In Romagna una misteriosa comunità seduce con le sue mani sapienti

Verrucchio. Interno Museo civico archeologico (1)

Verrucchio. Interno Museo civico archeologico (2)

Villa Verucchio (Rimini). Nella Chiesa Santa Croce, che la tradizione vuole fondata nel 1215 da San Francesco, il colossale cipresso che sarebbe stato piantato proprio dal santo di Assisi. Vale una visita da solo. Ne hanno già fatto talea, creando quindi un suo “gemello”, gli amici della Associazione Nazionale Patriarchi della Natura che ha sede a Forlì, presidente Sergio Guidi, agronomo di Predappio.

Conosceremo mai le dimore civili, la piccola città nella quale visse quasi tremila anni fa una comunità proto-etrusca (si dirà?) alta sulla collina in vista dell’Adriatico che a poche miglia di distanza bagna laggiù gli arenili di Rimini? Difficile prevederlo. Per ora dobbiamo accontentarci (si fa per dire) di gustare, ammirare, fare nostri nella memoria gli straordinari reperti della “città dei morti”, delle necropoli di quella comunità remota, scoperte, scavate e studiate non moltissimi anni fa, ricche di materiali da sballo.

Quando si sale dall’enorme letto sassoso del Marecchia verso lo sperone roccioso di Verucchio, sopra Rimini, viene subito incontro la Rocca di sasso e mattoni rossi del dantesco Mastin Vecchio, da cui provengono i Malatesta, signori geniali quanto spesso feroci, a cominciare da Sigismondo Pandolfo. Noi puntiamo dritto al piccolo convento porticato di Sant’Agostino, sede del civico Museo Archeologico al quale hanno in modo esemplare collaborato lo Stato e il Comune che lo gestisce. Entrando, la prima cosa che colpisce e affascina, nella generale bellezza degli arredi e dei corredi esposti, è un trono ligneo, intarsiato, colorato, dorato, in una parola raffinatissimo.

È il simbolo di una comunità ancora misteriosa che si insediò su questo colle alto quasi 300 metri in vista dell’Adriatico forse nel IX secolo e vi rimase fino al V, quando scomparve (o si imbarbarì, chissà). Forse attratta dal mare Adriatico, dai più agevoli commerci fra terra e mare e fra sponde diverse dello stesso mare. Laggiù sarebbe più tardi nata Ariminum poi città-chiave per giungere da Roma con la Via Flaminia ed inoltrarsi nella Valle del Po, allora in gran parte acque e foresta nordica, con la Via Aemilia proiettata, dopo l’etrusca Félsina, fino a Placentia. Rimini con l’Impero città augustea per eccellenza.

Verucchio. L’ingresso del Museo Civico Archeologico.

Museo villanoviano, Verucchio (1)

Museo villanoviano, Verucchio (2)

I numerosi, stupendi monili del prezioso Museo Archeologico di Verucchio danno conto di una comunità di origine “villanoviana” da Villanova vicino a Bologna. Forse a regime matriarcale, tanto presenti sono qui, molto più che altrove, i corredi femminili. Comprese – ecco una delle sorprese più stupefacenti – stoffe di lana che le argille delle necropoli fin qui scoperte (negli anni ’70) hanno incredibilmente conservato: sembrano pezze di cashemere blu scuro e ricordano i kilt dei gonnellini scozzesi. Siamo sull’antica Via dell’Ambra tracciata da nord a sud proprio dagli Etruschi e qui, nel Museo di Verucchio, c’è anche molta ambra. Ci sono collane, fibule, anelli, piatti, ciotole. Ma anche elmi guerrieri e spade. Atte a difendere questa arcaica comunità che non sappiamo se venuta sin qui direttamente dall’Anatolia, giunta invece da altri mari o dalla Toscana, oppure autoctona. Certo già di una eleganza già strepitosa in epoca così lontana, così anticipata rispetto allo sviluppo medio della zona in cui visse e operò.

Fibula, Museo civico archeologico, Verucchio

Elmo al Museo civico archeologico, Verucchio

Gioielli, Museo civico archeologico, Verucchio

Di essa si conoscono soltanto le sei necropoli situate sotto il colle sul quale poggia il borgo dei Malatesta, edificato, con ogni probabilità, sopra quell’abitato villanoviano. Qui c‘è anche molto Trecento e il Trecento dei pittori riminesi è largamente da scoprire per il turista. Una volta si parlava sempre e solo di Giotto (del quale a Rimini esiste davvero uno splendido Crocefisso, nel Tempio Malatestiano). Oggi si parla anche di Pietro e di Giuliano da Rimini, di Baronzio e di altri riminesi, delle cui vite poco si conosce (si sa soltanto, con certezza, che Baronzio perì nelle terribile peste di metà Trecento). A Verucchio, nella chiesa dei Santi Martino e Francesco, spicca un grande Crocefisso su tavola di ignota, ma preziosa, mano sicuramente riminese.

