E Gianni Boncompagni scelse Arturo Benedetti Michelangeli, il più grande pianista del mondo tifoso di Enzo Ferrari e Topolino



 

Buongiorno Gianni, negli anni Settanta con Renzo Arbore conquistavi l’Italia con Alto gradimento, una trasmissione geniale e irriverente che realizzò indici di ascolto impensabili per la radio dell’epoca. Oggi qual è il personaggio della storia che riscuote il tuo alto gradimento?

Arturo Benedetti Michelangeli, il più grande pianista del mondo. Ho avuto la fortuna di conoscerlo nella mia città, Arezzo. Lui, bresciano, veniva a insegnare da noi perché il suo idolo era proprio un aretino: Guido Monaco, creatore nel Medioevo di una pedagogia musicale. La sua aula era il Petrarca, il più importante teatro di Arezzo, che lui riteneva avesse un’acustica perfetta. Lì arrivavano pianisti da tutto il mondo per imparare. Lì mi infilavo durante le prove, per ascoltare i pezzi di Ravel o di Chopin che suonava in maniera inimitabile. Lì l’ho conosciuto e incontrato più volte”.

Arturo Benedetti Michelangeli (Brescia, 1920 – Lugano, 1995). Concesse poche interviste
e non lasciò né memorie né pubblicazioni didattiche.
 
(CREDIT Giacomo Giannella / Streamcolors)

Scopriamo così che il Boncompagni re della leggerezza musicale da ragazzo era affascinato dalla musica classica.

“Galeotta fu una trasmissione radiofonica del sabato sera. Veniva trasmessa dalla sede Rai di Torino e io, ragazzino, mi bevevo tutte le musiche che arrivavano via etere, specialmente quelle che avevano come maestro d’orchestra il mitico Michelangeli. Di lui volevo sapere tutto. Mi colpiva la sua pignoleria feroce, che lo portava a mandare indietro pianoforti già acquistati ma rifiutati per l’eccessiva durezza dei tasti che faceva misurare da piccoli pesi. E mi piaceva collezionare le leggende che circondavano la sua attività”.

Un esempio per tutti.

“1977, Sala Nervi in Vaticano. Lui sta suonando Brahms per un folto pubblico che vede in prima fila il Pontefice. Nella sala, spettacolari piante e fiori. A un certo punto, senza che niente lo lasciasse prevedere, lui smette di suonare. Nel crescente brusìo della sala, il responsabile della sicurezza si avvicina al maestro e raccoglie questo ordine perentorio: ‘Togliete subito tutte le piante’. Arrivano le guardie svizzere e procedono all’evacuazione delle indesiderate piante. Che cosa è successo? Che lui, solo lui, ha raccolto il flebile canto di un grillo che disturbava la sua concentrazione. Dopo il trasloco, si riprende”.

Giandomenico Boncompagni, meglio conosciuto come Gianni (Arezzo, 1932 – Roma, 2017). L’annuncio della sua morte
è stato dato il giorno di Pasqua dalle sue tre figlie: Claudia, Paola e Barbara.
 
(CREDIT Giacomo Giannella / Streamcolors)

Carattere burbero e austero, ma grande appassionato di fumetti.

“Nella sua casa in Svizzera aveva la collezione intera di Topolino, che consigliava anche ad allievi e collaboratori. Era un fan, oltre che di Enzo Ferrari e delle sue splendide macchine che guidava personalmente, anche di Walt Disney, che pare avesse incontrato nel 1935 a bordo del transatlantico Rex. Bella questa combinazione tra il feroce rigore ai tasti e questo orizzonte immaginifico”.

* Fonte: Sette, lo storico magazine del Corriere della Sera, nell’edizione del 17 luglio 2015.

A PROPOSITO

7 cose che (forse) non sapete su Gianni Boncompagni…

Gianni Boncompagni con Renzo Arbore ai tempi di “Alto gradimento”, famosa trasmissione radiofonica andata in onda negli anni settanta sul secondo programma radio della RAI.

