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ADDIO ROSITA, CHE CON IL TUO OTTAVIO

MI DONASTI E SEGRETI DI UNA VITA A COLORI

testo di Salvatore Giannella per Oggi 2/2025

interpretazione illustrata di Vanda Calcaterra* per Giannella Channel

Dai fili dell’amicizia regalatimi da Rosita Jelmini Missoni, che ci ha salutati a 93 anni lunedì 1° gennaio 2025, mi piace raccontare una giornata particolare, vissuta insieme in un treno tra Milano e Pesaro. Quel sabato di novembre 2011 Rosita e Ottavio, “Tai”  per familiari e amici,   scendevano nella città marchigiana per ritirare, come alfieri della bellezza nell’alta moda,  il premio Raffaello istituito dall’imprenditore alberghiero Nani Pinoli Marcucci. Un riconoscimento che il conte pesarese aveva voluto estendere anche al sottoscritto, quale “cronista di storie dense di bellezza”. Così il mio piccolo viaggio con Rosita e Tai si riempì di parole ed emozioni, ricordi e segreti di due vite straordinarie.


Mentre parlava, Rosita giocava con un ciondolo che aveva al collo. Raffigurava un Cupido, simbolo greco dell’amore. Era legato al primo incontro con il suo Tai: Londra, 1948. “Avevo 17 anni ed ero in quella capitale per imparare l’inglese. Ci incontrammo con altri amici, lui era bello come un dio greco. Una bellezza mai scalfita dal tempo. Aveva 27 anni e già i capelli grigi sulle tempie, conseguenza degli anni di prigionia in un campo inglese dopo El Alamein. Era un affabulatore, dallo sguardo penetrante. Quando poi lo vidi correre a Wembley con la canottiera azzurra numero 331, decisi che da allora il 7, somma di quei numeri, sarebbe stato il mio numero fortunato. Arrivò sesto, quel giorno, nella finale olimpica dei 400 metri ostacoli, ma per me e sul mio cuore aveva vinto. Ci siamo poi dati appuntamento il giorno dopo alla fermata di Piccadilly.  Lo vedo affiorare, con la sua divisa azzurra, dal buio della scala del metrò. E l’immagine di un Cupido, posto su un pilastro della stazione, si affianca alla sua. E’ un’emozione così forte che non ho provato più nella mia vita. Da quella freccia è cominciato tutto. Anni dopo nostro figlio Luca, che conosceva la storia e che s’era fatto un selfie sotto l’immagine del Cupido con il titolo  ‘Alle origini di tutto’, mi ha portato  in dono da Londra questo monile portafortuna che porto sempre al collo”.



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Alleati si vince. Rosita raccontava e Tai, inseritosi nel flusso delle parole, aggiunse: “Se io ho creato Missoni, Rosita ha creato me”.  “La nostra”, aggiunse Rosita, “da sempre è stata ed è una forte alleanza, fondamentale in una coppia che lavora nello stesso campo. Quando in una relazione si sommano talenti diversi, i risultati si moltiplicano”.

In questo loro viaggio d’impresa si fusero due esperienze lavorative: “Tai aveva intrapreso a Trieste la corsa da imprenditore di tute sportive. Io invece ero cresciuta a Golasecca, nel Varesotto, nella fabbrica di famiglia dalla quale uscivano scialli e tessuti ricamati. Una storia, quella dei Torrani e Jelmini, iniziata a fine ‘800. I Torrani, genitori di mia madre Diamante, avevano la fabbrica. Mio nonno, Piero Torrani, era un effervescente Archimede Pitagorico, ha fatto di tutto nella sua vita, ha perfino inventato la prima tecnologia per mandare i telegrammi. In casa conserviamo una lettera di Giacomo Puccini che ordina a mio nonno questo marchingegno che gli permetteva di scrivere dei messaggi mentre viaggiava in carrozza, una sorta di pionieristico iphone. Mio padre Angelo, che lavorava nella fabbrica Torrani, proveniva da una famiglia patriarcale di agricoltori di Golasecca. Io da piccola ritagliavo le figurine delle riviste che mi procurava uno zio di rientro dalle trasferte in America. Insomma credo di aver avuto una Dna forte”.

