“Eravamo un anziano, un bambino, un carcerato malato e tu ci hai insegnato a fare poesia”

Caro Giannella
Lei si chiede, nel sottotitolo del blog, da dove andremo a ricominciare dopo questo periodo triste e io le rispondo che forse dobbiamo ripartire dalla poesia e dagli anziani: la poesia perché è in grado di stemperare e lenire le sofferenze, gli anziani perché sono le nostre radici, la nostra storia. Da loro abbiamo ereditato la tradizione e il senso di appartenenza a una patria; le loro testimonianze rappresentano un patrimonio di esperienze e di umanità che vanno protette affinché se ne possa custodire la memoria, il nostro passato e anche il nostro futuro. A causa della pandemia abbiamo perso un’intera generazione e, con la perdita dei nostri anziani, è venuto a mancare un pezzo di storia, la saggezza e l’esperienza:

Un vecchio che muore è una biblioteca che brucia

ci ricorda saggiamente un proverbio africano.

Conduco i laboratori di poesia “Ernesto Cardenal” da cinque anni, insieme ai poeti cosiddetti “facilitatori”, nell’RSA San Pietro di Monza e ho potuto constatare che la poesia, oltre a essere terapeutica “ha unito un gruppo di amici che prima non c’era, ci ha dato la serenità e la gioia di stare insieme, ci ha valorizzati tutti. Prima di conoscere la poesia non eravamo ispirati a scrivere, adesso riusciamo con il suo aiuto a tirare fuori quello che avevamo nascosto dentro la nostra anima. La poesia riesce a far parlare la sofferenza e il dolore, riesce ad aprire le porte del cuore; è un’aspirina che riesce a curare tutti; cura soprattutto quelli che soffrono di depressione perché aiuta a combattere ciò che li trascina nel buio. È la poesia che spinge le emozioni a raccontarsi. La poesia ci ha donato conforto e favorito i migliori momenti per conoscerci meglio. La poesia lenisce il dolore. La poesia è il pane e il fiore della vita In questo nostro luogo la parola è importante perché ti allontana dalla solitudine. È positiva e umana, aiuta a recitare preghiere a volte è comprensiva quando riesce a tirarti su il morale. La poesia aiuta a ricordare: la parola è memoria, la parola riesce anche a fare del male quando è offensiva, può essere urtante, falsa e blasfema, può provocare forti dolori come quel giorno quando il medico mi disse: lei è arrabbiato con il mondo intero perché non può più guarire”.

Un incontro nel laboratorio di poesia Ernesto Cardenal di Monza: al centro, sotto l’insegna colorata,
gli ideatori del progetto “Poeti Fuori Strada”, Antonetta Carrabs e il medico Giuseppe Masera.
Nella foto d’apertura, un momento della serata di presentazione delle poesie a Monza.

Il profumo dei nonni

Il profumo dei nonni è fatto di frittelle al prezzemolo da bagnare nello zucchero

dell’odore di spezzatino e dell’anatra arrosto

dell’oca al forno cucinata col timo e le olive

dei gambari fritti nell’olio bollente

dello stoccafisso

del profumo delle torte ancora calde

del pan bon cotto con l’uva fragola sui mattoni ardenti

del pane e olio e pomodoro

del pane con lo zucchero

del pane impastato con i fichi, l’uva americana a chicchi e le noci

che lievitava come un panettone

della mancia del nonno per comprare il gelato

quando arrivava il carrettino e il signore gridava: Donne, gelati!

della polenta al gorgonzola

che la nonna preparava al mattino, al pomeriggio e alla sera,

della montagnetta con il buco di cenere calda che sembrava un vulcano e le patate

da cuocere al centro

delle zeppole della nonna

delle frittelle con le mele

delle scrippelle abruzzesi di Natale che la mamma offriva ai poveri.


