“La vita è un intreccio intimo di routine e di creatività”, ha scritto il grande psicologo statunitense Abraham Maslow. La routine nel senso positivo della parola contiene tutte le conoscenze, le competenze e i comportamenti che abbiamo appreso e attraverso l’educazione e l’esperienza diventano spesso condizionamenti. La creatività è invece la capacità di agire per cambiare la realtà, per inventare risposte che nessuno ci ha insegnato. Partendo da questa considerazione, ho presentato il primo dei relatori che mi ha impressionato per il contributo creativo che ha voluto portare da Parigi a Rimini, alle ultime Giornate internazionali di studio del Centro Pio Manzù, edizione n. 44. Come coordinatore del workshop su “Un nuovo approccio tra Europa e Paesi arabi”, ho condiviso con il pubblico del Teatro Novelli la conoscenza di uno dei massimi esperti nel campo della creatività applicata e della gestione dell’innovazione: Hubert Jaoui.

Studi in filosofia, geologia, ingegneria e business administration, Jaoui (dopo un percorso che l’ha portato dalla ricerca scientifica al marketing dei nuovi prodotti) ha fondato nel 1973 l’istituto GIMCA oggi operante in tutta Europa come motore di innovazione presso aziende private e pubbliche. Ha scritto più di 16 libri sulla creatività, la comunicazione e lo sviluppo personale. Ha aiutato centinaia di aziende internazionali a sviluppare le proprie capacità di innovazione, attraverso il coinvolgimento diretto dei dirigenti e dei collaboratori, con benefici sia economici che psicologici. Tra le aziende con le quali ha collaborato figurano: Telecom, Microsoft, Air France, Fiat, Renault, Mercedes, Peugeot, Volkswagen, Barilla, Danone, Mediaset, Dior, Guerlain, Elizabeth Arden, Ikea, Carrefour, Auchan, Unilever, Mondadori, Manpower, Michelin, Novotel, Colgate, Palmolive, Lavazza, Playtex, Nestlè, Heineken. Ha formato migliaia di persone con il metodo PAPSA da lui ideato per sviluppare il processo creativo. Ricerche e collaborazioni permanenti con colleghi, clienti ed esperti mondiali continuano a far evolvere i suoi metodi e a estendere il campo delle applicazioni, dall’innovazione tecnologica e commerciale allo sviluppo personale (coppia, famiglia, autorealizzazione). Con un gruppo di amici ha fondato Createca, un’associazione senza scopo di lucro che si dedica alla ricerca applicata e alla diffusione della filosofia e della pratica della creatività nel campo dello sviluppo personale e sociale. Ecco un estratto del suo intervento, al quale è seguito l’impegno assunto “con entusiasmo” da Jaoui di tenere ogni venerdì una “palestra creativa” per i lettori di Giannella Channel. Con entusiasmo, a nostra volta, lo ringraziamo anticipatamente. (s. gian.)

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Hubert Jaoui, francese, uno dei protagonisti dell’Europa creativa

La formula dell’innovazione si scrive I=C+C, Innovazione = Creatività + Comunicazione. Se manca una molecola di questa formula, non si innova. E subentra la crisi, individuale e collettiva. In cinese la parola “crisi” si scrive con un ideogramma che significa “rischio, pericolo”, ma anche opportunità. Sta a noi reinventarci in Europa un periodo di sviluppo con forti dosi di vitamina C (C come Creatività). In un periodo in cui il vecchio non funziona più e non vediamo ancora il nuovo, bisogna mobilitare questa importante risorsa che attualmente in molti sprechiamo.

Oggi chi è troppo ricco tende a non utilizzare in modo economico e produttivo le tante risorse creative che pure ha. È uno degli handicap dell’Italia, che condivide con la Francia: italiani, spagnoli e francesi sono i tre popoli più creativi della Terra. Ho le prove. Il problema è che un potenziale non sfruttato è come un tesoro sepolto nel vostro giardino e voi non lo sapete, aspettate che cresca da solo. Gli americani e i tedeschi sono poco creativi, per tanti motivi, e lo sanno, allora hanno deciso di reagire.

Lezioni di creatività in tv

La televisione tedesca ha avuto per anni un programma di un’ora alla settimana di lezioni di creatività. La nozione di creatività è sbagliata, chi la sente per la prima volta risponde generalmente che la creatività è la pubblicità, moda, estro; raramente dice che è scienza, ricerca, sudore, fatica. Edison diceva che l’invenzione è 5% di genio e 95% di traspirazione, sudore. La creatività può essere definita solo con ossimori. Sapete cos’è l’ossimoro? Potete anche dire di no, Socrate diceva: “Io so di non sapere”. I sapientoni sono i più imbecilli di tutti perché credono di sapere, alla fine si vedono allo specchio e si vedono belli.

La trama di Totò

Parliamo di Antonio de Curtis, in arte Totò. Qualcuno scriverà un libro di filosofia con un titolo dei film di Totò che si chiamerà: “Chi si ferma è perduto”. Questa è la trama del nostro paese nel nostro momento, la gente sta ferma rimasticando senza fine. Sapete che cos’è la coprofagia? È una caratteristica di certi animali che mangiano le proprie feci perché consumano meno. Forse ci arriveremo un giorno. La nostra élite, soprattutto i francesi, che sono considerati con ammirazione secondo me esagerata, sono coprofagi, cioè stanno consumando quello che gli hanno insegnato. C’è un collega inglese che ha scritto: “Ho dimenticato tutto quello che mi hanno insegnato, ricordo solo quello che ho appreso” e c’è una differenza fondamentale tra l’insegnare e l’imparare.

Un maestro? Cercatelo tra i bimbi

Prima qualcuno ha citato lo psicologo americano Abraham Maslow che è un gigante della filosofia. Siamo bambini, adolescenti, arriviamo all’età adulta che è la fine dello sviluppo, poi ci manteniamo il più a lungo possibile e poi il declino è garantito. È un ciclo completamente sbagliato, lo sappiamo per osservazione: Rita Levi Montalcini era una delle donne cerebralmente più giovani d’Italia nonostante i suoi biologici 102 anni. Ho supervisionato una tesi di dottorato e la psicologa con una rilevazione ha dimostrato che la curva della creatività nella vita è una montagna russa; se volete avere un professore di creatività gratis, cercate intorno voi persone che accettano di prestarvi il loro figlio di meno di tre anni. Nella nuova generazione di bimbi c’è stata una mutazione genetica, sono piccoli geni, è fantastico dialogare con loro. È stato provato che appena nati (e c’è chi dice anche prima) capiscono tutto, anche i concetti. Dialogare con un bimbo è davvero un elemento fantastico, gratis.

Il mostro che ci blocca

Uno dei miei libri (che raccomando, costa meno di 8 euro) si chiama “Siamo tutti creativi” e questa non è un’affermazione gratuita, non esiste una persona non creativa. Come mai le persone hanno questa capacità e non la usano? Dopo tante ricerche abbiamo trovato il mostro che blocca la creatività e l’abbiamo chiamato PIP. La prima P sta per Pigrizia. Chi me lo fa fare? A Brescia c’è un detto che dice che chi sta bene non si muove. Il dramma del nostro Paese che siamo stati bene per troppo tempo, non c’era motivo di darsi da fare, tanto se non ci sono soldi ci sono i genitori che ci aiutano. Dovrebbe essere proibito ai genitori dare soldi ai figli dopo 25 anni. Ho sostenuto i miei figli fino a 23 anni, dopo devono arrangiarsi. È un fattore importante. La I sta per Ignoranza. La maggior parte della gente, inclusi gli insegnanti, non sanno che tutti sono potenzialmente creativi e non sanno che esistono tecniche e metodi per sviluppare questa creatività. Non si fa niente senza metodo, l’ha dimostrato il più grande genio della storia, Leonardo da Vinci che poi è venuto a ripararsi in Francia. Leonardo aveva intuito tutte le parti della creatività come metodo. In realtà senza metodo non si fa niente, il metodo è un processo che abbiamo e lo è finché non si trova un altro metodo più efficace. Anche fare l’amore richiede un metodo, ma molte persone non lo sanno e fanno male l’amore. Peggio per loro. La seconda P sta per Paura. Dovrei dire paure perché sono tante. La paura può bloccare le persone, la paura di creare, la paura di sbagliare. A scuola gli insegnanti hanno la penna rossa per cancellare gli errori e non una gialla o verde per esaltare i successi.

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Hubert Jaoui durante una lezione all’aperto.

Non si crea però senza sbagliare

Un giornalista voleva fare il cattivo e disse a Edison – che fece più di 1000 invenzioni di successo, un grande businessman – quando inventò la lampadina elettrica, pensando di incastrarlo, gli disse: “Prima di arrivare hai fatto mille prove senza successo”. Edison gli rispose: “Lei non ha capito niente, proprio grazie a questi mille errori io sono arrivato al successo”. Non si può inventare senza errare. Errare è una parola geografica, andare per autostrade, andare per sentieri selvaggi, perdersi per ritrovarsi. Un caso emblematico e quasi ridicolo è stata la scoperta dell’America: Colombo si è perso, se non si fosse perso avrebbe scoperto il Marocco, ma non l’America. Dunque, la serendipità, l’accettare di perdersi: la conoscono da anni, è un meccanismo molto conosciuto, si cerca una cosa ma non si trova, invece si trova una cosa più interessante di quella che si stava cercando.

La scelta: agire o subire

Superando il PIP, il movimento è la fonte di ogni vita, cito ancora Leonardo. Se mi muovo so di essere creativo, di fronte a me ho una scelta: agire o subire. Uno dei drammi dell’Italia, come avete appena detto, è la rassegnazione, lo verifico giorno dopo giorno nelle situazioni più banali. Ad esempio, all’aeroporto per venire a Roma ero in ritardo, nessuno si muoveva per vedere che cosa stesse succedendo. Un’altra volta ancora più ridicolo: esco dall’aereo e c’è una porta chiusa, arriva la gente si mette fuori dalla porta e aspetta. Non so quanto tempo avrei aspettato, io ho bussato e urlato e poi qualcuno è venuto ad aprirci. Una cosa semplice, forse è una conseguenza dell’educazione, siete troppo educati.

“Osate fratres!”

Un altro esempio è che non si parla a uno sconosciuto o a una sconosciuta. Se ti accorgi che dai fastidio e questa persona preferisce dormire o leggere, ti fermi subito, ma questo sarà il caso una volta su dieci, in tutti gli altri casi la persona cerca di parlarti, comincia il dialogo e così possono nascere amicizie o anche business, se è una persona del settore. Osare è la parola chiave. Un esercizio che potreste fare è fare un elenco delle cose che non osate, secondo me arriverete a 50 o almeno 20.

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Hubert Jaoui durante uno speech.

Un’altra paura ancora più paradossale è la paura del successo

Faccio una cosa che ha un successo clamoroso, il mio capo si sentirà minacciato da questo successo, eccetera. Questa è grave perché tutti abbiamo diritto al successo, successo non vuol dire che diventiamo impotenti, ma il successo crea un dovere perché si aspettano che ne abbiamo un altro. Se sei un campione si aspettano che tu vinca le prossime prove.

Un taccuino per appunti

Il nostro metodo dice come il talento possa essere sviluppato senza fine come una specie di ginnastica anche quotidiana. La spesa più importante da fare è comprarci un taccuino tascabile, sia per prendere appunti di cose che ci colpiscono, ma vedo che non ce l’ha quasi nessuno. Un’idea può venire in qualsiasi momento, più l’idea è originale, geniale, più è volatile, se non la scrivete immediatamente sparisce. Mia figlia all’età di otto anni ogni sera scriveva i suoi pensieri e poi li leggeva la mattina a colazione. Lei si chiama Agès Jaoui, chi è cinefilo sa che è una regista di successo ormai internazionale: il suo ultimo film è “Quando meno te l’aspetti” e ha avuto parecchi premi anche per “II gusto degli altri”. Il figlio è meno noto perché la televisione non dà visibilità come la dà il cinema.

Dare fiducia e amore

Se volete che i vostri figli siano dei geni è alla loro portata, basta appoggiarli, dare loro fiducia e amore. Certe parole bloccano la creatività ma bloccano anche il pensiero. Una raccomandazione: scrivete queste parole e cercate di non usarle più. Vi accorgerete di due cose, una individuale e una sociale. Quella individuale è che il vostro pensiero correrà in modo molto più fluido, avrete tolto certi blocchi sulla via dell’invenzione, della creatività e anche del pensiero tout court. La seconda è la dimensione sociale: quando riuscirete a non usare più queste parole maledette, il dialogo con gli altri diventerà positivo. Loro stessi saranno incoraggiati a una migliore comprensione e cooperazione.

Nelle aziende tutti i dirigenti e i quadri hanno troppo da fare, la loro giornata dura dodici ore, le loro settimane sei giorni, se non sette, perché per la maggior parte del tempo sono in riunione, una riunione schiaccia l’altra, dovrebbero compartecipare in contemporanea a due o tre riunioni invece che a una. Sprecano così tanto tempo nelle riunioni perché non esistono queste semplici regole. La maggior parte degli interventi nelle riunioni è stato studiato attraverso la registrazione di decine di riunioni aziendali, forse anche ministeriali e sindacali, e la maggior parte degli interventi è di tipo negativo invece che risolutivo di problemi: “No, non è vero, sbagli, mai, sempre, tutti, nessuno eccetera”.

