Due pittori in viaggio lungo il Po: De Pisis, con le parole e in bici, Nino Vincenzi con i suoi pennelli

Filippo De Pisis, “Autoritratto”

Cercherete invano in libreria questa pregevole edizione ad arte che mi viene preannunciata. Sì, perché la casa editrice “Il Ponte del Sale”, associazione no profit di Rovigo per la diffusione della poesia diretta da Marco Munaro, stampa sole 120 copie di questa “Andata e ritorno”, raro brano di un viaggio in bicicletta di Filippo De Pisis da Ferrara a Rovigo, avvenuto nel 1917, con le parole del grande artista ferrarese accompagnate da dodici immagini (inedite e realizzate appositamente per questa edizione) di un artista contemporaneo che del più grande fiume italiano ha fatto la principale fonte della sua ispirazione (il ritratto di Vincenzi, con incluso il contatto, è qui).

Le 120 copie, pronte per Natale, saranno distribuite a coloro che sottoscriveranno la quota di socio 2017 dell’associazione (Il Ponte del Sale, via Orti 32 – 45100 Rovigo, e-mail: ilpontedelsale@libero.it, c.c.p. n. 43663780, costo 70 euro, che vale anche come una sorta di abbonamento per i libri che usciranno nel 2017, sei libri di poesia contemporanea italiana e straniera realizzati con ogni cura editoriale).

All’epoca del suo viaggio De Pisis ha 21 anni e non è ancora diventato una delle figure più interessanti della pittura italiana del Novecento grazie ai suoi dipinti soprattutto di paesaggi, nature morte, interni, ritratti. Di antica famiglia ferrarese, Filippo aveva ricevuto un’educazione raffinata ed elegante. Da adolescente aveva scritto poesia, per poi dedicarsi alla pittura sotto la guida del maestro Odoardo Domenichini. Nella sua Ferrara aveva incontrato nel 1915 De Chirico e il fratello Alberto Savinio, giunti nella città emiliana per il servizio militare, un anno dopo aveva cominciato a dipingere, nel 1917 aveva aggiunto alle sue amicizia anche Carlo Carrà mentre appaiono le sue prime opere che risentono del clima della pittura “metafisica”, con un colore ricco, elegante, con un taglio meditato, quasi quattrocentesco (Paesaggio, 1917, Milano, raccolta Mazzotta). E proprio in quell’anno, prima che la pittura lo porti a vivere una vita avventurosa in varie città italiane ed europee, che De Pisis si mette in viaggio sulle due ruote da Ferrara a Rovigo attraverso il Polesine. Sarà ripreso poi da Sandro Zanotto in Il mondo popolare del Polesine, in Polesine, di Giuseppe Marchiori, con fotografie di Gianni Berengo Gardin, Alfieri, Edizioni d’Arte, Venezia 1971). Ecco il poetico incipit.

Una delle dodici illustrazioni di Nino Vincenzi dedicate al tema del viaggio in bicicletta raccontato da Filippo De Pisis (1917). La serie completa nella gallery a fine articolo.

 
Ecco appena di là dal Po, quel campanile a torretta con il piccolo porticato (risplendono al sole limpido le pilastrate chiare sugli archi neri!) e i poggioli tutt’attorno e l’altana di sopra, mi dice che sono nel Veneto e me lo fa sentire più di quello che a una brava personale le piramidi indicassero l’Egitto. Campaniletto bianchissimo di una chiesa o di un oratorio che non si vede spuntato ad un tratto nel cielo d’ametista di là dall’argine fra la prima frescura della boscaglia.

Un gran tratto della strada si fa rasentando il Po largo con vorticilli fra la corrente e i gorghi, brillante in tante squame d’argento vivo per chi guardi la superficie dell’acqua contro il sole. La fresca è varia, fa pensare ai gran paesaggi ristoratori e sereni dei fiamminghi.

Nelle boscaglie fitte ora si cela la lepre e la beccaccia, il beccaccino e la starna. Sono battute anche dai tartuffari. Fatte di salici con grossi tronchi ma seppelliti fin quasi al colletto del castello dalla fanghiglia e dalla terra che s’alza e sotto erbe verdissime, corniole, more, acacie, tamerici e… canna. Pioppi affilati giallissimi, boscaglie quasi nude, tutte fuse in una tinta unica, eroiche, se lontane, compatte, specchiantisi sulle rive!

Di là da Polesella, a destra della strada, una villa tranquilla, dimora deliziosa di chi la pensa passando e di chi non può averla, i muri del tempietto ora serra, con gli obelischi e le palle di marmo annerito, sono coperti di vite matta gialla e rosea, con le foglie che cadono ad ogni istante: io ricordo esattamente che quella pianta si chiama Ampelopsis quinquaefolia. I viali sono vellutati di borracina, attorno è un groviglio di alberi e di arbusti.

