La cura che arrivò tardi: Franco Battiato e il suo naso da Cyrano, una storia da raccontare

Nel mio libro del 2018 Cover Story – Le più belle copertine dei dischi italiani, pubblicato dalle Edizioni VoloLibero di Claudio Fucci, ho raccontato la storia inedita della cover di due album di Franco Battiato, il cantante-filosofo siciliano scomparso lo scorso 18 maggio a 76 anni. Ripropongo quelle pagine nella speranza di riuscire a esprimere, con la comunità tutta di Giannella Channel, la mia gratitudine per le emozioni che ha saputo accendere in tutti noi.

Franco Battiato, Fisiognomica (EMI, 2008).

Dunque, un Battiato ragazzino-perfettino in giacca e cravatta campeggia sulla copertina del suo quindicesimo album, Fisiognomica, registrato a 43 anni nel 1988. L’ideazione grafica è di Polystudio/EMI Creative Service. Ci informa il giornalista e scrittore campano Annino La Posta nel volume Franco Battiato – Soprattutto il silenzio:

La copertina (l’ultima realizzata da Francesco Messina, almeno per qualche anno) riporta il ritratto virato seppia di un giovanissimo Battiato con una cartina celeste dell’emisfero australe alle spalle. «La foto dimostra che fino all’età di 13 anni avevo un naso diverso. Poi ebbi un incidente molto grave giocando a pallone e così, dall’oggi al domani, il mio naso divenne un altro». Proprio questo cambiamento sembra abbia fornito lo spunto iniziale da cui è nato il brano che poi ha dato il nome all’intero lavoro.

… che inizia così:

Leggo dentro i tuoi occhi

da quante volte vivi

dal taglio della bocca

se sei disposto all’odio o all’indulgenza

nel tratto del tuo naso

se sei orgoglioso fiero oppure vile…

Un giovanissimo Franco Battiatoprimo da destra, in piedi – posa per i fotografi con la formazione del Riposto (il paese tra Catania e Taormina dove era nato nel 1945, quando il Comune, che all’epoca comprendeva anche Giarre, si chiamava Ionia). Da ragazzino simpatizzava per l’Inter, ma poi preciserà: «Amo tutte le squadre che giocano bene, soprattutto quelle senza fuoriclasse che però hanno un’anima». Franco esordì nel ruolo di terzino nelle giovanili dell’Akragas, la squadra di Agrigento, ma nel Riposto divenne prima mediano e poi un ottimo libero, ruolo lanciato all’epoca da allenatori come Helenio Herrera e Nereo Rocco. Lui stesso si definiva “difensore elegante e raffinato”: «Giocavo d’intuito e d’anticipo; non toccavo mai l’avversario, ero un piccolo Facchetti… In più i tifosi spaventavano gli attaccanti rivali gridando “posa a pipa”, cioè “ti conviene lasciare la palla”». Commenterà stizzito molti anni più tardi: «Purtroppo l’agonismo e la competizione stanno guastando la purezza originale dello sport. Troppi falli brutti, troppa tensione. Un tempo c’era più gentilezza: se commettevo una scorrettezza, mi scusavo immediatamente».

Ha confessato il cantante nel 1997 alla Gazzetta dello Sport:

Un giorno, durante una partita, sbattei contro un palo della porta. Restai svenuto a lungo. Quando tornai in me, il naso era lievitato. Mio fratello suggerì: «Vai a casa e fila a dormire senza farti vedere». Il mattino dopo la nonna venne a svegliarmi e alla vista della mia faccia cominciò a urlare. Quella era una Sicilia distratta, accadevano cose tribali. Mia madre si preoccupò, ma attese una settimana prima di portarmi dal dottore. Che poi spiegò: «Se l’avessi visto subito, gli avrei ridotto la frattura, ma adesso non posso più fare niente».

Il futuro cantante (in secondo piano) in azione su un campetto siciliano con la maglietta bianca e blu del Riposto. A questo link l’intervista televisiva rilasciata a Gianni Minà in cui Battiato parla dell’esperienza con il pallone: «Il calcio mi ha trasmesso sensazioni metafisiche: quando andavamo in trasferta nei vari paesi siciliani, avevo l’impressione che ogni Paese fosse avvolto da una specie di personalità, che dava un sapore diverso a ogni luogo. Ho smesso di giocare a 17 anni, quando ho deciso di lasciare la Sicilia perché m’ero accordo che lì non c’era niente per me. E allora sono passato all’azione trasferendomi a Milano».

Tra gli anni Cinquanta e Sessanta Battiato giocava da mediano.

Ma poi mi ritrovai ad agire come libero. Un ruolo nuovo, per l’epoca: credo di essere stato uno dei primi liberi siciliani. In senso temporale, intendo. La mia squadra era il Riposto, espressione del mio paese natale, tra Catania e Taormina. Arrivammo in Promozione, però poi la società rinunciò per motivi economici. Quell’anno tutti parlavano del centravanti della Massiminiana di Catania. Dicevano: «Farà grandi cose». Si chiamava Pietro Anastasi. Una domenica ad Acireale, nell’ultima partita di campionato, eravamo primi in classifica senza la macchia di una sconfitta. Inchiodammo gli avversari nella loro area, ma non c’era verso di segnare: pali, traverse, deviazioni. Io passai il tempo a grattarmi le caviglie sulla linea di centrocampo. All’ultimo minuto l’ala destra dell’Acireale partì in contropiede ed effettuò un cross per l’ala sinistra. Io intercettai maldestramente il passaggio e spedii la palla all’incrocio: un autogol meraviglioso. Ricordo anche un attaccante del Taormina specialista nel fare gol dalla bandierina del corner: era davvero impressionante, quel colpo gli riusciva più o meno una volta a partita!

Quando Battiato ha già da anni “appeso le scarpette al chiodo”, è stata la Nazionale Cantanti (fondata da Gianni Morandi con il paroliere Mogol nel 1981) a regalargli l’occasione di giocare un altro paio di volte. Eccolo sorridente in campo proprio con Morandi, che indossa la maglia numero 4.

Franco Battiato, La voce del padrone (EMI, 1981).

L’altro album si intitola invece La voce del padrone (EMI, 1981), irresistibile colonna sonora della mia adolescenza assieme a Rimmel di De Gregori. Tra l’altro, è stato il primo ellepì a superare il traguardo del milione di copie vendute nel Bel Paese e la rivista Rolling Stone lo piazza al secondo posto nella classifica dei cento dischi italiani più belli di sempre dopo Bollicine di Vasco Rossi.

Franco firma autografi al termine della partita con cui ha esordito nella Nazionale Cantanti il 22 aprile 1985 a Novara, davanti a cinquemila tifosi.

L’artwork della copertina è di Francesco Messina, nato nel 1952 a Udine, musicista, grafico, produttore e compagno di vita e di lavoro della cantante Alice, con cui abita in Friuli. Lo scatto è invece del ravennate classe 1947 Roberto Masotti, che è stato anche fotografo ufficiale del Teatro alla Scala di Milano dal 1979 al 1996 con la moglie Silvia Lelli.

Battiato fa un sopralluogo sulle condizioni del prato dello stadio milanese di San Siro prima della partita con la Nazionale Cantanti del 6 giugno 1985. Lo abbraccia Eros Ramazzotti, uno dei due bomber storici della squadra, con 128 reti in 223 presenze. Meglio di lui ha fatto solo Luca Barbarossa con 226 gol in 271 partite; al terzo posto Enrico Ruggeri con 104 reti in 262 presenze.

Ha raccontato Messina in uno special di Sky su La voce del padrone nel 2017:

Come tutte le case discografiche, a quel tempo la EMI gradiva avere l’artista in copertina ma con Franco l’accordo era trovare qualcosa che riuscisse a ridimensionare questa presenza e non sembrasse il solito disco di musica pop italiana. Io ho preso uno scatto commissionato a Masotti (che per altro aveva fatto delle belle immagini, poi ci ho pensato io a rovinarle…), ho tolto Battiato dalla sedia, l’ho messo in una posizione ‘sospesa’ e l’ho piazzato fra due mondi: uno è quello delle palme, che appartengono al ‘suo’ Mediterraneo; dall’altra parte ho collocato una piccola immagine della Via Lattea. Questa era anche la posizione in cui ci sentivamo entrambi: con Franco non dividevo solo gli aspetti professionali, ma anche una fase di ricerca, studio e viaggi. A pochi giorni dalla consegna della copertina, subito prima di partire per le vacanze, eravamo ancora indecisi. Ci incontrammo in Francia e ricordo che ci guardammo a lungo negli occhi. Poi lui mi disse: «Senti, facciamola finita. Io ho fatto il mio lavoro e so di averlo fatto bene. Se anche tu sei convinto di avere fatto il tuo e di averlo fatto bene, usiamo la copertina che dici tu». Non so dove trovai il coraggio di rispondergli: «Sì, sono convinto», fatto sta che non ne abbiamo più parlato e ce ne siamo andati felici in vacanza».

6 giugno 1985: Battiato a San Siro durante il match contro una selezione della Lega femminile. Racconterà di aver dovuto marcare la bionda ala sinistra avversaria, l’arcigna e scattante scozzese Rose Reilly, facendo una grande fatica a concentrarsi anche perché non aveva più la prestanza fisica di un tempo: «Già nella prima azione quella mi è scappata via ed è duro accettare di essere superati da una donna, anche a quarant’anni. Così, per inseguirla, ho fatto uno sforzo in più, ma ho subito visto lo stadio girarmi intorno e così ho deciso di rientrare negli spogliatoi. Non giocavo da 22 anni e quel giorno ho rischiato l’infarto. Sono uscito in barella, che figuraccia!». È stata l’ultima partita della sua vita.

Roberto Angelino, giornalista milanese, ha lavorato per 25 anni al settimanale Oggi; dal 2004 al 2007 è stato vicedirettore di Gente, poi è tornato a Oggi per curare gli Speciali e il bimestrale Oggi Foto. Nel 2015 ha pubblicato con Salvatore Giannella presso l’editore BookTime il volume Milano 50, con le schede dei 350 locali imperdibili della città sede dell’Expo, anticipate e poi sviluppate con successo su Giannella Channel. Sempre per i tipi di BookTime, la casa editrice di Gerardo Mastrullo, ha pubblicato altri due volumi: nel maggio 2016 Milano, mettiamoci una pietra sopra e, due mesi dopo, Milano al verde – Guida agli agriturismi di Milano e Provincia. L’ultima sua fatica libraria è Cover Story (Vololibero Ed., 2018) che racconta storie, segreti ed emozioni di 150 copertine dei più bei dischi italiani.

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