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A PROPOSITO

Da sviluppo sostenibile a condivisione sostenibile

Dal diario di un giovane ricercatore modenese che ha seguito le Giornate del Pio Manzù a Rimini

di Daniele Paganelli

Il tema delle Giornate del Centro Pio Manzù, dove è approdato Hubert Jaoui con altri maestri del pensiero, è stato il dialogo tra Europa e mondo arabo. “La Palma e l’Abete”: un titolo pregnante per un argomento che solo la forza dei simboli può introdurre e guidare. Due nomi distanti per due culture lontane, solo in apparenza. Così come in natura le due specie si trovano spesso a convivere pacificamente, anche i mondi che richiamano sono profondamente intrecciati nella rigogliosa e millenaria foresta di scambi culturali e commerciali tra le sponde del Mediterraneo.

Come accadde dopo le precedenti tre edizioni delle Giornate cui ho avuto la fortuna di partecipare, mi ritrovo con un plico di appunti disordinati e il desiderio di fissare qualcuno dei mille spunti ricevuti. Eccomi qua.

L’idea che più mi ha folgorato me l’ha regalata Nassir Al Nasser, 66° presidente delle Nazioni Unite e ora alto rappresentante dell’Alleanza delle Civilizzazioni (UNAOC), aprendo gli studi.

Nel quadro di una crisi globale che sta esacerbando i conflitti, le violenze e le intolleranze reciproche, l’orizzonte verso cui dobbiamo camminare è quello della “condivisione sostenibile”, sustainable sharing.

Il concetto di sostenibilità della condivisione delle risorse ha innescato un cortocircuito con quello, a me molto più familiare, di sviluppo sostenibile. Un tema fondamentale, sul quale occorre investire molto di più. È tuttavia solo un sottoinsieme del tema molto più centrale della condivisione sostenibile. Senza quest’ultima, la vita umana su questo pianeta è destinata a divenire rapidamente impossibile.

Oggi è ormai assodato che le risorse sono limitate, soprattutto per quanto concerne la quantità di inquinanti che l’ecosistema terrestre può tollerare. Anche i più ottimisti ammettono che una soluzione tecnologica ai problemi dell’umanità potrebbe non esistere, e comunque, ai ritmi attuali, non essere trovata in tempi utili.

L’attenzione dei “decision makers”, governi, imprenditori e tutti noi, deve dunque spostarsi dal tema della sostenibilità della crescita a quello della condivisione. Sediamoci attorno a un tavolo e parliamo di come applicare tutti insieme delle strategie condivise a salvaguardia della vita.

La sfida più grande dell’umanità non è quella di risolvere il proprio problema energetico e ambientale. Problema molto più grave è condividere una qualsiasi soluzione con tutti i popoli della Terra. L’uomo non ha mai tentato una impresa simile: è molto più complesso di tutte le incredibili innovazioni tecnologiche degli ultimi 200 anni messe insieme.

La tecnologia ha proceduto fulmineamente in virtù dei benefici immediati che dava man mano a chi ne determinava il progresso. Ma la motivazione che alimenterebbe la rivoluzione politica della condivisione non è quella di un beneficio o di un progresso immediato: è il collasso dell’ecosistema.

La storia dell’uomo ci insegna che quando le risorse scarseggiano, scoppiano le guerre per accaparrarsele. In campo ambientale non c’è neppure bisogno di imbracciare i fucili: una pacifica ciminiera, uno scarico sommerso, una nave che affonda in un mare lontano.

Da dove partire? Come convincere onesti lavoratori, cavalieri del lavoro e governi di Paesi del terzo mondo a produrre in modo più costoso, per salvaguardare tutti? E accetteremo noi di pagare anche il conto ambientale di ciò che consumiamo, quando preferiamo sotterrare i rifiuti sotto le nostre stesse case?

Dovrà attuarsi una innovazione antropologica, un adattamento evolutivo della nostra specie a un livello di consapevolezza e di società che va oltre quanto è mai successo in milioni di anni di lenti adeguamenti progressivi.

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Daniele Paganelli, modenese, classe 1983, è laureato in Chimica e dottorato in Ingegneria dei Materiali. Lavora come ricercatore privato nel campo della strumentazione scientifica per lo studio delle proprietà dei materiali. I suoi interessi vertono principalmente su temi relativi alla scienza e all’informatica, ma cerca con la scrittura e il racconto di mantenere attivo il proprio emisfero cerebrale destro.