In questo scorrere del tempo e delle parole, Rosita prese dalla borsa piccoli panini con la mortadella e con la stessa grazia con cui aveva raccontato li distribuì a noi compagni di viaggio. Un’ultima riflessione, prima di scendere dal treno, fu rivolta al futuro e alla creatività.  “Guardare al futuro è un dono di natura, una forma di ottimismo che ti mette alla prova, ti fa cercare le tue strade. Per noi è stato esplorare percorsi diversi nella moda. La creatività, invece, ha bisogno di bellezza, ottimismo e coraggio.  Noi siamo vissuti nella bellezza del paesaggio, con la vista meravigliosa sul Monte Rosa. Coraggio e ottimismo ci hanno portato a scegliere come sito per la fabbrica Sumirago, nell’antica terra di Golasecca. Quando dovevamo creare la nostra fabbrica, Tai fu portato da un banchiere a vedere questo borgo in collina con vista sulle montagne. Era il 1965, ci hanno messo in contatto con Enrico Cuccia, il banchiere dei banchieri. Abbiamo firmato 350 cambiali: erano tante che, a un certo punto, abbiamo chiesto di uscire con le mani anchilosate dalle firme.  Però ricevemmo questi quattrini e ci siamo fatti il nostro atelier in un posto dove avremmo voluto vivere: lì, a fianco della nostra fabbrica,  che ha dato lavoro a generazioni di donne, abbiamo costruito la casa, collegando così il futuro con la tradizione: è bello immaginare di vestire il mondo provenendo dalla millenaria civiltà di Golasecca”. []

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  • *Vanda Calcaterra (Busto Arsizio, 1962) è una professionista della comunicazione con una ricca esperienza nell’ambito della creatività e del design editoriale. Dopo prestigiose Art directions di periodici presso i maggiori gruppi editoriali, dal 2011 svolge attività libero professionale continuando a occuparsi di progetti creativi in campo editoriale, partecipando alla definizione e creazione di nuovi prodotti multimediali, senza rinunciare a pubblicazioni in altri settori produttivi di beni e servizi nei quali ha curato la comunicazione a target sia in campo commerciale che per Onlus. Dopo una personale (2011) con realizzazioni multimateriche e incursioni nell’arredo e installazioni istituzionali, nel 2021/22 con “Qualcosa di me!”, storie illustrate dentro una tazza, ha tenuto corsi di comunicazione per immagini e conferenze a platee di eterogenea competenza.


QUANDO OTTAVIO MISSONI MI CHIAMAVA A CENA 

CON GRANDI VECCHI E AMICI RICCHI DI RICORDI

Per anni ho avuto il privilegio di essere invitato a tavola da Ottavio Missoni all’antico ristorante Boeucc nel cuore di Milano. Un tavolo sempre rotondo, il vino sempre rosso, con lui, il Tai, che era il più vecchio di noi. L’intento è così raccontato da lui stesso, nel suo libro autobiografico Una vita sul filo di lana (con Paolo Scandaletti, Rizzoli, 2011). 

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L’interno dell’Antico Ristorante Boeucc, nel centro storico di Milano, a un passo dal Teatro alla Scala e dalla Galleria Vittorio Emanuele, nella piazza Belgioioso dove si affaccia anche la casa che fu di Alessandro Manzoni. Fu inaugurato nel 1696: in quello stesso anno cadeva la città-repubblica di Libertalia, nel nord del Madagascar, creata dal pirata e capitano di mare Misson,
tra gli antenati di Ottavio Missoni.

L'intento delle serate al Boeucc è sempre quello di trascorrere un paio d'ore piacevoli dedicarsi soprattutto ai ricordi, non solo a quelli. ma i vecchi privilegiano prima di ogni cosa alimentare la fiamma del passato, non tutti in maniera ironica e divertente, alcuni in maniera amara e malinconica. Comunque va bene ed è bello perché la reciproca e profonda stima e il rispetto cementano l'amicizia. il gruppo amici liberi di testa, tipi dispari che non si collocano dentro fasce “di mestieri”, né dentro fasce culturali e politiche.

A questi nostri incontri conviviali ha dedicato un intero capitolo del suo libro, Vecchi con grinta. Vivere bene fa bene, Fulvio Scaparro, lo psicoterapeuta di fama e autorevole firma del Corriere della Sera. Lui dice che, avendo una quindicina d'anni meno della media nostra, si limita più spesso ad ascoltare. In compenso ci psicanalizza per bene. Siamo per l'appunto un affiatato gruppo di vecchi - a volte allegri e autoironici, a volte cinici - che non hanno nulla da dimostrare a nessuno; piuttosto attenti a non trascurare le memorie, cosa che trasmette il senso di appartenenza a una comunità

Pur con storie molto diverse, "a pensarci bene ecco cosa hanno davvero in comune questi grandi vecchi: non hanno padroni da servire o compiacere, sono (o almeno così mi piace pensarli) liberi… il fatto che abbiano tanto successo in tempi di piaggeria e conformismo dilagante dimostra che al fondo di ognuno di noi rimane il desiderio di pensarla come ciascuno crede e vuole, l'ammirazione per chi è capace di dire pane al pane, verso chi si ribella al servilismo.  E conoscendo le loro storie, si deve aggiungere che lo facevano già quando non avevano successo e fama: scomodi allora come oggi. Un esempio per molti giovani".

Il capitolo di Fulvio Scaparro dedicato a noi si intitola Grandi vecchi senza padrone. []



A PROPOSITO DI ALLEANZE: UN LIBRO NARRA STORIE

DI COPPIE CHE INSIEME HANNO SPARSO SEMI DI LUCE

      testo di Alessandra Tarabochia*


A proposito di alleanze tra uomo e donna, evocate da Rosita Jelmini Missoni, quattordici storie di grandi coppie che, insieme, hanno sparso semi di luce sono state ricostruite, nel 2023, nel libro bello e utile  Alleanze, curato da Alessandra Tarabochia per l’editore milanese Prometheus (20 euro). Del volume riporto, per gentile concessione dell’editore, l’introduzione.

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T


utto è cominciato, in tempo di Covid, con una conferenza on-line sui possibili orizzonti della “questione femminile” e sui termini usati per definire il rapporto tra uomo e donna: uguaglianza, parità, differenza, reciprocità, complementarità e, infine, alleanza. Alleanza, si sa, è un termine del linguaggio politico-militare - si alleano gli Stati, i partiti…- e che troviamo anche nella Bibbia: l’antica alleanza tra Dio e l’uomo è sancita dall’arcobaleno che congiunse cielo e terra alla fine del diluvio, quella nuova colorò le ali dell’angelo annunciante di Van Eyck. Ma alleanza si può riferire anche al rapporto tra uomo e donna, per sottolineare il fatto che si tratta di una relazione in cui le due parti in gioco uniscono i loro talenti, diversi, che di per sé potrebbero anche da soli dare buoni frutti, per realizzare insieme un progetto più bello e più grande. La relatrice concluse con alcuni esempi della storia religiosa: Chiara e Francesco, Benedetto e Scolastica.

 Non ci fu dibattito, ma nei giorni seguenti in una serie di telefonate tra amiche che avevano seguito la tavola rotonda ci siamo “esercitate” a trovare altri esempi di felici “alleanze”, più o meno famose, questa volta nella storia civile: Pierre Curie e Marie Skłodowska, Anna Kuliscioff e Filippo Turati, Eva Mameli e Mario Calvino, Antonio Boschi e Marieda di Stefano

Alcune letture, alcune e-mail ed ecco delinearsi l’indice di questo libro: quattordici storie, dalla fine del XVI secolo alle soglie dei nostri giorni, in cui gli autori raccontano di alleanze che hanno “incontrato” nel corso dei loro studi e, in qualche caso, della loro vita.

