Agli americani piace l’antica Salapia. E a noi piacciono gli archeologi che la stanno riportando alla luce in Puglia



 

Fin dal 1927 il settimanale americano Time ogni fine anno sceglie un uomo, o una donna, o un’idea che più ha influenzato, nel bene e nel male, le notizie e le vite dell’umanità durante l’anno che si va a concludere (quest’anno la scelta, prima riservata alla sola redazione, è stata estesa anche ai lettori). Usando lo stesso principio, e guardando alla mia terra d’origine con una vertiginosa discesa dal globale al locale, mi piace assegnare l’ideale titolo di uomini e donne dell’anno alla squadra dei ricercatori che hanno condotto la prima parte di una campagna di scavo archeologico, con risultati straordinari, sulla città sepolta di Salapia, progenitrice della mia città natale (Trinitapoli, nel Tavoliere pugliese). Il team è stato diretto da Roberto Goffredo e Giovanni De Venuto, due archeologi del Dipartimento di studi umanistici dell’Università di Foggia (ateneo al secondo posto in Italia per la ricerca archeologica e 12esima nella graduatoria nazionale Anvur per la Qualità della ricerca scientifica) e dall’americana Darian Totten, docente di archeologia al Davidson College della North Carolina, Stati Uniti).

I due ricercatori pugliesi, oltre a riconoscere e trovare le tracce di inediti, millenari e straordinari dialoghi tra le sponde del Mediterraneo, ne hanno intercettati e animati di attualissimi con i colleghi statunitensi. Tra le scoperte, le testimonianze legate all’antica tradizione della transumanza, all’economia e alle “vie del sale” in Capitanata insieme al grande interesse della comunità scientifica americana. Un interlocutore privilegiato con cui progettare il futuro possibile di questa preziosa cellula del nostro passato.

Per un quadro più completo, ecco qui di seguito il racconto che dell’indagine ha dato Maria Paola Porcelli, vigile antenna su cultura e dintorni della regione Puglia, sul Corriere del Mezzogiorno, l’inserto del Corriere della Sera per il Sud. (s.gian.)

Salapia romana, rifondata in epoca romana (fine I a.C.) su richiesta dei cittadini in un luogo più salubre da M. Hostilius, sulla sponda del lembo nord occidentale delle saline di Margherita di Savoia, le più grandi d’Europa. La veduta aerea evidenzia anche l’area di Villa San Vito e della Torre di Pietra e altri siti archeologici nell’area della laguna in territorio di Trinitapoli.

L’area della città romana di Salapia in una delle fotografie aeree scattate nel dopoguerra da John Bradford, ufficiale della RAF inglese, pioniere della aereofotogrammetria innamorato della Puglia e delle ricchezze del suo sottosuolo (Giannella Channel ne parlò qui). Dice l’archeologo Roberto Goffredo: “La città con le sue mura, con le sue strade e i suoi edifici, è lì e attende solo di essere indagata”.

Gli Stati Uniti comprano non più solo immaginari pugliesi ma finanziano e premiano anche campagne di scavo nella regione, manifestando vivo interesse all’acquisto delle sue aree archeologiche. Nel nome del sale. Dopo la campana Ercolano alla Packard, anche la pugliese Salapia, città romana fortificata di Capitanata (I sec. a. C.- VII d. C.), con una superficie di 18 ettari circa e quindi poco più piccola di Ercolano, diventa oggetto di desiderio per gli americani. Lo straordinario interesse è legato alla scoperta, durante la prima fase di scavi effettuati dal giugno all’agosto scorso, di un “quartiere” dell’antico insediamento probabilmente tutto dedicato alla concia di pelli e al lavaggio di lane e tessuti. Tra le poche se non l’unica“zona industriale” di età romana ad hoc di cui oggi si abbia conoscenza nell’Italia meridionale e di cui esistono esempi simili, ancora ai nostri giorni, in Marocco.

Una città dalle tre vite, Salapia. La vetus, la romana, la medievale. In un comprensorio paesaggisticamente assai suggestivo. Un osservatorio privilegiato tra i fenicotteri nell’area delle saline, ieri “l’universo degli uccelli” amato dall’imperatore naturalista Federico II e ancora oggi zona umnida di valore internazionale, il profilo di Castel del Monte, i rilievi del Gargano e ora straordinari ritrovamenti archeologici. Quanto basta per rapire gli studiosi degli atenei statunitensi interessati al comprensorio, solo in parte vincolato. Potrebbero, chissà, decidere di farne un parco archeologico di tutto rispetto e che non subisca le sorti, finora penose, del vicino Parco e del Museo degli Ipogei di Trinitapoli. Ma questa è un’altra storia. (E speriamo che sia vicino finalmente il buon fine: “Aspettando il Museo” è il titolo del convegno di giovedì 4 dicembre, ore 17,30, all’Auditorium dell’Assunta a Trinitapoli, con le massime autorità scientifiche e istituzionali. Ndr).

E se può apparire scontato che per gli americani l’interesse archeologico non possa che rivolgersi alla Vecchia Europa, all’Italia in particolare, affatto scontato è che vengano siglati accordi del genere del Life on the lagoon Salapia Exploration Project.

Nella foto di gruppo i protagonisti della campagna di scavi Salapia 2014. Sono foggiani e americani, tranne due di Bari e una di Roma. Seduti, da destra verso sinistra: Martina Scarcelli (Roma), Luisa Pedico, Sara Loprieno, Giovanni De Venuto, Rita Di Gaetano, Maria Pia Masanotti, Monica Pece, Giovanna Vairo, Francesca Fabbiano, May Peterson, Darian Totten e, alla sue spalle, con gli occhiali da sole, Laura Cerri. In piedi, sempre da destra a sinistra: Roberto Goffredo, Valerio Lattanzio, Francesca Fortinguerra, Maria Grillo, Vincenzo Ficco, Biagio Bellizio, Scott Holtzwarth, Michele Cuccovillo (Bari), Andrea Fratta, Craig Stevens, Lucia Miccoli, Liz Pomeroy, Kirsten Huffer, Dorotea Famà, Chiara Viola, Stefania Riccardi, Mary Monroe.

Salapia: ambienti residenziali con pavimentazione musiva.

La storia. Una campagna di scavi in Puglia, qualche anno fa. Darian M. Totten, oggi docente di Archeologia al Davidson College della North Carolina, incontra due ricercatori archeologi del Dipartimento di Studi umanistici dell’Università di Foggia: Roberto Goffredo e Giovanni De Venuto. Il resto sono idee e voglia di far nascere occasioni di studio di spessore.

Così nel 2013 si formalizza la collaborazione, coordinata dal professor Giuliano Volpe, tra questo Dipartimento, il Davidson College della North Carolina e la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia. Il resto è una sequenza di felici riscontri. In America, Life on the lagoon Salapia Exploration Project viene presentato al 115mo Annual Meeting dell’Archaeological Institute of America dove il lavoro dei ricercatori dell’Università di Foggia viene premiato a livello internazionale con il conferimento della prestigiosa Cotsen Excavation Grant: 25.000 dollari assegnati dall’Archaeological Institute of America.

Dallo scavo sono affiorati migliaia di frammenti ceramici riferibili a vasi e anfore provenienti da molte località del Mediterraneo orientale. Segni di un porto molto vivace e bel collegato, tanto da far meritare a Salapia l’appellativo di “Venezia dei Dauni”.

L’impianto artigianale: una probabile conceria di età imperiale.

Ma non basta. Arriva anche il Loeb Classical Library Grant con 17.500 dollari conferiti dall’omonima fondazione associata al Department of Classics dell’Università di Harvard. Così è nata una campagna di scavo di portata internazionale cui oggi partecipano studenti e docenti: una decina gli americani, una ventina gli italiani.

Ne aveva parlato Vitruvio del trasferimento intorno alla metà del I secolo a. C. di Salapia vetus e del suo porto, impaludatisi e divenuti nel tempo insalubri per i cittadini. Sorgevano a 6 km circa dalla linea costiera, nell’attuale territorio di Cerignola (le radici storiche sono riconducibili all’attuale territorio Trinitapoli e Margherita di Savoia). La città fu dunque “spostata” sulle sponde del lago di Salpi, quattro miglia a sud, in una laguna questa volta aperta. Così sorse la Salapia romana oggetto del progetto internazionale di cui parliamo.

“Il problema della salubrità è però esistito solo per la Salapia vetus, spiega Roberto Goffredo, con De Venuto principale artefice del progetto. La città romana, invece, fino all’epoca di Federico II insisteva su una laguna pescosa con una vegetazione rigogliosa, luogo d’elezione per la caccia perfino per Federico II: in località “Castello” sorgeva una sua domus solaciorum (un luogo di diletto dove l’imperatore “stupor mundi” allenava e addestrava i suoi falchi da caccia: nei registri del regno c’è, tra l’altro, un ordine di pagamento per Nicola de Calcochuro, castellano di Salpi, che aveva il compito di custodire questi uccelli e, tra i regi falconieri incaricati di catturare i falconi nei nidi o con le reti vi è anche Matteo De Rosa di Salpi il quale, come i suoi colleghi, ha a disposizione uno scudiero e due cavalli e guadagna un’oncia e 15 tarì d’oro all’anno, Ndr).

Dal punto di vista archeologico, sul periodo romano si sapeva poco di questa fascia costiera. “Ha un’importanza centrale per quel che riguarda la storia del ruolo delle saline per l’intero territorio, di qui l’idea di lavorare a Salapia”, chiarisce. Gli americani sono rimasti assai sorpresi dalle sue rilevanze e con i loro finanziamenti il progetto proseguirà. “Quest’inverno studieremo i reperti,  attenderemo i risultati delle analisi fisico-chimiche su i materiali. Abbiamo finora indagato circa 1000 metri quadrati, probabilmente solo una sezione di una zona artigianale molto più ampia e articolata dotata di vasche costruite o scavate nella roccia utilizzate molto probabilmente per lavare e sgrassare lane, tessuti e pelli. Gli esiti delle analisi effettuate sulle pareti delle vasche stesse, le tracce di urina e altre sostanze che con il sale venivano utilizzate, non lasceranno più dubbi”.

L’ateneo è stato rappresentato dal Dipartimento di Studi umanistici con Roberto Goffredo, Giovanni De Venuto e il prof. Giuliano Volpe, dal 2008 al 2013 rettore dell’Università e dall’aprile 2014 presidente del Consiglio Superiore dei Beni culturali e paesaggistici.

L’icona del Davidson College della North Carolina (USA), presente con un team guidato da Darian Totten.

Lo stemma di Trinitapoli, la città che ha generosamente ospitato tutto il team di studio. Ci dice l’archeologo Goffredo: “Un grazie particolare va al sindaco Francesco di Feo e all’assessore all’Urbanistica Giustino Tedesco insieme al Soprintendente per i Beni archeologici della Puglia, Luigi La Rocca, e all’archeologa del MiBACT Giovanna Pacilio”.

A PROPOSITO

Nome: Pardo. Professione: vescovo di Salpi e primo vescovo di Puglia 1.700 anni fa

di Pietro Di Biase¹

Ben 1.700 anni fa era responsabile della diocesi di Salpi il vescovo Pardo, primo vescovo pugliese storicamente certo. Ne parlerà nel salone della chiesa della Madonna di Loreto venerdì 5 dicembre, alle 19, lo storico di Trinitapoli, Pietro Di Biase, vulcanico esploratore delle radici del cristianesimo nel Tavoliere, che ha scoperto questo singolare primato della sua (e mia) città. Giannella Channel gli ha chiesto di anticipare qui una sintesi del suo intervento dal titolo “314-2014: 1700 anni di presenza cristiana nel territorio di Trinitapoli”. (s.g.)

Con l’Editto di Milano del 313 d.C. Costantino concedeva libertà di culto ai cristiani, stabilendo un principio importantissimo per il benessere di ogni società: quello della libertà religiosa. «Con l’Editto di Milano il pensiero giuridico romano incontrò la novità cristiana, realizzando alcune conquiste decisive per il progresso spirituale dell’umanità» (Cardinale Angelo Scola). Ricordare l’editto costantiniano, pertanto, significa sottolineare l’importanza fondamentale della libertà religiosa e farsi portavoce delle situazioni in cui essa è compromessa o non è riconosciuta in modo adeguato.

La Chiesa di Milano nel 2013 ha celebrato un Anno Costantiniano per ricordare i 1700 anni dall’Editto del 313, riflettendo soprattutto sul tema della libertà religiosa, ancora oggi di stringente e drammatica attualità. Infatti, come denunciava Bartolomeo I, Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, venuto a Milano per la circostanza, «nonostante gli apparenti progressi circa il rispetto dei diritti umani, le persecuzioni contro i cristiani non sono cessate». Altra iniziativa importante di Costantino fu la convocazione, nel 314, di un concilio ad Arles, in Gallia, al fine di dirimere le controversie sorte all’interno della Chiesa. Al concilio partecipò anche Pardo, vescovo di Salpi, accompagnato dal diacono Crescente.

La comunità cristiana di Salpi, quindi, doveva essere già numerosa e ben organizzata, se emerge ufficialmente come diocesi subito dopo l’emanazione dell’editto di Milano. A tal proposito ricordo i risultati di un mio studio portato a termine nel 1982, nel quale – rileggendo attentamente le fonti e approfondendo il contesto storico – arrivavo a concludere che Pardo (sino ad allora erroneamente attribuito alla diocesi di Arpi) andava invece attribuito a Salpi; la mia conclusione veniva recepita ed è ora universalmente accolta nella storiografia relativa al paleocristianesimo in Puglia. Va anche ricordato che, allo stato attuale della ricerca, Pardo è il primo vescovo pugliese storicamente certo.

E come la Chiesa milanese ha ricordato i 1700 anni dell’editto di Milano, anche la comunità cristiana di Trinitapoli vuole ricordare i 1700 anni della diocesi di Salpi, di cui si sente erede e continuatrice nell’opera di evangelizzazione.

Già nel dicembre scorso è stato ospite a Trinitapoli S.E. mons. Paolo Selvadagi, appena eletto vescovo titolare di Salpi e ausiliare di Roma. Durante la sua visita è stato anche accompagnato sul sito dell’antica città (vedere articolo in alto).

L’elezione del nuovo vescovo titolare di Salpi e la campagna di scavi hanno riacceso i riflettori sull’antica città e diocesi di Salpi, che quest’anno celebra anche i 1700 anni dalla prima attestazione della sua esistenza.

¹ Pietro di Biase (Trinitapoli, 1946) si è laureato in Lettere a Bari e in Storia a Bologna. Si interessa di istituzioni ecclesiastiche del Sud, tema su cui ha relazionato in  convegni anche internazionali. Sua ultima fatica: Vescovi, clero e popolo. Lineamenti di storia dell’arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie (2013). Già vicepresidente della Società di Storia Patria per la Puglia, è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere “al merito della Repubblica”. Molti i suoi volumi di storia locale: Da Casal Trinità a Trinitapoli. Lineamenti di storia sociale (1976); Trinitapoli sacra. Appunti per una storia socio-religiosa del Sud (1981); Puglia medievale e insediamenti scomparsi. La vicenda di Salpi (1985); Trinitapoli nella civiltà del Tavoliere (1987); Il cantiere dei sogni. Alle sorgenti del sacro nella Puglia del sole e del sale (2000); Nella città amata mi ha fatto abitare. Atti dell’8º centenario della chiesa di S. Maria di Loreto in Trinitapoli, con Giuseppe Pavone (2005); Il volto della città nel tempo. Dall’album fotografico di Trinitapoli (2008); Da Casale a Città della Trinità. La storia in un simbolo (2009); I Cavalieri di Malta in Puglia. Trinitapoli e il suo territorio nel Sei-Settecento (2011).

A proposito di archeologia ed esplorazione: