Gianni, grazie per il tempo della tua vita dedicato a custodire e creare bellezza

GRAZIE, GIANNI per aver portato avanti con tenacia ed efficiente praticità la conoscenza, lo sviluppo e la bellezza della nostra Pennabilli e della intera valle Marecchia;

grazie per aver ideato, mezzo secolo fa, la Mostra dell’Antiquariato che ha portato e porta nelle nostre strade antiquari e collezionisti da tutt’Italia;

grazie per aver intuito per primo che portare un poeta tra noi avrebbe significato portare anche ricchezza e sviluppo;

grazie per aver seminato, dando concretezza ai sogni di Tonino Guerra, tra le pietre e i mandorli della nostra terra i luoghi dell’anima, con tappeti di mosaico, alberi d’acqua, orti dei frutti dimenticati, musei con un quadro solo, quell’Angelo con i baffi dove qualcuno ama riconoscere tratti del tuo profilo;

grazie per aver creato giardini di roccia e aver contribuito a rilanciare il nome di Pennabilli e del Montefeltro fino al lontano Tibet;

grazie per aver riportato la vita nelle case di pietra abbandonate;

grazie per aver voluto miscelare la tradizione locale con quella di artisti provenienti da ogni parte del mondo;

grazie da tutti noi che abbiamo avuto la fortuna di conoscerti e di aver vissuto, con te, lo scambievole privilegio di volersi bene. La tua voglia di migliorare Pennabilli e la Valle, stagione dopo stagione, sarà l’impegno che ereditiamo;

grazie, Gianni, che hai aggiustato un mondo. E salutaci Tonino.

 
 

Salvatore Giannella con tutti gli amici
dell’Associazione culturale Tonino Guerra.

(qui e in apertura) Gianni Giannini (Pennabilli, 1936-2020).

Caro Gianni, nel giugno 1988 Tonino Guerra lascia Roma e la nativa Santarcangelo di Romagna e viene a vivere a Pennabilli, nella Casa dei mandorli. È l’inizio di una lunga, creativa collaborazione: Tonino, un vulcano di creatività e tu ad affiancarlo con la tua efficiente praticità e la minuziosa conoscenza della Valmarecchia. Che cosa gli mostravi? E come nascevano le idee di Tonino per trasformare in meglio il volto di quella terra?

“Agli inizi dei nostri viaggi lui cercava i piccoli cimiteri di montagna, spesso abbandonati, e amava ricostruire le storie delle vite legate ai nomi incisi sulle croci in ferro (forse questa curiosità singolare era dovuta al fatto che lui era uscito da poco da un intervento chirurgico al cervello e aveva consapevolezza della morte, che però arriverà molti anni dopo). Su tutti, gli erano rimasti impressi il camposanto sulla montagna di Maioletto, che si spaccò in due e franò dopo una settimana di piogge uccidendo nel sonno il conte e i suoi cortigiani reduci da una notte di baldorie, nudi. L’altro cimitero memorabile è quello di Gattara, frazione montana di Casteldelci, in cui è sepolto un vescovo di Urbino con il padre e la madre perché la famiglia era nata lì. E anche quello sulla punta estrema di San Giovanni in Galilea, 53 abitanti, di epoca medievale, posto su un’altura di 447 metri sul livello del mare, dominante la dorsale che unisce la valle dell’Uso e quella del Rubicone. Il punto più panoramico all’arrivo in paese è il cimitero, che Tonino cantò nei suoi versi, descrivendolo come un “tappeto volante sul Montefeltro”.

Durante i viaggi, versavo nella sua mente tutto ciò che avevo assimilato nel tempo su territorio e umanità del Montefeltro: motti, proverbi, tutto ciò che abitava nella memoria della gente anziana di qui. Un impegno che avevo già portato a termine negli anni Settanta quando avevo fatto una relazione di questi temi al preside della scuola media, il sacerdote don Armando Fabbri. Questa ricerca aveva acceso in me l’interesse per l’antiquariato e nasce da lì la mostra estiva che con gli anni ha acquistato notorietà nazionale.

Gli facevo vedere i mulini, i ruderi dei castelli, le chiese romaniche, le sorgenti del fiume e dei torrenti, le case di campagna: prima di entrare in quelle case, dicevamo ”accarezziamo la porta, ci dà energia”, ma soprattutto la soglia, lì sopra tutti ci hanno camminato, quanti anni ha questa casa? 500 anni. Ha accolto tanta gente e ci interrogavamo su come questa gente aveva vissuto, le feste, le nascite, le morti… Nascono così i “luoghi dell’anima”, come l’Orto dei frutti dimenticati (1990: vedi la videorecensione su Giannella Channel), un giardino dove nel sapore di quei frutti ritrovi il passato. Nasce così il nostro impegno anche per il Parco regionale del Sasso di Simone e Simoncello, che comprende il monte Carpegna, il Fumaiolo, l’Alpe della Luna e il Marecchia: cioè un mare di alberi (la cerreta è la più grande d’Europa) e tanta acqua pura, la fonte della vita per tutti noi.

