SALUTE DEL CUORE: UN SECOLO DI PROGRESSI. “E NOI SIAMO PASSATI DALLA ROMAGNA A MARTE”, PAROLA DI UN PIONIERE, MARCELLO GALVANI

colloquio a cura di Salvatore Giannella - fotografie di Leonardo Michelini

Forlì – Immersi nella valanga di testi su Trump 2, sono passati inosservati un anniversario e un bilancio positivo per l’umanità in arrivo dagli Stati Uniti. A cento anni dalla sua fondazione, l’American Heart Association (AHA) ha ricostruito il secolo di scoperte e di avanzamenti della scienza e della tecnica nel campo delle malattie cardiovascolari: grandi passi avanti compiuti dalla medicina che hanno permesso di salvare milioni di vite in tutto il mondo. Poiché le malattie cardiache e l’ictus rimangono le principali cause di morte sul pianeta, le soluzioni alle sfide del prossimo secolo dovranno combinare le lezioni del passato con le innovazioni del futuro.

A questi progressi registrati però in un territorio più ristretto, la Romagna, è dedicata l’intervista fatta al direttore dell’Unità operativa di cardiologia dell’ospedale “Pierantoni-Morgagni” di Forlì, Marcello Galvani. incontrato nel suo studio nell’ultimo giorno della sua attività di primario, che ha segnato un’eccellenza per la cura del cuore dei romagnoli.

Caro Galvani, facciamo un bilancio della cardiologia in base alla sua esperienza. Com’era la situazione quando lei è entrato da matricola in ospedale e come la lascia oggi che va in pensione, a fine 2024, avendo superato l’asticella dei 70 anni.

“Ho indossato il camice bianco per la prima volta nell’ospedale di Forlì nel 1987. Per sintetizzare questi 37 anni di lavoro mio e della mia squadra mi piace usare questa immagine: siamo partiti dalla Romagna e siamo arrivati su Marte.  E’ una metafora per indicare che si andava in un ospedale nuovo, da piazza Soleri in città alla campagna periferica di Vecchiazzano, dove potevi disegnare il percorso di cura del paziente con tutte le sue necessità: chi non ha potuto costruire un padiglione intero o un ospedale nuovo, ha avuto meno occasioni per ripensare il percorso ottimale per la cura”.

A proposito di percorsi: mi racconti com’è arrivato dalla nativa Bologna qui a Forlì.

“Io mi ero laureato all’Alma Mater bolognese con una tesi sull’infarto miocardico acuto e, figlio di un istriano giramondo, mi sono trovato a lavorare in Romagna anche per una questione di cuore: mia moglie, Donatella Ferrini, è forlivese, è anche lei cardiologa e abbiamo sempre lavorato insieme. Alleati negli studi e nella vita: insieme a percorsi professionali importanti, siamo diventati genitori di due gemelle, Chiara e Federica, che hanno preso strade lontane dalla medicina, entrambe laureate in lingue orientali alla Ca’ Foscari di Venezia. C’è anche un maschio, Andrea, ingegnere informatico fuggito da anni a Vancouver, Canada. Vuole una curiosità? Una staffetta professionale nel cambio di ospedale. Mia moglie era di turno l’ultimo giorno nel vecchio ospedale di Forlì, quando l’ultimo paziente lasciò il reparto in piazza Solieri, mentre io ho coperto il primo turno in assoluto nella nuova sede di Vecchiazzano. Insomma, i coniugi Ferini & Galvani hanno chiuso il cerchio”.

Torniamo ai passi avanti compiuti dalla scienza medica.

“Proprio in quegli anni Ottanta s’era affermata la terapia contro l’infarto basata sui farmaci fibrinolitici, in grado di ripristinare con successo il flusso coronarico nell’arteria ostruita dal trombo in molti pazienti.  L’introduzione della streptochinasi da parte dei ricercatori dell’Istituto Mario Negri ha ridotto della metà la mortalità pr chi giunge vivo in ospedale per un infarto.. L’angioplastica primaria ha poi ulteriormente migliorato la prognosi del paziente”.

Una mia conoscente deve sottoporsi in un ospedale del Nord a un intervento per la grave stenosi aortica che le è stata riscontrata. Deve preoccuparsi?

“Le dica di stare tranquilla. Perché questo tipo di intervento segna un altro passo avanti incredibile. E’ una tecnica alternativa che evita l’apertura del torace. Si chiama TAVI (Transcatheter Aortic Valve Implantation) e consiste nell’impianto di una protesi valvolare biologica attraverso l’albero vascolare del paziente per via percutanea. E’ una pratica ormai diffusa!.

Un altro grande aiuto vi è arrivato dalle nuove tecnologie, come la PET.

“Ci aspettavamo molto, noi cardiologi, dalla metodica della tomografia a emissione di positroni che consente di valutare l’integrità/vitalità del miocardio: a Forlì era presente già dal 2004 ma i maggiori risultati sono stati ottenuti con questa tecnologia nel campo dei tumori”.

Facciamo parlare i dati statistici.

“Se pensiamo all’infarto, nel 1987 si contavano 300-400 persone colpite su centomila ogni anno. Con il passare degli anni è stata registrata una marcata riduzione dei ricoveri in tutto il mondo, in Italia e nella nostra regione Emilia-Romagna. In Romagna, in particolare, questa riduzione è stata ancora più marcata, e questa va accreditata alla prevenzione portata avanti meritatamente anche dai miei predecessori, in particolare da Franco Rusticali (che qui a Forlì è ricordato anche per la sua cura della comunità come sindaco).  Oggi i ricoveri da noi si sono ridotti di almeno tre volte”.

 

Un momento della festa fatta al cardiologo Galvani (al centro) dai suoi collaboratori nell’ospedale Pierantoni-Morgagni di Forli nel giorno del pensionamento.

Ora che ha raggiunto la pensione, efermo restando che la civiltà non va mai in pensione, come impiegherà il tempo libero?

“Penso di continuare a dare un’occhiata ai cuori dei romagnoli come consulente. Svilupperò il mio impegno per la Fondazione Cardiologica  Myriam Zito Sacco, un’eccellenza forlivese nata 40 anni fa al servizio della regione Emilia-Romagna. Voluta dal professor Franco Cesare Sacco, che ha lasciato in eredità un importante patrimonio al servizio della comunità, promuove la ricerca scientifica, il sostegno alle strutture sanitarie forlivesi, incontri  aperti al pubblico e agli addetti ai lavori sulla prevenzione per una buona salute. E approfondirò anche la storia della medicina romagnola, che è piena di personaggi che meritano di essere illuminati dalla buona divulgazione”.

Questo suo impegno in prospettiva mi fa ricordare, tra i suoi predecessori, il geniale cardiologo romagnolo Arrigo Montanari.

“Confesso di averne sentito parlare ma non ho approfondito la conoscenza di questo antico collega”.

Troverà qualcosa di più nel riquadro in basso, a corredo di questa intervista. Ultima domanda: mi sta a cuore, come a tutti gli italiani, la salute del paziente Servizio sanitario nazionale?

“Il Servizio sopravvivrà se trova la forza di un ripensamento che riguarda tutte le figure a vario titolo coinvolte. Medici e infermieri, amministratori e comunicatori, pubblico e privato. Bisogna mettere attorno a un tavolo le migliori intelligenze e far scorrere le parole giuste, frutto delle esperienze molteplici delle persone coinvolte. Altrimenti c’è il rischio che il Servizio sanitario, che sta a cuore a tutti gli italiani, abbia un collasso”.

Buona nova tappa, dottor Galvani, mi piace questa sua spinta verso una nuova vita con sempre il cuore al centro. []

Marcello Galvani con la moglie Donatella Ferrini, anche lei cardiologa.

A PROPOSITO / di Salvatore Giannella

UNA STORIA DA RICOSTRUIRE: QUELLA DI ARRIGO MONTANARI,

GENIALE CARDIOLOGO ROMAGNOLO CHE AVREBBE MERITATO IL NOBEL

Poco più di mezzo secolo fa moriva, a 79 anni, un geniale medico romagnolo, Arrigo Montanari (Sant’Alberto, Ravenna, 1892 – Faenza, 1971) che, secondo alcuni, avrebbe meritato di vincere il premio Nobel.

Me ne accennarono nel 2014, quando invitato dal re di Svezia, accompagnai a Stoccolma un ragazzo che sognava di vincere da grande il Nobel. Al ritorno in Italia trovai nel ricordo di Franco Gàbici in Scienziati di Romagna (ed. Sironi) la risposta scientifica a quella che mi era parsa una candidatura sorprendente. Leggo l’incipit di Gàbici: “Nel numero di Epoca del 24 febbraio 1957 un medico lettore rendeva giustizia al cardiologo ravennate Montanari riconoscendogli l’invenzione di quel cateterismo cardiaco che aprì la strada ai trapianti di cuore e procurò nel 1956 il Nobel al tedesco Werner Forssmann”. E pensare, lamentava sul Resto del Carlino un collega di Castelbolognese, Antonio Corsara, che non era stato ammesso tra i soci dell’Accademia scientifica di Faenza!

Montanari (laurea in Giurisprudenza prima e poi in Medicina, nel 1921, con una tesi sperimentale di Fisiologia) aveva condotto le sue ricerche sul cateterismo dei vasi sanguigni nella clinica medica di Firenze. Con esperimenti condotti sui cani, concluse che il sondaggio venoso era possibile con sonde di gomma flessibile introdotte nelle vene dell’arto superiore, del diametro variabile da 1 a 3 millimetri; che tale sondaggio era innocuo; che non arrecava molestie o dolori; che poteva essere spinto attraverso tutto il torace e l’addome fino all’origine di una delle vene iliache interne a livello della radice degli arti inferiori…

Le conclusioni: questa tecnica avrebbe potuto trovare utile impiego nel trattamento di stenosi dei vasi e per curare patologie cardiache anche nell’uomo  I brillanti risultati ottenuti da Montanari permisero l’anno dopo (1929) a Forssmann di eseguire su sé stesso il primo cateterismo atriale destro, che gli valse quel Nobel, del quale fu insignito dopo quasi 30 anni dall’esperimento insieme a André Frédéric Cournand  e Dickinson W. Richards e “che la stampa italiana dell’epoca stigmatizzò, rivendicando la primogenitura della scoperta a Montanari” (cito dalla Treccani).

Montanari diresse per 25 anni l’ospedale civile di Lecce: nel ’65 tornò nella sua Romagna dividendosi tra Faenza e Sant’Alberto, dove aveva conservato un podere. Morì solo: fu trovato disteso sul letto, con la mano sinistra sul polso destro, nell’atto di misurare le pulsazioni. Se non ci fossero stati i giornali a tener desta l’attenzione, pochi si sarebbero ricordati di questo grande romagnolo che dedicò tutta la sua vita alla causa della medicina. Il cateterismo cardiaco, completato o sostituito da immagini angiografiche, è tuttora la tecnica di riferimento per la diagnosi di molte patologie cardiache (in AUSL Romagna se ne eseguono più di 6.000 all’anno). (da una newsletter di Giannella Channel).[]

Il nuovo logo è stato realizzato da Vanda Calcaterra, illustratrice, già art director di Airone.

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