Indipendenza della Confederazione e Lettera di Faenza: la Riviera in festa per la Svizzera che nacque in Romagna



 

Affresco sulle pareti del municipio di Schwytz che ricorda la consegna della Lettera di Faenza da parte dell’imperatore Federico II.

La notizia

Alteo Dolcini (Forlimpopoli 1923 – Faenza 1999) è stato un funzionario della Pubblica Amministrazione, giornalista e scrittore. Alle sue intuizioni si devono la costituzione dell’Ente Tutela Vini di Romagna, del Tribunato di Romagna, della Società del Passatore e la creazione della Cà de Bé di Bertinoro, alla quale seguirono la Cà de Ven di Ravenna e la Cà de Sanzvés di Predappio. Fondatore della rivista Mercuriale Romagnola, è stato autore di 27 libri che hanno come filo conduttore la Romagna. Ideatore della 100 km del Passatore, ha promosso la nascita dell’Ente Ceramica Faenza. Peccato che, per miopia di amministratori faentini, anni fa non sia andato in porto un progetto internazionale tra l’Ente Ceramica, Airone e l’Unesco. In tutte le iniziative da lui ideate e realizzate ha sempre applicato il motto fondante della Società del Passatore: “Sol da dé, gnit da dmandé”: Solo dare, nulla chiedere.

La Svizzera è nata in Romagna, come prova una storica Lettera di Faenza, riportata alla luce da Alteo Dolcini, compianto scrittore che fino all’ultimo dei suoi giorni ha operato per riscoprire, valorizzare e promuovere il patrimonio culturale ed economico romagnolo. Per questo motivo sabato 1° agosto la Riviera ha celebrato la festa nazionale della vicina Confederazione, coincidente con la ricorrenza dei 700 anni dalla battaglia di Morgarten, evento che sancì l’indipendenza della nazione elvetica. E ai 75 nuclei familiari svizzeri turisti in questo tratto di Riviera è stato donato il libro di Dolcini con i particolari della sua avvincente teoria storica, per iniziativa dell’Associazione Alteo Dolcini, dell’APT Emilia-Romagna e dei Grand Hotel di Rimini e di Cesenatico e del Palace Hotel di Milano Marittima (i tre cinque stelle della famiglia dell’imprenditore Tonino Batani, che mosse i suoi primi passi proprio in Svizzera).

I particolari

Il libro, ripescato da Andrea Dolcini, figlio di Alteo, narra un evento storicamente accertato e documentato. Come un tappeto volante, porta il lettore in un viaggio nel tempo. Siamo nell’estate 1240 e l’imperatore Federico II di Svevia (sì, proprio lui: il puer Apuliae e lo stupor mundi di Castel del Monte, quello della passione per i poeti e per la cultura e del tentativo di dialogo con i mussulmani) è sceso in Italia con 60 mila uomini per affermare la sua potenza e ricevere legittimazione dal papa Gregorio IX, oltre che per ritagliarsi un frammento d’impero anche al Sud. Tante città gli hanno ceduto, ma nell’assedio a Faenza lo svevo si trova in difficoltà: il migliaio di faentini “attivi”, sui circa ventimila della popolazione totale, sono tenaci e non si arrendono, l’assedio si prolunga in condizioni durissime per tutti.

La Lettera di Faenza come appare sulla copertina del libro di Alteo Dolcini “La Svizzera è nata in Romagna”, Stefano Casanova editore.

I mercenari protestano: vogliono essere pagati, o torneranno a casa, oltralpe, e l’imperatore perderà guerra e prestigio politico. Federico non ha più soldi (nella vicina Forlì ha fatto addirittura battere una moneta di cuoio, l’ossidionale) ed è costretto a concedere una indipendenza di fatto ai loro territori, cioè i tre cantoni di Uri, Schwitz e Unterwald. In sostanza, i mercenari avrebbero ottenuto (a compenso delle loro prestazioni) l’affrancamento da qualsiasi altra autorità, escluso l’imperatore, nel governo delle loro terre. In particolare il documento doveva liberare quei popoli dalle vessazioni dei Conti d’Asburgo: corvées, jus primae noctis e quant’altro. Il documento che attesta questa concessione, la Lettera di Faenza, scritta forse dal noto giurista Pier delle Vigne ricordato da Dante nella Divina Commedia, viene redatta in cima alle prime colline di Faenza, in direzione della frazione di Sarna, dove secoli fa era posto l’accampamento delle truppe di Federico e oggi si trova la casa padronale “la Germana” con una targa commemorativa voluta da Alteo. La Lettera di Faenza è conservata gelosamente nell’Archivio dei Patti Federali a Schwytz. L’assedio si concluse il 12 aprile 1241, dopo sette mesi e mezzo di battaglia ininterrotta, con la resa di Faenza.

Patto di Grutli, 1291: questo documento, così chiamato dal luogo in cui fu stipulato, è alla base dell’Unione dei territori che oggi compongono la Svizzera.

Hanno detto

La Lettera di Faenza è il benefico seme dal quale è nato il grande albero della libertà svizzera

(Indro Montanelli, citato da Alteo Dolcini)

 

Siamo un paese di dimenticoni, perché ci scordiamo di mille eventi storici e dei grandi spiriti delle nostre città che potrebbero alimentare in Romagna e in Italia il turismo storico

(Alteo Dolcini)

 

Schwytz (Svizzera): il Museo dei Patti Federali. Qui è conservata la Lettera di Faenza insieme ai più importanti documenti fondativi della Svizzera.

La targa commemorativa posta, per volontà di Alteo Dolcini, sulle prime colline di Faenza, presso la casa padronale “la Germana”.

Com’è finita

Il municipio della città svizzera di Schwytz.

Nell’agosto del 1291, mezzo secolo dopo la resa di Faenza, furono proprio gli abitanti degli stessi territori di Uri, Schwitz e Unterwald (detti “i Cantoni primitivi”) a sottoscrivere il Patto Confederale definito “Patto di Grutli” dal luogo in cui fu stipulato, che è alla base dell’unione dei territori che oggi compongono la Svizzera, allora schierati contro i Conti d’Asburgo. Non a caso quindi il 1° agosto di ogni anno nel paese elvetico si celebra la Festa Nazionale Svizzera. Quest’anno si celebrano i 700 anni dalla battaglia di Morgarten che il 15 novembre 1315 vide le popolazioni confederate sconfiggere gli Asburgo: è l’atto dell’indipendenza della Confederazione Elvetica. Il ruolo di Faenza non fu marginale. Nel Museo di Schwytz, come dicevamo, è conservata la Lettera di Faenza insieme ai più importanti documenti fondativi della Svizzera. Sulle pareti dell’edificio comunale della stessa città svizzera è dipinto un affresco che ricorda la consegna della lettera a Faenza da parte di Federico II.

Cesenatico (Forlì Cesena): foto di gruppo al Grand Hotel Da Vinci per la presentazione della Festa Nazionale Svizzera in Romagna. Da sinistra, in seconda fila: Leopoldo Veronese, direttore del Grand Hotel Da Vinci e, in passato, storico direttore del Grand Hotel di Rimini; Liviana Zanetti, presidente dell’APT Emilia-Romagna; Fabio Grassi, capo ufficio stampa della stessa APT; Cristina Bernagozzi, responsabile comunicazione Select Hotels Collection; Andrea Dolcini, presidente dell’Associazione Alteo Dolcini. Da destra, in seconda fila (con gli occhiali scuri): Alessandro Rapone, presidente Circolo Svizzero della Romagna.

Per saperne di più:

A PROPOSITO

Quando gli svizzeri hanno salvato tesori d’arte italiani e afghani. Un mio libro per due storie d’Oltralpe

di Salvatore Giannella

Con la pagina di storia quasi dimenticata della Lettera di Faenza, ci sono altre pagine più recenti in cui le vicende svizzere si intrecciano con quelle italiane. Alcune le riporto nel mio recente libro “Operazione Salvataggio. Le storie degli eroi sconosciuti che hanno salvato l’arte dalle guerre” (Chiarelettere editore, 2014). In particolare, un capitolo centrale è dedicato alla Missione Sunrise: qui racconto di come uno 007 svizzero, Max Waibel, e un barone napoletano, Luigi Parrilli, hanno salvato l’Italia del Nord dall’Operazione Nerone, il piano distruttivo con cui Hitler voleva fare terra bruciata di industrie e porti, infrastrutture e monumenti dalla Linea Gotica in su. Qui la prima cartella:

La villetta unifamiliare di Alfredo Ardizzi è appena sopra Lugano, in quella che una volta era la frazione di Gentilino e che dal 2004 fa parte del comune di Collina d’Oro, a pochi metri di distanza dai piccoli camposanti dove riposano lo scrittore premio Nobel Herman Hesse e un padre fondatore dell’Europa, il senatore Giuseppe Vedovato, già presidente eletto dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa.

Come tutto il Canton Ticino, questo angolo di Svizzera è impregnato di fascino italiano. La vista sul lago e sulle montagne, le palme e un clima quasi mediterraneo sono tutti argomenti che, uniti alla proverbiale efficienza elvetica, hanno convinto Alfredo, una volta andato in pensione, a lasciare Milano, la città dove era nato e aveva lavorato come meccanico specializzato in macchine da cucire, e a stabilirsi qui.

La ragione della mia visita è legata ancora una volta a un’Operazione Salvataggio, questa volta a favore di industrie, porti e opere d’arte del Nord Italia. Nel corso degli anni Alfredo ha scovato negli archivi del Canton Ticino e nel Bundesarchiv di Berna le carte che ricostruiscono una straordinaria e misconosciuta pagina della Seconda guerra mondiale. Quella che vide protagonisti un ufficiale dei servizi segreti svizzeri, Max Waibel, e un nobile italiano, Luigi Parrilli. L’eccezionale scoperta ha portato Alfredo Ardizzi a fondare nel 2001 il Collegio promotore Sunrise ‘05 (“alba” in inglese) insieme a un gruppo di alti ufficiali dell’esercito della Confederazione elvetica.

Una mattina dell’estate 2002 Alfredo mi ha reso primo e privilegiato destinatario delle carte che in seguito, grazie anche all’incontro con i famigliari dei protagonisti della Missione Sunrise, come il figlio di Parrilli, mi hanno permesso di ricostruire nei dettagli una storia che merita di essere conosciuta.

Il testo segue nel volume, che è arricchito di un altro capitolo svizzero: la storia di Paul Bucherer, l’architetto che ha salvato i gioielli dell’Afghanistan. Lui ha rappresentato, per i combattenti degli opposti schieramenti afghani, la “Swiss Solution” per dare rifugio a Bubendorf, 4.500 anime scarse a quindici chilometri da Basilea, a opere di una civiltà millenaria.

La copertina di “Operazione Salvataggio”, di Salvatore Giannella (Chiarelettere, 2014, pag. 238, euro 14,90). Per chi volesse acquistare e ricevere rapidamente una o più copie, questo il link utile.

Salvatore Giannella, giornalista che ha ideato e cura con passione questo blog che vuole essere una bussola verso nuovi orizzonti per il futuro, ha diretto il mensile scientifico del Gruppo L’Espresso Genius, il settimanale L’Europeo, il primo mensile di natura e civiltà Airone (1986-1994), BBC History Italia e ha curato le pagine di cultura e scienza del settimanale Oggi (2000-2007). Ha scritto libri (“Un’Italia da salvare”, “L’Arca dell’arte”, “I Nicola”, “Voglia di cambiare”, “Operazione Salvataggio: gli eroi sconosciuti che hanno salvato l’arte dalle guerre”, “Guida ai paesi dipinti di Lombardia”, “In viaggio con i maestri. Come 68 personaggi hanno guidato i grandi del nostro tempo” e, a quattro mani con Maria Rita Parsi, “Manifesto contro il potere distruttivo”, Chiarelettere, 2019), curato volumi di Tonino Guerra ed Enzo Biagi e sceneggiato docu-film per il programma Rai “La storia siamo noi” (clicca qui per approfondire).