Pennabilli, 1988: il presidente del Senato Giovanni Spadolini inaugura la Mostra dell’Antiquariato. Quest’anno la Mostra ha festeggiato i suoi primi cinquant’anni di attività.

Erano quelli che Tonino chiamava “i lunghi viaggi vicino casa” per incontrare l’infanzia del mondo.

Esatto. Su questi posti minimi, il suo pane per vivere, Tonino elaborava progetti e scriveva articoli puntando il dito contro l’uomo che, in nome del profitto, distrugge le montagne, rovina il fiume, impedisce ai posteri di godere della bellezza del territorio.

Pennabilli e la strada che porta da Rimini fino alle sorgenti del Marecchia è diventata, per Tonino, un libro aperto di spettacolo di una bellezza incredibile (le varie tappe dell’itinerario, vivificate da film come Il frullo del passero, da mostre, eventi e concerti periodici, le trovate a questo link).

E di progetti ne ha portati a termine, giorno dopo giorno, mentre altri suggerimenti per abbellire un paese, una città, un paesaggio sono rimasti nella sua mente, stampati in un ormai introvabile libro della Provincia di Rimini (I progetti sospesi, urge ristampa) o in appunti che ho conservato nel mio archivio, come il Centro cinematografico europeo. Abbiamo avuto l’aiuto di tanti altri cittadini attivi della valle: per esempio, nella vicina Sant’Agata Feltria c’era un personaggio colto molto legato a Tonino, Benny Faeti, salvatore del piccolo borgo del Sole e della Luna, con il quale abbiamo organizzato eventi e feste memorabili.

Il libro I progetti sospesi di Tonino Guerra edito dalla Provincia di Rimini. È prevista a breve una ristampa. Per avere un’idea dei progetti, ho scelto il Progetto Sospeso n° 30: Ogni comune può creare con pochi soldi un Museo Sospeso. Gli artisti sono invitati a lasciare almeno cinque quadri al Museo. Se si vendono, i soldi vanno al pittore il quale deve subito sostituirli. Così il paese continua ad avere una sua esposizione di opere e aiuta gli artisti nelle vendite”.

Il luogo in cui amavate mangiare e cosa mangiavate?

Tonino sull’arte culinaria era una persona saggia. I suoi punti di riferimento erano la trattoria Peppa (sui cui muri Tonino ha messo una targa in ricordo dei sapori e dei saperi di quella anziana ostessa) e il Piastrino, piatti d’autore serviti tra pareti di pietra e arredi eleganti in una ex casa di campagna all’interno di un parco. Nel Piastrino hanno messo a punto anche il piatto preferito di Tonino, quello delle tre porzioni: le tagliatelle, i nostri tortelli, gli strozzapreti e soprattutto un condimento fatto di verdure come i peperoni. Qualche volta salivamo alla Giardiniera, a Casteldelci, specialmente d’autunno quando le pappardelle con il sugo di cinghiale e come secondo e unico piatto fatto con i pezzi della carne del sugo e una bottiglia di Chianti faceva esclamare un Tonino soddisfatto: “Oggi sono stato proprio bene”.

Pennabilli comincia a cambiare, raccontaci un po’ come.

Il turismo è aumentato nel nostro borgo e in tutta la valle, abbiamo tante persone che hanno investito comprando casa, le case sono state valutate 3 o 4 volte di più rispetto agli anni ‘70 o ’80. Ma io pensavo che Pennabilli dovesse diventare un laboratorio per corsi di restauro, di pittura, di scultura in vigore tutto l’anno: una méta del turismo culturale stagione dopo stagione. Comunque dalla riviera e da Roma e Milano ma anche da tutta Europa sono arrivati tanti protagonisti della società moderna. Penso al regista greco Teo Anghelopoulos, cinque suoi film sono nati qui a Pennabilli. Io lo andavo a prenderlo all’aeroporto di Bologna o a Rimini e lo riportavo indietro. In un’intervista un giornalista francese a Cannes chiese a Teo: “Perché lei è tanto innamorato dell’Italia? Lei è un uomo di alta cultura greca e il cinema lo ha appreso a Parigi”. Lui rispose così: “Sarà perché quando io vado da Tonino Guerra a Pennabilli, in qualunque momento della riflessione su un film, al mattino andavamo alle 10.30 al caffè della Nina e si decideva se avevamo finito il film e basta o avevamo ancora eventualmente uno spazio di tempo per aggiungere qualcosa, migliorando il risultato finale”.