  1. Quando si chiamava Jona. Nato in Toscana da padre militare dei ruoli amministrativi e madre casalinga, Gianni s’era trasferito a 18 anni in Svezia, dove visse dieci anni svolgendo vari lavori, diplomandosi all’Accademia svedese di grafica e fotografia, e iniziando l’attività di conduttore radiofonico per la radio svedese. In Svezia Gianni (in svedese Jona) si sposò con un’aristocratica che lo rese padre di tre figlie. La moglie lo lascerà di lì a breve, e lui chiederà e otterrà la patria potestà, crescendo le figlie da ragazzo padre in Italia.
  2. Quando conquistò la prima casa con Il mondo. Nel 1965 debuttò come cantante, con il nome d’arte di Paolo Paolo. Nello stesso anno scrive insieme a Gianni Meccia, il testo per Il mondo, successo mondiale di Jimmy Fontana, che gli frutta solo nel primo anno dieci milioni, con cui si compra la prima casa; tra le altre canzoni scritte da Boncompagni ricordiamo anche Ragazzo triste per Patty Pravo.
  3. Quando Arbore lo incluse tra i “maledetti toscani”. Una volta Arbore ha definito Boncompagni uno dei “maledetti toscani” che ha conosciuto, “dopo Curzio Malaparte, Indro Montanelli, Giotto e Michelangelo”: “Eh sì”, sospira oggi, “con quel maledetto toscano ho rinnovato la radio: negli anni ’60 sembrava la sorella vecchia della tv, destinata a essere completamente soppiantata dalla radio come strumento residuale, anziano. E invece con Bandiera gialla c’è stata la rivoluzione: la radio è diventata la beniamina dei giovani e ancora oggi è uno strumento che li appassiona. Con Gianni abbiamo inventato i teenager e la cultura Beat”.
  4. Quando sdoganò l’icona sexy Edwige Fenech. Dal 1987 al 1990 curò l’ideazione e la realizzazione di Domenica In, dove sdoganò Edwige Fenech – già famosa come icona sexy grazie ai film scollacciati degli anni Settanta.
  5. Quando si dedicò al giornalismo. Dal 2012 alla morte ha curato una rubrica fissa su Il Fatto Quotidiano dal titolo Complimenti.
  6. Quando confessò: “Sono ateo”. Boncompagni era ateo: nell’intervista a Claudio Sabelli Fioretti, pubblicata su Io Donna, supplemento al Corriere della Sera del 4 maggio 2012, ha dichiarato:

    Io sono sempre stato ateo e morirò ateo.
  7. Quando mostrava il biglietto da visita.

    C’è il mio nome. E poi sotto, stampato: mai stato a Cortina. Mai stato a Sabaudia. Mai visto La vita è bella. Mai scritto un libro. Mai visto uno sceneggiato.

… e altre 7 su Arturo Benedetti Michelangeli

Bolzano, dicembre 1960: Arturo Benedetti Michelangeli al pianoforte.

  1. Galeotta fu la madre Angela. La madre di Arturo, Angela Paparoni, casalinga con diploma di maestra, era appassionata di musica. Tra le mura di casa, in un ambiente caratterizzato da un vivo interesse per la musica (il padre, Giuseppe, era avvocato che insegnava musica privatamente), il piccolo Arturo iniziò a studiare il pianoforte all’età di tre anni.
  2. Il giudizio di Rubinstein. Nel 1938, a 18 anni, diede inizio alla sua carriera internazionale partecipando al Ysaÿe International Festival di Bruxelles, dove si classificò al settimo posto. Un breve resoconto di quel concorso, vinto da Emil Gilels, lo si deve ad Arthur Rubinstein, che era in giuria. Secondo Rubinstein, Benedetti Michelangeli “fece un’esecuzione insoddisfacente, tuttavia diede ampia dimostrazione della sua impeccabile tecnica”.
  3. L’allieva del padre. Nel 1943 sposò un’allieva di suo padre, Giovanna Guidetti.
  4. 19 canti popolari alpini. Fu un grande appassionato di etnomusicologia ed estimatore del canto popolare proveniente dalla tradizione orale, in particolare, vista la sua passione per la montagna, dell’area alpina soprattutto trentina. Le 19 armonizzazioni di canti popolari che dedicò al coro della SAT (Società degli Alpinisti Trentini) rappresentano la sua unica attività come compositore: una piccola produzione, nella quale è però racchiusa tutta l’incommensurabile eleganza stilistica che lo ha sempre contraddistinto.
  5. Beni sequestrati. Nel 1968, per il fallimento di una casa discografica di cui il pianista era uno dei soci fondatori, venne disposto il sequestro dei suoi beni. In seguito a questo fatto il maestro disse che non avrebbe mai più suonato in Italia e si ritirò sino alla morte in un volontario auto-esilio in Svizzera.
  6. NO a Moro e a Pertini. A nulla valsero, per farlo recedere dalla sua decisione, i tentativi pacificatori del presidente del Consiglio Aldo Moro e del presidente della Repubblica Sandro Pertini.
  7. In un camposanto svizzero. Benedetti Michelangeli riposa nel cimitero di Pura, nel Canton Ticino (Svizzera), dove si era trasferito nel 1979 dopo aver abitato a Riva San Vitale sul lago di Lugano.