Preghiera per l’Appennino:
il prossimo festival di Sanremo
facciamolo all’Aquila. E il Consiglio
dei ministri? In Calabria

Sono stato tre volte ad Amatrice (foto in apertura) e nelle zone terremotate dell’Umbria e delle Marche e lì di Stato ne ho visto anche troppo. Non so bene cosa stanno facendo, ma ci sono. E sulla neve credo che sull’Appennino non siamo mai stati tanto attrezzati: magari si poteva presidiare meglio quella zona, ma non è il punto cruciale. Quello che manca è proprio una sorta di rispetto antropologico per chi è rimasto sull’Appennino. I servizi di cittadinanza sono stati tagliati senza grandi opposizioni, né al centro, né in periferia. Hanno chiuso l’ospedale del mio paese e poi scopri che a Nola stendono i malati per terra. Sono anni che cerco di costruire un movimento per l’Appennino, abbiamo aperto la casa della paesologia, ma per avere 24 euro per l’iscrizione sembra che devi chiedere l’elemosina.

Passerà la neve, passeranno le scosse e tutto tornerà come prima. Il governo deve cambiare completamente passo. E ci vogliono segnali clamorosi, anche di tipo mediatico. Il prossimo festival di Sanremo si potrebbe fare a L’Aquila. Per i cantanti non cambierebbe niente, ma sarebbe un segnale di un’Italia che cambia sguardo. E il governo potrebbe fare la prossima riunione del consiglio dei ministri in un paese della Calabria, a San Luca, per esempio.

Si sono raccolti tanti soldi, ma poi si dimentica che il governo e le regioni hanno un progetto che si chiama Strategia Nazionale delle Aree Interne: bisogna dare un impulso immediato a questa strategia di cui non sa niente nessuno. Bisogna coinvolgere le popolazioni dell’Appennino su cosa fare per restare in quei luoghi. Non ci vuole chi gli va a montare le catene, possono farlo benissimo da soli. Ci vuole che l’Italia si ricordi che è un paese di paesi e di montagne. Dove d’inverno può arrivare tanta neve e dove la terra può tremare ogni giorno. In ultimo bisogna ricordare che le valanghe sono molto più veloci delle nostre manfrine burocratiche, fanno in una notte quello che non riusciamo a fare in tanti anni.

Ci vuole un cantiere per l’Appennino, bisogna dire a tutti i giovani che ci sono che avranno lì lavoro per almeno dieci anni, perché l’Italia e il mondo devono salvare l’Appennino, perché è una terra sacra, è una terra che ha un patrimonio naturalistico e culturale unico al mondo.

* Fonte: Comunità provvisorie, il blog del poeta e scrittore Franco Arminio (Bisaccia, Irpinia, 1960). L’ultima sua raccolta di poesie «Cedi la strada agli alberi» è edita da Chiarelettere. Ha pubblicato una ventina di libri, tra cui altri «Vento forte tra Lacedonia e Candela» (Laterza), «Terracarne» (Mondadori) e «Geografia commossa dell’Italia interna» (Bruno Mondadori). Si occupa anche di documentari e fotografia. Come «paesologo» scrive da anni su giornali e sul web a difesa dei piccoli paesi. È referente tecnico del Progetto pilota della montagna materana nell’ambito della Strategia nazionale delle aree interne. Ha ideato e porta avanti «La casa della paesologia» a Trevico e il festival «La luna e i calanchi» ad Aliano.

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