Ma ce ne sono parecchie di vip che sono venute qua. Franco Rosi è venuto più volte, un giorno è arrivato accompagnato da Catherine Deneuve per il Festival di San Marino… bravo bravo bravo. È venuto anche quando è morto Tonino ed è stato qui, in alto nel prato, per tutto il pomeriggio dei funerali fino alla sera.

Pennabilli, settembre 1991: Gianni Giannini (a destra) con Federico Fellini (al centro) e Tonino Guerra (a sinistra).

Mi ricordo, siamo stati seduti accanto a lui sotto l’ombra di un albero, a parlare del futuro del cinema italiano che stava perdendo i suoi padri nobili.

Quando parlavano, Rosi e Tonino tiravano fuori le storie di vita fatte insieme, recuperando la loro memoria. Un giorno ho ascoltato su come far vedere una scena di guerra, e Tonino cominciò a parlare di un grande tuono sopra un melo e dall’albero cadono tutte le mele: sono le bombe, era il suo modo di esprimere la violenza della guerra. Altri ricordi belli riguardano gli arrivi di Giuseppe Tornatore, reduce dal trionfo di Nuovo cinema Paradiso, e di Michelangelo Antonioni, del quale ho goduto anch’io l’amicizia.

Wim Venders è venuto più volte a Pennabilli anche per i festeggiamenti del 75° anno fatti a Tonino nel 1995, organizzati da me in tempi così stretti da rischiare l’improvvisazione. Lui per l’occasione s’era regalato un viaggio a Parigi con Lora, ma prima di partire gli dico: “Tonino, facciamo la festa, voglio fare la festa”. E lui: ”Va bene, facciamo la festa” e mentre era via organizzo la festa che è totalmente mia come impostazione. Prendo Tonino nei suoi quattro aspetti: cinema, poesia, teatro e narrativa. Allora chiamo Salvatore Giannella che ha fatto il conduttore di tutta la serata (Salvatore ha conosciuto bene Tonino, spesso è venuto insieme a noi due e siamo riusciti a fare tantissime cose per tutta la comunità montana del Montefeltro, pensa alla valorizzazione dell’Arca dell’Arte e del Premio Rotondi a Sassocorvaro, Carpegna e Urbino): quella sera c’erano Rosi e Luca Cesari, Gerardo Filiberto Dasi, il fondatore del Centro studi Pio Manzù. C’era la direttrice del Piccolo Teatro di Milano, c’era Sergio Zavoli, che scrisse un articolo bellissimo in cui parlava di me ‘Gianni ha preso una porta e sopra la porta ha messo una torta infinitamente grande per festeggiare Tonino’…. Ho avuto tanti amici e questi amici mi hanno indicato la strada da fare.

Fellini è venuto una volta sola, era venuto a Pennabilli da giovane quando non era ancora famoso, poi per trovare Tonino. L’incontro è stato in piazza, poi siamo andati a casa di Tonino ei io gli ho dato il braccio perché camminava con difficoltà. E poi premi Nobel come Dario Fo e famosi cantanti (penso a Celentano e Dalla), grandi pittori come Jean-Michel Folon e critici d’arte come Vittorio Sgarbi, docenti universitari come Gastone Mosci, delfino di Valerio Volpini (l’ex direttore, dal 1978 al 1984, de L’Osservatore Romano, il quotidiano del Vaticano) o cronisti della Rai come Nevio Casadio. Intelligenze brillanti, che si alimentavano a vicenda, anche se dopo gli incontri speciali Tonino ricorreva alla sapienza degli umili per raccogliere emozioni e conoscenze particolari. In un borghetto, Pozzale, c’era una donna che viveva da sola in una zona isolata e Tonino le fa: “Ma chi ti fa compagnia quassù in alto?” E lei: “Il vento e la televisione”. O il vecchio saggio Eliseo a Ranco: “Tonino, ricordati che la solitudine tiene compagnia”.

Pennabilli, 15 giugno 1994: il Dalai Lama con Tonino Guerra e Gianni Giannini nell’Orto dei frutti dimenticati.

Sotto i portici di una casa del centro storico c’è il disegno col palazzo del Tibet e i castelli di Pennabilli, in ricordo di una visita storica: quella del Dalai Lama.

