Quando Venezia si salvò puntando su bellezza, restauro e agricoltura

Tiziano Vecellio, Ritratto del doge Andrea Gritti, 1540.

Per far ripartire la macchina inceppata dell’Italia, una lezione fondamentale può venirci oggi dalla storia di Venezia e dalle mosse del suo doge Andrea Gritti il quale puntò su bellezza, restauro e agricoltura dell’entroterra. La città lagunare nel XVI secolo usciva da una grave sconfitta militare e da un’altrettanta grave crisi economica. Sentite che cosa scrive Giuseppe Barbieri, professore di storia dell’arte moderna all’Università Ca’ Foscari di Venezia, nel suo libro “In arte Palladio”, sottotitolo “Tre brevi lezioni e qualche personale ricordo sul maggiore architetto veneto di ogni tempo” (Edizioni Terra Ferma, Vicenza):

Lo Stato si salvò a fatica ma le conseguenze furono pesantissime e assai protratte nel tempo. Dalla crisi politica ed economica, dallo smarrimento della identità che ne derivò, dai contrasti tra i gruppi di potere veneziani, un nuovo doge, Andrea Gritti, seppe uscire anche attraverso il ricorso a un uso accorto dell’architettura.

Venezia aveva perso? Doveva mostrare la sua forza ancora viva attraverso una rinnovata bellezza; impegnarsi ad aggiornare la sede stessa del suo potere (la piazza di San Marco); ribadire le sue intenzioni pacifiche attraverso la bonifica e la riorganizzazione del suo territorio. Così gradualmente avvenne.

Palladio non poté partecipare per ragioni anagrafiche alla prima fase di questo interessantissimo processo, e intervenne invece in una seconda fase altrettanto decisiva. Le sue ville furono percepite all’estero come segno di un riscatto, di una nuova prospettiva economica, della rinuncia alla forza delle armi in favore di quelle del lavoro.

Nell’immaginario internazionale la sua “usanza nuova” di cui Palladio sosteneva di essere l’artefice, era percepita come il segnale magari superficiale ma non per questo meno efficace di un complessivo rinnovamento dello Stato. Nel corso di un convulso secolo XVII (si pensi alla Guerra dei Trent’anni, che ridusse l’Europa a condizioni simili a quelle sperimentate dopo la peste nera di metà del Trecento), le nazioni che cambiarono regime politico o antiche sudditanze, rafforzarono il loro sistema economico, introdussero nuove forme di convivenza civile guardando con particolare interesse a ciò che era accaduto, pochi decenni prima, nello Stato veneto.