A Villa Verucchio, a 4 chilometri da qui, si erge la Chiesa della Croce, dal bel portale gotico, che la tradizione vuole fondata nel 1215 da San Francesco. Il quale avrebbe pure piantato il colossale cipresso che sorge ancora nel chiostro, prepotente, come una imponente scultura naturale. Vale una visita da solo. Ne hanno già fatto talea, creando quindi un suo “gemello”, gli amici della Associazione Nazionale Patriarchi della Natura che ha sede a Forlì, presidente Sergio Guidi, agronomo di Predappio. Pronto in vivaio per essere donato a papa Francesco. Come hanno già chiesto. Infine affacciatevi dal Museo di Verucchio. Rivolgete un ultimo sguardo verso l’interno del Montefeltro, verso la rocciosa, vertiginosa San Leo, il paesaggio vi suggerirà un nome solo: Dante.

Vittorio Emiliani (Predappio, 1935), giornalista e scrittore, presiede il Comitato per la Bellezza. La sua ultima pubblicazione, Romagnoli & Romagnolacci, cento e più ritratti di personaggi della Romagna dell’altro ieri, di ieri e di oggi (Minerva Edizioni) segue quelle di Cronache di piombo e di passione. L’altro «Messaggero». Un giornale laico sulle rive del Tevere (1974-1987) (Donzelli, 2013) e di Belpaese Malpaese. Dai taccuini di un cronista 1959-2012 (Bononia University Press).

A PROPOSITO

Mappa e info utili

Mangiare e dormire bene:


Il mosaico dei turismi

in natura e di cultura

a Verucchio e dintorni

Turismi in natura

  • Agriturismo
  • Alpinismo, arrampicata sportiva
  • Birdwatching
  • Botanica, itinerari botanici, fotografia naturalistica
  • Entomologia, campi scuola, vacanze per imparare, biblioteche
  • Escursioni in bicicletta, mountain bike, piste ciclabili
  • Picnic, scoutismo, vacanze scolastiche e famigliari
  • Trekking a piedi, sentieri natura, passeggiate nel verde

Turismi di cultura

  • Archeologia (specialisti), itinerari archeologici (turisti)
  • Artigianato e collezioni
  • Concerti, musica, teatro, feste, balletto, danze, festival, eventi di costume, folklore
  • Itinerari gastronomici
  • Musei e beni storici, architettura, monumenti, castelli
  • Strade romantiche
  • Turismo religioso (luoghi sacri, convegni, monasteri, cattedrali)

A PROPOSITO

Seconda tappa del nostro viaggio tra le fortezze di Romagna a 180°: la Rocca del Sasso a Verucchio (e altre 14 a Rimini e dintorni)

Il reportage panoramico di Ferdinando Cimatti*

  • VERUCCHIO – ROCCA DEL SASSO

    L’evocata Rocca di Verucchio è una delle più grandi e meglio conservate fortificazioni malatestiane che ha visto il sovrapporsi e l’integrarsi di diverse parti architettoniche che vanno dal XII al XVI secolo. E’ detta anche Rocca del Sasso per la sua posizione all’apice dello sperone di roccia che sovrasta il paese e domina tutto il territorio circostante. Cadde sotto il dominio dei Malatesta per trecento anni. Quella famiglia storica la ampliò facendola diventare un baluardo del loro regno. Qui nacque il Mastin Vecchio, considerato uno dei capostipiti dei Malatesta, ricordato da Dante nella Divina Commedia. Passò poi di proprietà della Chiesa fino all’Unità d’Italia. Oggi è visitabile.

  • RIMINI – CASTEL SIGISMONDO

    È stato costruito a opera di Sigismondo Pandolfo Malatesta a partire dal 1437. Concepito sia come palazzo che come fortezza, era un complesso di grandiose dimensioni di cui resta solo il nucleo centrale. Oggi ospita eventi e mostre (appena conclusa quella, memorabile, dedicata al grande architetto e poi scultore Ilario Fioravanti).

  • TORRIANA – ROCCA

    D’epoca malatestiana, risale al XV secolo. È stata oggetto di un ampio intervento di rifacimento, ma della costruzione originaria oggi restano solo la porta d’accesso, due torrioni circolari, la cisterna, parte delle mura e del mastio.

  • MONTEBELLO – CASTELLO

    Divenuto famoso per la leggenda di Azzurrina (link), il castello poggia le sue fondamenta sul picco del “Mons Belli”, monte della guerra. Fu teatro di molteplici attacchi e conflitti, passando più volte sotto il dominio dei Malatesta e dei Da Montefeltro. Dal 1463 i proprietari sono i Guidi di Bagno.

  • SANTARCANGELO DI ROMAGNA – ROCCA MALATESTIANA

    Fortificazione strategica, nel corso degli anni subì diversi rimaneggiamenti, sia per rafforzarne la difesa che per esserer adibita ad abitazione. Nel 1447, durante la signoria di Pandolfo Malatesta, assunse l’aspetto che ha tutt’oggi.

  • SAN LEO – FORTE

    La prima edificazione fu a opera dei Romani. Aspramente contesa a causa della sua posizione strategica, fu oggetto di sanguinose lotte tra le famiglie più importanti della storia d’Italia e ospitò personaggi come San Francesco e Dante Alighieri. Il forte-prigione è legato alla enigmatica figura di Giuseppe Balsamo, conte di Cagliostro, che qui, come si legge in un documento dell’epoca, “nell’anno di grazia 1795, mese di agosto, dopo aver sopportato le sofferenze della prigione per quattro anni, quattro mesi e cinque giorni, è morto a 52 anni, due mesi e 28 giorni”. San Leo è al secondo posto nelle visite turistiche del 2015 in Emilia Romagna.

  • MONTEGRIDOLFO – CASTELLO

    È un borgo malatestiano che fui aspramente conteso a causa della sua posizione strategica. Fu distrutto più volte: nel 1336 la distruzione più rovinosa a opera del conte di Urbino. Oggi il borgo è stato restaurato.

  • MONDAINO – ROCCA MALATESTIANA

    Risale alla fine del XIII secolo. Fu contesa dai signori locali fino a quando fu occupata dai Malatesta. Oggi fa da sfondo alle manifestazioni del paese ed è sede del municipio e del Museo paleontologico.

  • MONTEFIORE CONCA – ROCCA MALATESTIANA

    Recenti scavi archeologici ne hanno ipotizzato l’esistenza già nell’XI secolo. Fu una fortificazione militare, oltre che residenza e importante luogo di transito e incontri. Restauarata, oggi ospita mostre e allestimenti d’arte. Un documento fa ritenere che tra le sue mura sia nascosto il tesoro dei Malatesta (clicca qui per approfondire).

  • MONTE COLOMBO – CASTELLO

    Edificato nel XIV secolo a opera della famiglia Malatesta, fu teatro dei numerosi scontri tra Malatesta, Da Montefeltro, Guelfi e Ghibellini, e Stato Pontificio. È stato oggetto di cinque assedi e di molti interventi di restauro a causa della scarsa solidità delle mura.

  • MONTE COLOMBO – CASTELLO DI SAN SAVINO

    Borgo rurale fortificato edificato alla fine del Quattrocento, epoca del declino dei Malatesta e di Cesare Borgia. Fu poi dominio dei Veneziani, di Napoleone e dello Stato Pontificio. Restaurato nel 2000.

  • MONTESCUDO – ROCCA MALATESTIANA

    La Rocca di Montescudo, il cui nome antico è Rio Alto, è un piccolo borgo medioevale di ancora oscure origini. Nel 1874, vicino alla chiesa di S. Biagio e S. Simeone, furono trovati scheletri giganteschi, colonne e tombe romane. E’ noto anche ai nostri giorni per la produzione di terracotta.

  • ALBERETO – CASTELLO

    Piccolo borgo rurale fortificato. Le prime notizie certe risalgono al 1227. Fu teatro delle lotte tra i Malatesta e i Carpegna. Il castello ha subìto vari danni nel corso dei conflitti mondiali, ma è poi stato ristrutturato e risanato nel 2003.

  • CORIANO – CASTELLO

    Del 1300 circa, fu proprietà della Curia di Ravenna e poi dei Malatesta, che ristrutturarono e ampliarono la fortezza. Passò poi di mano ai Veneziani, allo Stato della Chiesa e ai Sassatelli di Imola. Riportò gravi danni durante la Seconda guerra mondiale. È stato restaurato da poco.

  • SAN CLEMENTE – CASTELLO

    Le prime notizie risalgono al 962. Fu possedimento dei Malatesta fino al 1504, anno in cui passò di mano ai Veneziani, finché nel 1508 la Santa Sede lo assegnò al Comune di Rimini.

Le immagini a 180 gradi che trovate in questo album (e altre che troverete nei prossimi servizi sulla nostra Romagna) portano la firma di un fotografo romagnolo di ampie vedute: Ferdinando Cimatti. Ha iniziato a fotografare nel 1980 da autodidatta, esprimendosi quasi esclusivamente con opere in bianco e nero, curandone personalmente anche lo sviluppo e la stampa. Dal 2005 ha iniziato a dedicarsi al nuovo sistema digitale dove interviene su ogni operazione, dallo scatto alla stampa, sia essa a colori o in bianco e nero. Durante la propria trentennale carriera di fotografo ha partecipato a molti stage di rilievo internazionale, esponendo in mostre personali e collettive e ottenendo premi e riconoscimenti. È autore di volumi monografici sulle città romagnole, nei quali offre all’osservatore nuove angolature, sui piccoli borghi, chiese, monumenti, paesaggi, offrendo una prospettiva molto originale. Contatto: ferdinandocimatti@gmail.com