Brevi saggi, storie ricostruite sulla base di testimonianze, lettere, diari, autobiografie, ricordi personali. Storie ricche, feconde, nate spesso in momenti difficili, e talvolta drammatici, dalla condivisione di passioni e ideali, che ci fanno conoscere da vicino, e guardare con occhi diversi, alcuni personaggi famosi, di fama mondiale, altri noti in ambienti più ristretti, o conosciuti solo agli specialisti: letterati e politici, scienziati e musicisti, mecenati e artisti, medici e santi.

Sophia Loren e Carlo Ponti si sono incontrati per caso, in un ristorante romano, dove si stava tenendo un concorso di bellezza; altri, i più, hanno incrociato i loro destini sul campo, là dove li avevano portati, anche da lontano, i loro interessi, le loro passioni: a Parigi, dove Marie Skłodowska era andata dalla natia Polonia interessata, come Pierre Curie, ai fenomeni del magnetismo; a Monaco di Baviera, dove Alexandre Sakharoff e Clotilde von der Planitz si trovano a danzare, alternativamente, sullo stesso palcoscenico; a Boston dove Martin Luther King, dalla Georgia, stava preparando il dottorato in filosofia e Coretta Scott, dall’Alabama, studiava musica per diventare cantante. E scopriamo quanto può essere importante, nella vita di una, anzi di due persone, trovarsi a vivere insieme, anche con ruoli diversi, una stessa esperienza: il saggio finale di quartetto a un corso estivo di musica dell’Accademia Chigiana, un coro nella St. Jakobs Kirche di Köthen, gli esercizi quaresimali nella cattedrale di Dijon, un corso di specializzazione all’ospedale per bambini di Montreal, l’acquisto di un quadro sulle rive della Senna, il trasloco di una biblioteca all’Università Cattolica di Brescia, la quiete di un antico borgo nel Chianti...

Ci furono decisioni repentine e altre maturate nel tempo, colpi di fulmine e lente scoperte. Da un lato uomini che hanno intuito il valore delle donne che avevano conosciuto e non hanno esitato a chiedere di essere al loro fianco nella realizzazione di un progetto che avrebbe visto entrambi, in ruoli e con compiti diversi, protagonisti. Dall’altro donne che hanno capito che potevano dire di sì, valeva la pena accettare quelle proposte strane, inaspettate, da parte di uomini che avevano fiducia in loro, che le invitavano a cambiare, certo, un po’ i loro piani, ad avviarsi per una strada non facile, impegnativa, in cui, ne erano certe, non da sole, ma senza rinunciare a se stesse, avrebbero costruito qualcosa di bello. E così Eva Mameli lascia il suo posto di assistente di botanica a Pavia e va con Mario Calvino a Cuba per riorganizzare il laboratorio della Estación Central Agronómica; Coretta Scott abbandona l’idea di una carriera concertistica, ma non la musica, e canta, insegna canto, organizza concerti seguendo il suo Martin da Boston a Montgomery e in giro per il mondo; Lucille Teasdale va con Piero Corti a organizzare la sala operatoria in un ospedale in Uganda; Fioretta Mazzei si candida e viene eletta nel consiglio comunale di Firenze mentre Giorgio La Pira ne diventa sindaco.

Molti divenuti anche compagni di vita, altri vivendo in piena libertà una profonda comunione di anime ci portano a vivere con loro difficoltà, fermenti e sogni, mostrando quanto, insieme, si può fare per vincere la miseria, le malattie, l’ignoranza, i pregiudizi, per il progresso della scienza, per la giustizia e la pace. Dalla Borgogna e dall’Alta Savoia alla Sassonia e al Ponente ligure, da Parigi a New York, da Milano a Firenze e Roma, a Cuba e in Uganda, questi “alleati” si sono impegnati a denunciare, lottare, conquistare, difendere, ma anche studiare, scoprire, innovare, costruire, fondare, insegnare… E ci hanno lasciato eredità spirituali, morali, intellettuali, artistiche destinate a durare: una biblioteca scientifica, un ordine religioso e monasteri, un ospedale, una casa-museo, importanti scoperte scientifiche, e altrettanto importanti innovazioni nella musica e nella danza, e scuole, tante scuole diverse: di danza, di ceramica, per i campesinos e per i ragazzi di San Frediano, per formare infermieri, musicisti, cantanti…

«È importante fare della vita un sogno e di un sogno realtà». La frase di Pierre Curie ci aiuta a comprendere la vita di tutti i protagonisti di queste alleanze, così diverse: in tutti ritroviamo passione, dedizione, pazienza, determinazione, la capacità di scelte spregiudicate, anticonformiste, e di affrontare difficoltà, sacrifici, pericoli… la capacità di cogliere le luci e le ombre del presente, e il coraggio di guardare avanti, lontano, e di non aspettare che i tempi siano maturi per fare o cercare di ottenere quello è giusto. Perché, come spiega Anna Kuliscioff: «Filippo, quando una cosa è giusta… è giusta!» Per questo Johann Sebastian Bach pensò di far vivere di vita propria il violoncello, e molto probabilmente senza la complicità di Anna Magdalena le sei Suites per violoncello solo non sarebbero come sono; Antonio Boschi e Marieda Di Stefano non esitarono a riprendere, dopo la pausa della guerra, la loro “attività” di collezionisti e mecenati, in piena sintonia  con gli artisti che erano tornati a frequentare la loro casa di via Jan; Paolo Borciani, Elisa Pegreffi, Lionello Forzanti e Franco Rossi, «nel deserto di una nazione da ricostruire», si misero a studiare per il loro primo concerto come Quartetto Italiano; Giorgio La Pira e Fioretta Mazzei sognarono e guidarono la rinascita di Firenze dalle macerie materiali, sociali e morali della seconda guerra mondiale; Martin Luther King e Coretta Scott non cessarono di predicare la non-violenza, Thomas Merton e Dorothy Day di denunciare i mali della società in cui vivevano, di lottare contro la povertà e ogni tipo di disuguaglianza; Piero Corti e Lucille Teasdale decisero di rimanere con i malati nell’ospedale che avevano fondato, nell’Uganda dilaniato dalle lotte tra etnie; Sophia Loren e Carlo Ponti portarono sul grande schermo il dramma, la forza d’animo e la consapevole rassegnazione di donne come Cesira, Filumena, Antonietta…

Tutte le storie raccolte in questo libro si nutrono di libertà, coraggio, fiducia in se stessi e nell’altro, in tutte si respira un profondo desiderio di giustizia e di pace, e di bellezza. Insieme, i protagonisti di queste storie hanno fatto, come meglio potevano, quello che sapevano fare: hanno cantato e predicato, studiato, sperimentato e scoperto, riordinato libri e comprato quadri, suonato e danzato, piantato alberi e coltivato fiori, curato malati e assistito puerpere, pregato e insegnato, fatto politica e organizzato convegni, scritto libri, fondato riviste, monasteri e scuole… A modo loro, dove si trovavano o dove hanno pensato di dover andare, hanno sparso semi di luce. []


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  • Alessandra Tarabochia, curatrice del libro “Alleanze”, è studiosa di platonismo medievale e rinascimentale (LINK: https://www.giannellachannel.info/invito-alla-lettura-alleanze-storie-di-uomini-e-donne-che-hanno-sparso-semi-di-luce/). Vive a Cassina de’ Pecchi, alle porte di Milano. Con lei nella foto è il marito  Alfredo Canavero, già docente di Storia contemporanea presso l’Università degli studi di Milano, dove ha diretto il Centro per gli studi di politica estera e opinione pubblica. È segretario generale della Commissione di storia delle relazioni internazionali. Ha pubblicato biografie di Alcide De Gasperi, Maria Federici, Davide Albertario, Filippo Meda.
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