È stato Claudio Cardelli, responsabile dei tibetani in Italia, a favorire la venuta della massima autorità religiosa del Tibet, di quel paese dove era andato missionario il cappuccino padre Francesco Orazio Olivieri della Penna (1680-1745), dalla vita avventurosa di Lama dalla testa bianca ricostruita dallo storico locale Elio Marini. È stata una giornata che ha messo a dura prova la nostra capacità organizzativa. La mattina del 15 giugno 1994 Sua Santità Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama, ha visitato la nostra città, in occasione del 250° anniversario della morte di Padre Orazio che visse a Lhasa dal 1716 al 1732 e dal 1741 al 1745. Dopo una cerimonia di benvenuto nella piazza centrale, mentre dalle finestre del centro storico scendeva una pioggia di petali colorati, il Dalai Lama ha scoperto una lapide sulla facciata della casa natale del frate cappuccino. Ha visitato poi una mostra documentaria sull’opera di Padre Olivieri in Tibet e messo a dimora un gelso nell’Orto dei frutti dimenticati. Centinaia di persone raccolte in piazza hanno ascoltato commosse le sue parole (qui il testo integrale) e un applauso fragoroso ha salutato i rintocchi della campana di Padre Orazio registrati in Tibet. È stato un grande trionfo, rallegrato anche dal movimentato contrattempo dello smarrimento della chiave della città da consegnargli.

Gianni Giannini come signore rinascimentale nell’interpretazione
del nipote Gregorio.

Gianni parrucchiere e Gianni co-inventore di luoghi poetici. Come riuscivi a mettere insieme queste due anime?

Con Tonino, ripeterò sempre, non cercavamo delle grandi cose: lui parlava, e continua a parlarci con i suoi libri e film, dell’infanzia del mondo, delle cose più semplici, non banali, le cose che ti creano la possibilità di capire meglio come va l’umanità. Gli ultimi due o tre anni di vita, prima che lo colpisse il dardo della morte in quel triste 21 marzo 2012, giornata internazionale della poesia, una scomparsa che ha fatto sentire il suo rimbombo fin nella terra di Hollywood con la Barbra Streisand che ha cantato sul palcoscenico The way we were. Tonino insisteva dicendo che le persone umili sono le persone più colte. Una volta su Rai Uno ha spiegato “che, partendo dalla riviera, più sali in alto lungo le strade bianche della valle, più cultura trovi nella Valmarecchia”: non si riferiva a me, ma in generale a quei piccoli, grandi uomini e donne che agli osservatori superficiali possono sembrare persone qualsiasi e che sono invece la base della società, le colonne portanti della cattedrale della civiltà. Ricordiamoci di dire loro grazie nelle loro orecchie, quando sono in piedi. Grazie per tutto, caro Gianni.

* Valentina Galli (1987) vive a Pennabilli. Laureata in lettere e filosofia presso Alma Mater Studiorum Università di Bologna, dopo aver conseguito il master in Gestione delle Risorse Umane alla Bologna Business School ha lavorato in Regione Emilia-Romagna e con l’Associazione Tonino Guerra ed ora è docente presso l’Istituto comprensivo “Ponte sul Marecchia” di Verucchio.
Salvatore Giannella, giornalista che ha ideato e cura con passione questo blog che vuole essere una bussola verso nuovi orizzonti per il futuro, ha diretto il mensile scientifico del Gruppo L’Espresso Genius, il settimanale L’Europeo, il primo mensile di natura e civiltà Airone (1986-1994), BBC History Italia e ha curato le pagine di cultura e scienza del settimanale Oggi (2000-2007). Ha scritto libri (“Un’Italia da salvare”, “L’Arca dell’arte”, “I Nicola”, “Voglia di cambiare”, “Operazione Salvataggio: gli eroi sconosciuti che hanno salvato l’arte dalle guerre”, “Guida ai paesi dipinti di Lombardia”, “In viaggio con i maestri. Come 68 personaggi hanno guidato i grandi del nostro tempo” e, a quattro mani con Maria Rita Parsi, “Manifesto contro il potere distruttivo”, Chiarelettere, 2019), curato volumi di Tonino Guerra ed Enzo Biagi e sceneggiato docu-film per il programma Rai “La storia siamo noi” (clicca qui per approfondire).

Dalla stessa collana:

  1. Gianni Giannini: in una vita il profumo poetico di un borgo e di una valle
  2. Gianni, raccontaci di quando, bambino, finisti sfollato dal Montefeltro ghiacciato dal mostro della guerra
  3. Gianni scopre la valle più bella d’Italia e diventa un amante dell’estetica
  4. Gianni, insegnaci come si seduce una donna e un poeta
  5. Gianni, grazie per il tempo della tua vita dedicato a custodire e creare bellezza

Leggi anche:

A PROPOSITO

Anche lo storico riconosce:

“Sei stato la guida ideale

e reale della Valmarecchia

lettera aperta di Vittorio Lombardi

Nel 2016, in occasione del suo 80° compleanno, il Comune di Pennabilli gli aveva reso onore con una cerimonia speciale, assegnandogli la cittadinanza onoraria. Per quell’evento lo storico del Montefeltro, Vittorio Lombardi, gli aveva indirizzato una lettera aperta sul filo della cultura, dell’amicizia e dei ricordi. Eccola.

Caro Gianni,

non potendo essere presente di persona al conferimento della tua “Cittadinanza Onoraria di Pennabilli”, dopo ottant’anni di cittadinanza semplice, invio a Te e agli amici questi ricordi scritti sul filo della memoria, che si possono intitolare “De Amicitia”. Il loro filo conduttore è la “Cultura”, ma con una vena di simpatia. Serviranno a Te per ricordare, e agli amici per far scoprire loro, uno dei tanti lati della Tua personalità.

Nel 1970, quando ero Presidente della Società di studi storici per il Montefeltro, mi parlasti del tuo progetto di dar vita a una “Mostra dell’Antiquariato”, temendo forse qualche nostra riserva. Era il tempo in cui si saccheggiavano le chiese abbandonate. Ti dissi che non avevo niente in contrario, perché gli antiquari (di allora) comunque ‘salvavano’ quegli oggetti destinati a sparire. Avrebbero contribuito alla sensibilizzazione dei cittadini alla bellezza, e del clero al dovere di conservazione. E, prima o poi, sarebbero finiti in qualche museo.

Nacque così la nostra amicizia, e per i miei studi Tu fosti la guida ideale e reale della Valmarecchia. Fra le tante escursioni ne ricordo alcune. La isolata chiesetta romanica delle Ville di Fragheto stava andando in rovina. C’era una grossa pietra scolpita rotolata nel campo. La caricasti sulle spalle fino alla macchina: sembravi San Cristoforo, patrono di Pennabilli. Da allora è nel Museo Diocesano.

Tutti i percorsi erano mirati alla ricerca, archeologica o medievale, e talora anche gastronomica. Un giorno mi facesti una proposta: “Giochiamo insieme al Totocalcio. Se vinciamo, diamo tutto alle nostre mogli (proprio così, cara Silvana) e noi ci ritiriamo in un monastero in mezzo ai libri e alla natura”.

Gianni Giannini con Silvana, la sua sposa dal 22 febbraio 1960.

Un’altra volta andammo a scoprire lo sperduto Palazzo dei Monaci di Badia Tedalda. C’erano con noi Tonino Guerra e Benny Faeti che perdeva i mocassini sull’impervio sentiero bagnato: una vera e propria odissea per un bolognese, abituato al Pavaglione.

L’aneddoto del prof. Campana che abbraccia la campana sul dirupo della chiesa di S. Maria di Sasseto, per leggere con le dita l’iscrizione gotica incisa dietro è stata già narrata da Tonino Guerra. Lui non c’era, ma io sì. Quello che nessuno sa è che la sera tardi, quando tornammo a Santarcangelo, la moglie (la signora Rosetta) stava in pensiero e ci aspettava con la scopa in mano. Salutammo in fretta, prima che ci corresse dietro.

Ma facemmo tante altre escursioni, anche con il compianto amico Otello Giovanetti: alla bocca del Cannaiolo, al Lago delle Brume, alla Fonte della Prena. Quella più drammatica fu alla scoperta della “strada romana” in mezzo a uno sterminato bosco fra Bascio e Ponte Presale. Trovammo un tratto che sembrava lastricato. Nello scansare un cespuglio ho sentito una puntura a un dito, che divenne subito tutto nero. Mi dicesti che era solo un foro e non due da vipera. Ma la paura ci fece correre comunque fino alle lontane case di S. Lorenzo. Qui, una donna al lavatoio ci rassicurò: “Non è niente, è solo uno di quei maledetti spini brugnoli!”.

Da allora, per augurarmi fortuna, ogni anno –qualche giorno prima di Natale – arrivavi di sera a casa mia con un cespo di vischio e un dolce tipico della vecchia Penna. Inutile ogni nostro invito a cena: “Devo correre a Fano a portare quest’altro a Valerio Volpini”.

Caro Gianni, non ti arrampicare più sulla cima delle querce a staccare il vischio, ma almeno idealmente – magari via E-mail – mandami ancora il Tuo vischio augurale. Luciana e io ne abbiamo bisogno.

Un abbraccio fraterno dal coetaneo

Vittorio Lombardi