La vita dei vecchi cortili lombardi

La corte è il gioco di tutti

è stare insieme, è divertimento

ricordo il fuoco nei cortili a Sant’Antonio

le cose vecchie raccolte durante l’anno che bruciavano

i giochi intorno al fuoco, si mangiava, si cantava e si ballava

ricordo un grande ristorante all’aperto

il folklore di una comunità fatta di uomini

donne e bambini tutti insieme

ricordo il pane con il pomodoro e l’origano, il pane con il burro e lo zucchero

il pane nero, il pane di segale, il pane con i cachi

e i fichi rubati al contadino che ci rincorreva se ci trovava a rubare

ricordo il pozzo con il secchio e la corda, il lavatoio le donne che facevano la maglia

la sartina sempre per tutti, la signora che faceva i tortellini

e ne dava un po’ ai bambini che giravano attorno

ricordo gli uomini che andavano all’osteria e tornavano ubriachi

le mamme che stendevano le lenzuola

a punto rodi sui balconi fresche di corredo

ricordo le donne a spettegolare

sedute sulle scale sulle sedie di paglia fuori dalla porta

il cestino che scendeva dall’alto con la molletta per non far volare via i danè.

 

Ricordo la signora acida e brontolona che faceva scappare i bambini

che tirava i secchi d’acqua

e che per risposta si ritrovava i vetri rotti!

 

Ricordo l’arrotino, il moleta, la pizza che arrivava

lo straccivendolo che comprava panni vecchi di lana o di cotone,

ogni pezzo un valore diverso

il signore che sistemava le pentole di rame, lo spazzacamino.

 

Ricordo i giochi da bambino

moscacieca, cerchio, passerella, nascondino, bandiera, campana, mondo,

pampano a ognuno il suo

il ricamo a punto erba con il tamburello

ricordo i giochi in strada

si urlava “macchina” e tutti che si spostavano

poi via, quando era passata, pronti a a giocare

ricordo quando qualcuno si sposava

in corte era tutta una festa

a Natale c’era un albero grande e un presepe per tutti.

(Poesia di gruppo)

Antonetta Carrabs, presidente de La Casa della Poesia di Monza. Chi vuole attivare un analogo laboratorio nella sua città,
può contattare lei alla mail indicata nelle sue note biografiche in basso.

Il tramonto della vita

La vecchiaia ti serve per conoscere tutte le cose più belle del mondo

e custodirle gelosamente dentro di te

i ricordi sono perle che impreziosiscono e ci fanno sembrare regine

nella mia mente li rispolvero sempre

mi vengono in mente questi versi non sempre il tempo la beltà cancella.

 

Ai giovani direi di non temere la vecchiaia

perché se nella vita si impara ad apprezzarsi

a credere in se stessi, a volersi bene e a voler bene alle persone

a donare e dare senza mai voler ricevere nulla in cambio

anche la vecchiaia non fa paura.

 

La vecchiaia diventa più triste quando ti ritrovi da sola

quando perdi la persona cara e devi continuare a vivere senza di lei.

La vecchiaia è nostalgia, è il punto di incontro di tante cose

adesso che mia moglie è morta la mia vita è diventata più triste.

La vecchiaia fa riaffiorare ricordi e rimpianti.

 

La vecchiaia da una parte è bellissima

ma quando si è sofferenti e si ha bisogno degli altri ci fa più soffrire.

Se potessi tornare indietro, ai miei 20 anni

rifarei tutto quello che ho fatto, rifarei anche le cose sbagliate

perché sono proprio quelle che ti insegnano a non sbagliare più.

 

Io sono già vecchio, ho 72 anni

mi sento ancora con il cuore giovane perché riesco a vedere ancora le cose belle

riesco ancora ad avere amore per gli altri.

 

La parola vecchiaia dà l’idea del degrado

la chiamerei il passare del tempo o il tramonto della vita.

(Poesia di gruppo)


Appello al mondo

Vogliamo fare un appello ai poeti e agli scrittori di tutto il mondo

affinché possano educare le menti con la loro parola e il loro pensiero

e proteggere l’umanità dall’odio e dal razzismo.

 

Divulgate la vostra parola perché porti la pace

la libertà, la giustizia, la bellezza della creazione

 

fate in modo che i vostri versi e le vostre parole siano semi per coltivare l’umanità

proprio come fa il contadino quando coltiva il suo campo

 

fate che le parole orrore, disastro, cattiveria umana, vergogna

squilibrio, rabbia, fine, olocausto, razzismo, guerra…

non possano germogliare sulla terra

 

non abbassate mai la guardia

siate guardinghi perché il rischio di tornare indietro

nel tempo e nella storia è possibile

 

educate i giovani, andate nelle scuole

le giovani generazioni devono conoscere la storia

il mondo è in pericolo

ci sono delle menti che hanno idee di dominio

la ricchezza accumulata da poche persone può essere pericolosa.

(Poesia di gruppo)

Giuseppe Masera (Busto Arsizio, 1937), per 25 anni direttore della clinica pediatrica del San Gerardo di Monza e numero uno nel campo dell’ematologia infantile. In questa foto tratta dal suo album è con le nipoti Letizia, Lara ed Elena.

A colpi di poesia contro la malattia dei bambini

Nel 2019, su invito di Giuseppe Masera, già direttore dell’Oncoematologia pediatrica dell’ospedale San Gerardo di Monza, ho avuto modo di sperimentare il valore terapeutico della poesia con i bambini dell’undicesimo piano che lottavano per la vita. Secondo Masera la poesia aveva arricchito la strategia terapeutica nell’oncologia pediatrica e aggiunto un ulteriore contributo alla terapia globale-olistica, dando ai bambini la possibilità di raggiungere la resilienza, la crescita positiva dopo il trauma della malattia e delle cure: “Vorrei dire a tutti che la mia esperienza pur mettendoti in difficoltà è un’esperienza positiva perché impari a vivere in modo diverso tutto questo fa nascere un bellissimo sentimento” (Lorenzo, 12 anni) Non è stato importante cercare la rima giusta, né rispettare la punteggiatura, l’ortografia la lunghezza del testo. I bambini hanno avuto la licenza di scrivere qualsiasi cosa: “Mi affido a te per parlarti di questa febbre misteriosa che ho da venerdì, di questa mia debolezza, dei miei fremiti di vita” (Paolo, 14 anni). Citando Cardenal:

Io ero un bambino malato di cancro e tu mi hai insegnato a fare poesia.

Ernesto Cardenal (Granada, 1925 – Managua, 2020) è stato un poeta e sacerdote nicaraguense. Protagonista della rivoluzione sandinista in Nicaragua del 1979, ministro della Cultura dal 1979 al 1987. A lui è dedicata questa poetica canzone.

Scrivere per i detenuti è salvifico

È da alcuni anni che incontro un gruppo di detenuti nel carcere di Monza con i quali ho dato vita alla redazione di un giornale. La realtà carceraria è molto difficile:

Qui dentro, il cuore diventa denso come pece e il sangue si rallenta.

E scrivere per i detenuti è salvifico. La loro sofferenza ha trovato supporto nella poesia e nella parola a cui hanno affidato tutto, senza risparmiarsi mai: Non ci si possono dire bugie quando si scrive. Ma scrivere in un ambiente di cemento è difficile perché qui si diventa come un aereo di carta, fragile che non può nemmeno cercare di volare. Il carcere tende ad amplificare le emozioni, tutto viene percepito in modo esponenziale e questo può aggiungere dolore al dolore.

E allora si cerca di sopravvivere, ognuno con il proprio manuale di sopravvivenza: per prima cosa è salvarsi il cervello, altrimenti viene mangiato dall’afasia di questo mondo parallelo fatto da rettangoli e cucito da quadrati, ovunque; la seconda è congelare il cuore. Farlo battere a bassa frequenza altrimenti provoca un suono cupo, troppo forte da contenere per la propria pelle; la terza è difendersi dal condizionamento che è altra cosa rispetto alla rieducazione; la quarta è trattenere la rabbia perché la galera stanca e sfianca gli animi. La sera, quando arriva, è nera. Le voci si spengono, il silenzio stempera il cuore che non ce la fa a trattenere la solitudine: capita spesso di pensare, quando si viene chiusi la sera. Capita un magone che leva il respiro. Dalla mia finestra riesco a intravedere un tratto di superstrada. Guardo le luci delle auto sfrecciare e immagino diverse solitudini. L’odore di un’automobile, l’odore dell’asfalto umido. E’ difficile scrivere qui perché si vive un tempo congelato e si deve imparare a trattenere le emozioni. La parola qui dentro diviene paradossalmente un seme di libertà, difende e grazia. Ho il mio corpo, lo vedo, come vedo i giorni che trasudano uno dopo l’altro ma, se non avessi la parola, cosa sarei? Un animale che ragiona per colori. Non è che la posseggo, la inseguo, certo, ma a volte fortunatamente l’afferro. È mia. Le parole macerano nella testa, io le raccolgo. A volte faccio in tempo, a volte no. Non è tanto la detenzione in sé che ci dà pena, ma l’abitudine ad una vita misera. Ci innamoriamo anche di uno sguardo, le poche donne che incontriamo, le osserviamo con discreta attenzione, con riserbo.

Non è ancora notte per l’anima mia

può darsi l’augurio o una celata speranza

non è mai arrivata fonda la notte

altrimenti, in alcuni frattempi

non è abbastanza notte.

 

Tremo

poi arriverà il giorno

il giorno io non l’ho mai deciso.

 

Vorrei poter contare le lacrime che ho pianto

ne farei fiume pieno di correnti

per trascinare via brutti ricordi.

 

Vorrei poterle contare

e dare a ognuna un nome diverso.

 

Vorrei un fiore di lacrime

staccarne un petalo dopo l’altro

farli seccare e comporre un profumo

giaciglio per anime sgualcite.

(P.S)

* Antonetta Carrabs (Gesualdo, Avellino, 1959) è poetessa, scrittrice e giornalista. Promotrice culturale di iniziative teatrali e di rassegne letterarie. Presidente e fondatrice di Zeroconfini Onlus, de La Casa della Poesia di Monza. Co-direttore-artistico della rassegna culturale Mirabello Cultura. Fondatrice e presidente del Centro di ricerca e Studi Durini. Fondatrice dei premi di poesia Isabella Morra, il mio mal superbo e di Aurelia Josz. Docente di Letteratura presso L’Università del tempo libero di Biassono. Direttore editoriale di “Beyond Bordes – Oltre i confini” Il giornale dei detenuti del carcere Sanquirico di Monza. La lunga lista delle sue pubblicazioni è a questo link. Chi avesse voglia di aprire un laboratorio di poesia “Ernesto Cardenal”, sulla scia dell’esperienza di Monza, può contattare la Carrabs alla mail: acarrabs@libero.it

A PROPOSITO/ La prefazione al libro del pediatra ematoncologo

L’incipit del libro (e del progetto) “Poeti Fuori Strada”: in principio fu il vulcanico, poetico Nicaragua

testo di Giuseppe Masera

Il medico Giuseppe Masera con il collega e pediatra Fernando Silva (al centro) ed Ernesto Cardenal, fatta in occasione del primo Incontro di poesia presso il Dipartimento di Emato-Oncologia Pediatrica dell’Ospedale La Mascota di Managua.

Questo progetto ha origini molto, molto lontane. Siamo nel 1986, in Nicaragua, un piccolo e orgoglioso paese del Centro America, definito terra di vulcani e di poeti. E possiamo ben dire che due poeti ne sono i promotori principali. Fernando Silva, poeta e pediatra, è il direttore dell’unico ospedale pediatrico polispecialistico del paese, La Mascota. Nel 1985 fa giungere a Monza un messaggio, un appello: “Quando facciamo diagnosi di leucemia o di tumore maligno, con la mia penna devo disegnate accanto al suo nome una piccola croce nera. È destinato a morte certa. Non abbiamo farmaci, specialisti, strutture per curare ed offrire almeno la speranza di guarigione. Chiediamo collaborazione per creare un Centro di Oncologia Pediatrica”. E Monza risponde.

Alcuni anni prima Ernesto Cardenal, teologo, poeta, candidato a premio Nobel, ministro della Cultura del governo sandinista, dà avvio ai laboratori di poesia con “verso libero” basati sulla intuizione che in ogni essere umano c’è un poeta potenziale in grado di esprimersi in versi senza necessariamente seguire i canoni della poesia tradizionale. Prende avvio una collaborazione Managua-Monza (e poi Bellinzona) che consente la creazione di un centro di Oncologia Pediatrica, unico in tutto il paese, che è cresciuto in modo straordinario e che oggi, dopo 36 anni, è una preziosa risorsa ed ha già avviato a guarigione circa 2.000 bambini.

Nel 2005 Cardenal inizia i laboratori di poesia con i bambini della Mascota. Dopo circa 10 anni sono stati pubblicati due libri: “Sarebbe triste se non ci fosse l’arcobaleno” e “Me gustan los Poemas y me gusta la Vida”. Nel 2009 Antonetta Carrabs raccoglie il messaggio che giunge da oltreoceano, frequenta per un anno il reparto dei bambini leucemici della Clinica Pediatrica del San Gerardo con un incontro settimanale nella loro camera. I bambini la accolgono con allegria. Nel 2011 viene pubblicato il libro “I miei sogni sono come conchiglie”. Nel 2014 inizia a Milano e a Monza, a opera di Milton Fernandez, Antonetta Carrabs e del sottoscritto, il progetto “Poeti fuori strada” con l’obiettivo di portare i laboratori di poesia all’interno di case di riposo per anziani, grazie alla generosa collaborazione di poeti che accettano di lasciare per alcuni momenti il loro ruolo di poeta per trasformarsi in facilitatori. Descriviamo l’esperienza che si è realizzata a Monza presso il Residence San Pietro a partire dal marzo 2014. In breve tempo l’appuntamento del mercoledì alle ore 10 diviene un momento importante della settimana con partecipazione attiva e serena di alunni impegnati nella scrittura in versi, guidati da facilitatori-poeti. Ben presto sorge l’idea di denominare questi incontri “Laboratori di Poesia Ernesto Cardenal” in omaggio al grande poeta promotore della poesia con verso libero. Gli comunichiamo il nostro progetto e otteniamo la seguente risposta: “Me alegra la decision que han tomado de impulsar ese proyecto literario en Milan inspirado a los talleres de poesia de Nicaragua. Con mucho gusto acepto que se utilice mi nombre para ello, lo qual sera’ muy honroso para mi”.

Ernesto Cardenal con alcuni bambini nicaraguensi. Sulla sinistra, la poetessa Claribel Alegria.

Per quanto concerne la sua definizione di poesia ci invia la seguente nota: “Il poeta spagnolo Gustavo Adolfo Bécquer ha definito la poesia dicendo alla sua amata dagli occhi azzurri ‘La poesia sei tu’. Poesia è la persona amata e poesia è l’amore. Poesia è anche tutto quello che uno ama. Poesia è tutto, incluso il creatore di tutto. Poesia è Dio”. E mi sembra molto appropriata la definizione di poesia che, durante un laboratorio di poesia con bambini con cancro ha scritto (dettato) un bambino: “Formica Foglie Libri Cancellino Borsa Sandali Cocco Sasso Orologio Occhiali Fiori Uccelli TUTTO È POESIA”.

Dopo 15 anni i “Laboratori di Poesia Ernesto Cardenal” possono essere considerati una risorsa, piccola ma significativa, a conferma del valore taumaturgico della poesia, anche con verso libero. Per i Partecipanti residenti l’appuntamento del mercoledì è stato un momento di serenità, ha consentito di sentirsi parte di una piccola comunità comunicante al di là della relativa afasia che caratterizza la vita dei residenti. La poesia ha consentito di esprimere sentimenti, ricordi personali selezionati tra i più positivi. Ha favorito una evasione dalla monotonia del quotidiano rievocando episodi di vita di un passato lontano che le giovani generazioni ignorano. Per i facilitatori è stata l’occasione, gratificante, di esprimere senso di generosità, solidarietà, gratuità. Ed anche per la Residenza San Pietro ha costituito un’occasione per esprimere sensibilità anche ai bisogni emotivi dei propri residenti. Pensando agli sviluppi futuri è auspicabile che l’appuntamento settimanale prosegua con regolarità, se possibile anche nei periodi delle vacanze… Inoltre è auspicabile che si offra la opportunità di formare altri “facilitatori alla poesia” e di promuovere questi laboratori in altre sedi. Si tratta di un raro esempio di iniziativa positiva, senza costi economici essendo basata su gratuità e generosità. Facciamo conoscere i “Laboratori di Poesia Ernesto Cardenal”, aiutiamoli a moltiplicarsi. Complimenti a tutti coloro che li hanno resi possibili, a partire dal drappello di anziani attivi e creativi.

“Poeti fuori strada”, di Antonetta Carrabs (Nemi Press Edizioni).

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