Un grande albero à le foglie, ancor verdi, tutte piegate verticalmente sul picciolo e con le punte pendule a scolar le gocce come in lambicchi.
Davanti alla villa la boaria: all’entrata due grandi pioppi americani verde-argento stormenti col cartello di legno del “Divieto di caccia e di pesca” e poi il laghetto nero lustro, con i salici vecchi con l’acqua fino al colletto, e le specchiature improvvise.

Più avanti, passando su un ponticino di legno, verniciato di verde tenero, dove la strada si restringe, si sente come un dolce stormire di fronde verdi fitte, ma con gran foglie o come un forte sussurrare di passeri. È l’acqua che, per un tratto bassissima, scorre sui sassi in pendenza e poi precipita in un salto, per poi allargarsi limpida e piana fra la sabbia e il verde delle rive. Le ondulazioni caratteristiche della sabbia umida mi fan pensare al mare, le mattine di secca. L’argine di cemento è arido e bianco come di creta.

Rumore dolce quello dell’acqua, pieno di frescura, rigeneratore e apportatore di ignota gioia per chi si ferma ad ascoltarlo, percorsa la lunga via un pomeriggio come questo di vera estate di S. Martino.

A un certo tratto sul Po ci sono certe casette scure, piccole arche di Noè, col tetto globoso, con certe croci nere e irregolari e verso la strada queste scritte: ‘Dio ti salvi Maria Luigia’ ‘Dio ti salvi’.

Fra le due casine, una gran rota a scaletta brontola e fa piovere dalle varie bocche acqua diaccia e argentea. Un carro si ferma sulla strada pieno di sacchi: un uomo se ne carica, aiutato da altri, uno sulle spalle e vacillando scende giù per la scaletta di tufo fatta sull’argine e va fin giù a posare il suo sacco su una barca nera: un’altr’uomo, abbronzito, con un maglione, attende sulla porticina della piccola arca di Noè.

Una barchetta, fra le lame d’argento solca la corrente nel largo laggiù, e si vede l’omino che agita le braccia nell’atto di vogare ogni tanto.

Vita laboriosa e triste: tutto per il pane!

Sant’Antoni dal campanin

chi àn ghe pan, chi àn ghe vin

chi àn ghe legna da brusar

ma Sant’Antoni cum oia da far?

E poi ad un tratto, di qua e di là del Po spuntano di sopra all’argine o spersi in mezzo alla gran pianura, bianchi o rosei affusolati o più tozzi, i campanili. Ecco, al di là del fiume, dopo il ponte di barche, e il bosco fulvo, Rovigo con le sue vecchie case…

Filippo De Pisis

A PROPOSITO

DODICI BUSTE PER DODICI ATMOSFERE DEL PO CHE HA LASCIATO SEGNI SU DI NOI

Abbiamo chiesto a Nino Vincenzi di raccontarci come nascono i dodici dipinti che corredano l’edizione d’arte “Andata e ritorno”. Queste le sue parole.

Carissimi Salvatore e Manuela, tempo fa, in occasione della piena del Po stavo percorrendo l’argine per recarmi a Ferrara quando mi è sembrato di vedervi proprio lì davanti all’isola. Non ho potuto fermarmi. Avevo fretta e parecchi impegni. So quanto caro sia, soprattutto a Manuela, questo punto del fiume all’altezza di Castelmassa. Sali la gradinata e ti trovi davanti l’isola. Selvaggia e primitiva. Un’isola spontanea dove nulla è stato voluto dall’umano. E comunque questo fiume, questo nostro grande fiume ha lasciato parecchi segni in noi e in tutti i rivieraschi. Ho pensato di scrivervi qualcosa, raccontarvi alcune mie riflessioni sul Po dato che le vostre visite qui a Castelmassa sono sempre fugaci.

Di passaggio, avete trovato pochi istanti per una passeggiata, ma se abitaste qui lo potreste vedere nei suoi diversi momenti. La piena è stata per voi una occasione per salire le rampe e vederlo nella sua potenza ma Manuela ricorderà tante altre occasioni di stupore. Anche lei però se ne è andata da qui troppo presto e qualche atmosfera del fiume ha potuto ritrovarla negli sporadici ritorni. Ho pensato, per questo, di inviarvi alcune mie lettere sul Po. Figurate naturalmente. Le buste contengono accadimenti sul fiume in occasioni diverse. e le buste si sono prestate a dar forma alle rampe e a tentare di contenerlo. Ho rappresentato aspetti fantasiosi con tocchi metafisici. Tutte le figure umane sono nude come a vestirsi del fiume: le mongolfiere – notturno romantico – la bettolina – gli amanti – arriva la piena, si fugge – l’aquilone – la pioggia – passeggiato con cane – guardando l’isola – appena in tempo – voli di carta – la piena travolge. Dodici buste per dodici atmosfere. Spero vi facciano tornare con più tempo e con spirito contemplativo.

Un abbraccio, Nino.

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Dalla collana “Incontri ad Arte”: