La protesta sdraiata: ai giovani cinesi quest’uomo sta insegnando un modo di vivere “liberi dall’ansia”

Stare sdraiati per prendere posizione contro il superlavoro, l’ipercompetitività e il consumismo. È la filosofia del “tang ping”, che in cinese significa “stare lungo disteso”, un movimento di protesta, a cui stanno aderendo soprattutto giovani, che è emerso in Cina nei mesi scorsi.

Rallentare. Tutto è cominciato cinque anni fa, quando Luo Huazhong, 31 enne, ha deciso di licenziarsi dalla fabbrica in cui lavorava, percorrere oltre duemila chilometri in bici dal Sichuan al Tibet e poi vivere con i genitori, mantenendosi per l’indispensabile con lavori saltuari, tra cui quello di comparsa cinematografica. Ad aprile di quest’anno ha raccontato in un post la sua scelta. “Non mi sembra che ci sia qualcosa che non vada”, afferma, sottolineando al New York Times che lavorare in una fabbrica 12 ore al giorno per sei giorni a settimana non è un modo migliore di trascorrere l’esistenza.

Anticonformisti, a conti fatti. A dispetto della censura governativa, il fenomeno dei tang ping si sta diffondendo perché i giovani cinesi stanno facendo i conti con l’essere la prima generazione che, nonostante il superlavoro, non riesce a stare al passo con il costo della vita e vede quindi sfumare il mito del benessere. Gli effetti di questo desiderio di non conformarsi, inoltre, riguardano anche le scelte affettive e familiari.

Rivolta silenziosa. I tang ping sostengono che la loro sia solo una selezione di ciò in cui vale la pena investire tempo ed energie. Agli occhi del partito, è una forma di rivolta quieta e individuale, ma anche più difficile da contrastare di una protesta di piazza e che potrebbe mettere alla prova il modello di comportamento dominante (Scmp).

* Fonte: Internazionale del 31 ottobre 2021. Tratto dalle notizie del giorno scelte dalla redazione di Good Morning Italia, newsletter d’informazione quotidiana.

A PROPOSITO/ Sul comodino di SALVATORE GIANNELLA

Così Xi Jinping avvia la Cina verso la civiltà ecologica della nuova era

Giovanni Adornino, Cina. Prospettive di un paese in trasformazione. 2021, editrice Mulino.

Un libro del Mulino (Cina. Prospettive di un paese in trasformazione) ci aggiorna puntualmente e utilmente sulle prospettive di quel pianeta d’Oriente in frenetica crescita in questi “ruggenti anni Venti della transione ecologica” (come li ha definiti Ursula von der Leyen). E, nella folta squadra dei valenti collaboratori coordinati da Giovanni B. Andornino², la ricercatrice Carlotta Clivio¹ ci aggiorna sullo sviluppo delle energie rinnovabili, capitolo di grande attualità visto la vaghezza che ha caratterizzato (l’assente) Cina al vertice del G20 di Roma. Questi i brani centrali del testo di Carlotta in un volume decisivo, anche per l’Italia, per impostare relazioni efficaci e sostenibili.

“Il Programma per lo sviluppo delle energie rinnovabili prevede l’incremento della quota di fonti di combustibili non-fossili nel consumo totale di energia primaria della Cina del 20% entro il 2030, l’incremento di 680 GW di potenza installata a fonte rinnovabile, 210 GW dei quali di sola potenza da fonte eolica. Il Programma prevede inoltre lo sviluppo dell’eolico offshore e il supporto allo sviluppo dell’industria delle energie rinnovabili in Cina, con una conseguente riduzione della dipendenza dalle attività di aziende estere attive nel settore. (Più info a questo link).

Il Piano di azione triennale (conosciuto anche come Piano d’azione triennale per vincere la battaglia difensiva del cielo blu) prevede questi cambiamenti principali: l’esplicita indicazione a coordinare le politiche di gestione dell’inquinamento atmosferico con quelle sulla riduzione delle emissioni di gas serra e la ridefinizione delle regioni cinesi che hanno raggiunto i livelli di inquinamento atmosferico più alti. Sul primo punto i due ambiti di policy (cambiamento climatico e inquinamenti) sono sempre stati trattati separatamente nel contesto istituzionale cinese fino alla fondazione del Ministero dell’Ecologia e dell’Ambiente nell’aprile 2018. Sul secondo, alla regione del Delta del Fiume delle Perle, segnalata come regione dagli elevati livelli di inquinamento atmosferico nel Piano d’azione del 2013, si è sostituita la pianura compresa tra i fiumi Fen e Wei: una regione comprendente la città di Xi’An e parte delle province di Shaanxi, Henan e Shanxi e che si unisce alle già individuate regioni di Pechino-Tianjin-Hebei e del Delta del fiume Yangtze. Tra il 2015 e il 2017, la pianura ha registrato i più alti livelli di anidride solforosa della Cina, oltre ad aver assistito a un incremento del 27% dei suoi livelli di particolato fine (PM 2.5). Non a caso il Piano d’azione comprende anche obiettivi specificamente mirati alla riduzione delle emissioni di anidride solforosa, ossidi di azoto e composti organici volatili (COV) a livello nazionale, prevedendo una diminuzione nelle emissioni dei primi due gas serra…”. (Più info a questo link).

¹ Carlotta Clivio è junior research fellow del programma Global China de Torino World Affairs Institute. È dottoranda di ricerca in Relazioni internazionali presso la London School of Economics and Political Science. Ha collaborato come consulente politica del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite in Cina (UNDP China) per lo sviluppo sostenibile di progetti realizzati nell’ambito della Via della Seta. Qui un suo reportage sulla nuova fisionomia politica e socio-economica della Cina in quella che il suo leader, Xi Jinping, chiama la “nuova era”.
² Giovanni B. Andornino è docente di Relazioni internazionali dell’Asia orientale presso l’Università di Torino, dove dirige il TOChina Centre del Dipartimento di Culture, Politica e Società. È vicepresidente del Torino World Affairs Institute e direttore di OrizzonteCina. Nel 2019 ha co-fondato il China-Italy Philanthropy Forum e scritto numerose pubblicazioni.