Qual è l’Emilia e qual è la Romagna. (E il nostro elogio dell’una e dell’altra)



 

Siniša Mihajlović, appena diventato allenatore del Bologna, ha chiamato «romagnoli» i bolognesi, ma si è sbagliato. Cogliamo l’occasione per riportare alla luce le parole d’elogio di due lettori lombardi sugli abitanti dell’una e della terra

ITALIANI BRAVE PENNE – Reprint

 
 

Bologna non si trova in Romagna, bensì in Emilia. L’errore è comunque comprensibile, scrive il web magazine ilpost.it. Per chi non è emiliano o romagnolo, la differenza tra Emilia e Romagna non è chiarissima: le due parti che formano la regione dell’Emilia-Romagna non sono distinguibili nemmeno usando il criterio delle province. Imola, per esempio, è romagnola, pur facendo parte della provincia di Bologna.

I confini fisici della Romagna sono, più o meno, il fiume Reno a nord, il torrente Sillaro e la dorsale degli Appennini a ovest e, a sud, una linea che unisce il Passo della Futa, in provincia di Firenze, al Monte Maggiore dell’Alpe della Luna e poi al Monte Carpegna, nelle Marche, e allo sprone di Focara, uno sperone roccioso che si affaccia sull’Adriatico.

I confini fisici dell’Emilia (foto in apertura) coincidono in gran parte con quelli dell’Emilia-Romagna: le province di Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena e Ferrara ne fanno parte completamente, quella di Bologna ne fa parte se si esclude il comune di Imola e altri confinanti che si trovano a est del torrente Sillaro. In questa cartina, che mostra meglio il confine, sono indicate le zone in cui si parla (o si parlava) il dialetto emiliano (non solo in Emilia) e quelle in cui invece si parla quello romagnolo.

Un curioso stereotipo caratteriale indica poi i romagnoli molto estroversi e accoglienti (il successo del turismo lungo la riviera adriatica, ne sarebbe una prova), mentre gli emiliani sarebbero un po’ più chiusi, anche se comunque alla mano. La principale differenza comunque è storica e conseguentemente linguistica: dalla caduta dell’Impero Romano fino all’Unità d’Italia, Emilia e Romagna sono sempre state divise, con le città emiliane organizzate in comuni e ducati più o meno indipendenti e quelle romagnole sotto l’Impero Bizantino e poi sotto lo Stato della Chiesa.


Italiani brave penne: elogio dell’Emilia e della Romagna

testi di Davide Daniele e Giovannino Fabri – Reprint

Tutti e due vivono in Lombardia. Il primo, Davide Daniele, professione educatore in un istituto svizzero, abita sul crinale della montagna, sospeso tra il lago di Como e quello di Lugano, ma la sua ispirazione affonda le radici nell’Emilia, dove ha trascorso le estati da bambino tra le coccole dei nonni e i giochi con i cugini. Ha mandato le sue parole di conforto agli emiliani al quotidiano Il Resto del Carlino. L’altro, Giovannino Fabri, opera nel cuore di Milano ma si sente romagnolo come tutta la sua famiglia, dal nonno in giù. Il suo originalissimo elogio alla Romagna è apparso nelle lettere mandate al blog “Italians” del giornalista e scrittore del Corriere della Sera Beppe Severgnini. Leggiamoli.

Elogio dell’Emilia

In un articolo di qualche tempo fa avevo letto che “l’Emilia è quel pezzo di terra voluto da Dio per permettere agli uomini di costruire la Ferrari”. Gli emiliani sono così. Devono fare una macchina? Loro ti tirano fuori una Ferrari.

Devono fare una moto? Loro costruiscono una Ducati. Devono fare un formaggio? Loro si inventano il Parmigiano Reggiano. Devono fare due spaghetti? Loro mettono in piedi la Barilla. Devono farti una caffè? Loro ti fanno la Saeco. Devono trovare qualcuno che scriva canzonette? Loro ti fanno nascere gente come Lucio Dalla, Gianni Morandi, Vasco Rossi, Ligabue e Samuele Bersani. Devono farti una siringa o una provetta? Loro ti tirano su un’azienda biomedicale. Devono fare quattro piastrelle? Loro se ne escono con delle maioliche.

Sono come i giapponesi, gli emiliani, non si fermano, non si stancano, e se devono fare una cosa, a loro piace farla bene e bella e utile e tutti insieme. Ed è proprio in questo modo che io cerco di essere emiliano ogni giorno.

Ci sono delle pietre da raccogliere dopo un terremoto? Noi ne faremo cattedrali.

Davide Daniele, Como

Elogio della Romagna

Sono nato a Milano, non mi sento né milanese né tanto meno lombardo, bensì romagnolo come tutta la mia famiglia da mio nonno in giù. Sono costretto a non vivere in Romagna (è spesso molto difficile coronare i propri sogni).

  1. In Lombardia ci saranno anche le Alpi e le Prealpi, ma lontane e spesso invisibili per lo smog o la nebbia o il maltempo
  2. C’è Bossi e tutti quelli come lui (troppi)
  3. I milanesi non ci sono e quelli che ci sono li vedi sempre incazzati
  4. San Siro, la Scala del calcio, è un’arena dove lo sport si fa sugli spalti, tra quelli che si menano e non sul prato
  5. Né Riccardo Muti, né Claudio Abbado sono milanesi
  6. L’Ultima Cena non è stata dipinta da un milanese
  7. E la piadina con il prosciutto di Carpegna, dove la mettiamo? Per non parlar dei cappelletti, quelli veri, non i tortelli dolciastri con la zucca
  8. Escludo che la maggior parte di coloro che vivono in Lombardia si vogliano bene. La sensazione è proprio opposta: tu cammini e la gente intorno sembra che vada in giro guardandosi in cagnesco, frettolosa e menefreghista. La Romagna è terra dolce di gente un po’ matta ma piena di calore, sempre disposta a sorridere e scherzare, capace di lavorare e produrre anche più di qui, ma senza fretta, perché la fretta serve a vivere male. Ricordo poi che in Romagna a mezzogiorno non si mangiano panini al bar, e le trattorie sono piene di gente che si fa fare un pasto completo e poi tornare al lavoro. Le colline sono dolci e piene di paesi antichi, tenuti come salotti e il panorama è rasserenante, il vino è sincero come i suoi abitanti, e un bicchiere di vino non si nega a nessuno. Ci sono nati Federico Fellini e Tonino Guerra, tra gli altri, e sono sempre di più quelli che ci vanno a vivere o impiantano “fabbriche” culturali. A Santarcangelo è stata inventata la “banca del tempo” dove ognuno va a dare la sua disponibilità per aiutare qualcun altro.

Giovannino Fabri, Milano