che un paziente dell’ospedale psichiatrico di Torino s’era inerpicato su un terrazzo e aveva invocato a lungo una donna.

Quali luoghi da visitare consiglieresti?

Il paesaggio italiano è in generale logorroico, bisogna scoprire luoghi magici e nuovi, in genere nascosti specie nei parchi. Per un film bisogna non solo inventare la storia ma anche inventare dei luoghi che abbiano un grande impatto da fotografare o da riprendere. Ma il consiglio che voglio trasmettere ai giovani aspiranti sceneggiatori è che un bravo sceneggiatore deve prima di tutto essere un bravo scrittore, quindi deve tentare di pubblicare un libro, deve far vedere che è bravo nello ‘strutturare’ le storie, che è l’arte dello sceneggiatore. Da non dimenticare che lo sceneggiatore è al servizio del regista, non deve credere di essere un padreterno, quindi deve per prima cosa tentare di allacciare un’amicizia con un regista.

Quali film consigli di vedere (o di rivedere)?

Rivedrei quasi tutti i film del neorealismo. Poi vedrei molti film orientali, per dirne uno: Primavera estate autunno inverno e ancora primavera, di un regista coreano, Kim Ki Duk. Se vuole vedere qualcuno dei miei 120 lavori, suggerirei La notte di San Lorenzo, Prova d’orchestra, i film fatti con Theo Anghelopulos, E la nave va.

Persone da contattare e come?

Contatterei un regista anche giovane con cui lottare, un giovane che deve saper trasformare in immagini quello che tu hai in mente di scrivere.

Corsi validi consigliati?

Farei un corso di sceneggiatore per la tv, persino per un telegiornale. Un corso che ti insegni a raccogliere per la televisione lavori ottimisti per l’Italia e con questo progetto mi presenterei al direttore di una tv.

Opportunità estere?

Consiglierei di andare all’estero solo allo scrittore/sceneggiatore che poi vuole lavorare stabilmente all’estero, come è capitato felicemente ad alcuni giovani. Ma per uno che deve lavorare qui in Italia, il consiglio è d’obbligo. Restare in Italia, perché altrimenti deve anche impegnarsi molto per conoscere la lingua estera e le sue sfumature.

Da “Tonino Guerra 100: stop agli eventi ma non ai ricordi”:

  1. Edoardo Turci e l’infanzia del poeta. Uno storico locale di Sant’Angelo di Gatteo (da dove proveniva la madre di Tonino) rievoca i primi anni della grande firma del cinema in coincidenza con il centenario della sua nascita. È il primo dei contributi che leggerete su Giannella Channel. A seguire: un testo ritrovato di Sepulveda, al quale auguriamo una completa guarigione
  2. La scintilla poetica scoccata nel lager. La prigionia in Germania vede Tonino farsi Omero per i suoi compagni di sventura che con lui condividono il dialetto romagnolo. Per fortuna un medico ravennate, Gioacchino Strocchi, scriverà un diario dettagliato di quei giorni insieme, annotando i testi poetici che Antonio crea e recita ai compagni. Al ritorno in Romagna quei testi diventano un libro e la poesia resta in lui un nutrimento per l’anima
  3. Il giorno che disse grazie, dopo 66 anni, a un angelo di Verona. Nella Giornata della poesia, dieci anni fa, fui testimone di una storia degna di un film di Tonino e Fellini. Dalle fila di un teatro veronese si concretizzò a sorpresa la figura di una pasticcera che, a suo rischio, aveva portato dolciumi e sapone a Tonino prigioniero dei nazifascisti in quella città veneta, in attesa di essere trasferito via treno nel lager
  4. Il giorno in cui mi presentò Eliseo, il Socrate della Valmarecchia. Un noto fotoreporter accompagna il cantore della valle all’incontro con il saggio curatore di un orto. E le ore si riempirono di poesia e di ironia in questa quarta puntata del viaggio per il centenario di Tonino Guerra (testo e foto di Vittorio Giannella per Giannella Channel)
  5. Il giorno in cui accese il fuoco del teatro alle porte di Milano. Il fondatore e direttore di Emisfero Destro Teatro risponde al nostro appello rievocando il festival e l’incontro a Cassina de’ Pecchi che illuminò il futuro artistico suo e di tanti altri giovani di quel borgo lombardo
  6. Il giorno in cui donò, a me regista, la neve sul fuoco. Marco Tullio Giordana doveva girare, nel film “La domenica specialmente”, l’episodio più poetico, tra fascino della sensualità e tristezza della solitudine. Ma quel titolo era appesantito da un mattone. Un viaggio a Pennabilli e da Tonino nasce un’idea e un incontro con due donne straordinarie: Maddalena Fellini, sorella di Federico il Grande, e per il provino, Monica Bellucci
  7. Il giorno in cui mi ricordò che un paese ci vuole. Valentina Galli si stava laureando a Bologna e la tentazione di restare in città era forte. Ma l’incontro con Tonino le fece cambiare idea e ora insegna nella sua Valmarecchia
  8. Il giorno in cui il poeta si mise a dare i numeri. Il direttore del Museo del calcolo Renzo Baldoni rievoca l’inaugurazione delle stanze dedicate al far di conto. Con un rammarico: non aver potuto dirgli che le zone del cervello stimolate da un poeta o da un matematico, sono le stesse
  9. Il giorno in cui insegnò a noi tedeschi come rendere poetico il paesaggio. Roland Guenter, storico dell’arte da Eisenheim, racconta i festeggiamenti virtuali per il centenario nel parco creato sul Reno nel nome di Tonino e rievoca le lezioni di architettura poetica ricevute da lui e da altri studenti a Pennabilli, decisive per dare alla Ruhr un volto seducente per i turisti culturali
  10. Il giorno in cui mi parlò di Serafim, il santo che dava miele agli orsi. A Gianfranco Angelucci, scrittore e sceneggiatore amico di Fellini, il centenario del poeta del cinema che stiamo festeggiando sul blog, ispira un emozionante video e una lettera aperta a Tonino, con una inedita rivelazione spirituale
  11. Il giorno in cui mi regalò la sua gigantesca anima. Enrica, moglie di Michelangelo Antonioni, rievoca il primo e l’ultimo giorno in cui, tra rumori sapori e ricordi, incontrò il poeta del cinema
  12. Il giorno in cui giocò con la mia Gatta Danzante. Il pittore bolognese dei giardini Antonio Saliola, con rifugio creativo nella Valmarecchia, rievoca la favola di un pomeriggio in cui, sotto i suoi occhi stupiti, il suo felino fece le fusa al poeta del cinema, volteggiando come non mai. A seguire, un singolare documento: i pizzini di Tonino a Lora, sua signora, sulla legione di gatti in casa
  13. Il giorno in cui capii come nacque l’urlo in Amarcord “Voglio una donna!”. Lo storico romagnolo Davide Bagnaresi rievoca un incontro con Tonino Guerra in piazza a Bologna sui retroscena del film da Oscar e svela il ritaglio di cronaca che diede vita alla scena con Ciccio Ingrassia. A seguire, i consigli di Tonino per i bravi sceneggiatori
  14. Il giorno in cui assistetti all’incontro tra due grandi italiani: Tonino Guerra ed Enzo Biagi. Rita Giannini, biografa del poeta del cinema, rievoca l’inedito faccia a faccia nello studio in Galleria, a Milano, del popolare giornalista: due emiliani romagnoli, nati entrambi nel 1920, emozionati e liberi di raccontarsi a ruota libera
  15. Il giorno in cui fece cadere la pioggia sulla riviera bollente. Un grande giornalista romagnolo, Giancarlo Mazzuca, rievoca l’incontro a Cervia con il poeta solare fino al midollo che sapeva anche essere l’uomo della pioggia. A seguire: il regalo iridato di Tonino al fotoreporter Daniele Pellegrini
  16. Il giorno in cui conquistò il cuore di medici e infermieri. Il noto pediatra Italo Farnetani rievoca le parole con cui Tonino Guerra commosse 1.200 congressisti a Rimini, richiamando da poeta del cinema l’insegnamento di Ippocrate
  17. Il giorno in cui Sergio Zavoli lo salutò con parole eterne. Del grande giornalista appena scomparso ricordiamo lo speciale addio che diede a Tonino una primavera del 2012 a Santarcangelo

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