Agli inizi del Novecento un ragazzo destinato a diventare uno dei massimi poeti italiani e a vincere il Nobel per la letteratura 1975, Eugenio Montale, trascorre l’infanzia e la sua giovinezza tra la natìa Genova e lo splendido paese di Monterosso, nelle Cinque Terre liguri, dove la famiglia è solita recarsi in vacanza. Nelle sue poesie dominerà il paesaggio che lui, ultimo di sei figli, guardava dalla finestra della sua casa a Monterosso, un paesaggio ligure “scabro ed essenziale”. Lo stesso titolo della sua prima opera, Ossi di seppia (1925), designa l’esistenza umana, logorata dalla natura, e ormai ridotta a un oggetto inanimato, privo di vita. Gli ossi di seppia sono una metafora che serve a descrivere l’uomo, che con l’età adulta viene allontanato dalla felicità della giovinezza e abbandonato, al dolore, sulla terra come un inutile osso di seppia. Gli ossi di seppia sono, appunto, gli endoscheletri delle seppie rilasciati sulla spiaggia dalle onde del mare, quindi, presenze inaridite e ridotte al minimo, che simboleggiano la poetica di Montale a sua volta scabra ed essenziale come il paesaggio ligure.

Su questo frastagliato tratto della riviera ligure situato nel territorio della provincia della Spezia, nel quale si trovano cinque borghi o, come si diceva anticamente, terre (da ovest verso est sono: Monterosso al Mare, Vernazza, Corniglia, Manarola, Riomaggiore) ha puntato i suoi occhi Vittorio Giannella in questa tappa della sua sezione “Le parole e gli occhi”. Nelle Cinque Terre, dal 1997 sito UNESCO, il premio Nobel amava passare giorni e giorni osservando il mare, le tempeste e il mutare delle stagioni, per fissarli su versi indimenticabili. Qui la sua presenza è ancora tangibile. O, meglio, è ancora possibile vedere questi luoghi con i suoi occhi, grazie alle sue parole.

Info: Parco letterario Eugenio Montale, Monterosso, 0187.21223 – Adriana Beverini, mail: adriana2@libero.it

 

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Ossi di seppia a Monterosso.

Oh allora sballottati come l’osso di seppia

dalle ondate svanire a poco a poco; diventare un albero rugoso

o una pietra levigata dal mare; nei colori fondersi

dei tramonti; sparir carne per spicciare sorgente ebbra

di sole, dal sole divorata

da Riviere – Ossi di seppia

 

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Il porticciolo di Vernazza durante una tempesta.

Dal porto di Vernazza le luci erano a tratti scancellate

dal crescere dell’onde invisibili al fondo della notte.

da L’occasioni

 

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Terrazze coltivate a vigneto, strappate alla montagna, sopra Manarola.

Digradano su noi pendici di basse vigne, a piane,

quivi stornellano spigolatrici con voci disumane.

Oh la vendemmia estiva, la stortura nel corso delle stelle

e da queste in noi deriva uno stupore tinto di rimorso

da Marezzo

 

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Una petroliera al largo di La Spezia.

Oh l’orizzonte in fuga,

dove s’accende rara le luce della petroliera?

(Ripullula il frangente ancora sulla balza che scoscende)

Tu non ricordi la casa di questa mia sera.

E io non so chi va e chi resta

da La casa dei doganieri

 

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Limoni in un cortile, visibili dietro un portone socchiuso.

Quando un giorno da un malchiuso portone

tra gli alberi di una corte

ci si mostrano i gialli dei limoni;

e il gelo del cuore si sfa,

e in petto ci scrosciano le loro canzoni…

da I limoni

 

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Girasoli delle Cinque Terre.

Portami il girasole ch’io lo trapianti nel mio terreno

bruciato dal salino,

e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti del cielo l’ansietà del suo volto giallino.

Portami tu la pianta che conduce dove sorgono

Bionde trasparenze e vapora la vita quale essenza;

portami il girasole impazzito di luce

da Ossi di seppia

 

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Una foglia intrappolata dal ghiaccio invernale.

Felicità raggiunta,

si cammina per te su fil di lama.

Agli occhi sei barlume che vacilla,

al piede, teso ghiaccio che s’incrina

e dunque non ti tocchi chi più t’ama

da Ossi di seppia

 

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Una crisalide di Vanessa Cardui, lepidottero appartenente alla famiglia delle Ninfalidi.

Ah crisalide, com’è amara questa tortura senza nome

che ci volve e ci porta lontani –

e poi non restano neppure le nostre orme sulla polvere…

e forse tutto è fisso, tutto è scritto, e non vedremo sorgere

per via la libertà, il miracolo,

il fatto che non era necessario

da Crisalide

 

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Libecciata a Monterosso.

Rombando s’ingolfava dentro l’arcuata ripa

un mare pulsante, sbarrato da solchi,

crespato e fioccoso di spume;

di contro alla foce d’un torrente

che straboccava il flutto ingialliva.

Giravano al largo i grovigli dell’allighe

e tronchi d’alberi alla deriva

da Fine dell’infanzia

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A PROPOSITO

Vitamine per l’anima. Parole in pillole di Eugenio Montale

L’attesa è lunga, il mio sogno di te non è finito.
L’uomo dell’avvenire dovrà nascere fornito di un cervello e di un sistema nervoso del tutto diversi da quelli di cui disponiamo noi, esseri ancora tradizionali, copernicani, classici.
L’uomo coltiva la propria infelicità per avere il gusto di combatterla a piccole dosi.
Molti affetti sono abitudini o doveri che non troviamo il coraggio di interrompere.
Essere sempre infelici, ma non troppo, è condizione sine qua non di piccole e intermittenti felicità.
Codesto solo oggi possiamo dirti: ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
L’uomo è come il vino: non tutti i vini invecchiando migliorano; alcuni inacidiscono.

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Salvatore Giannella, giornalista che ha ideato e cura con passione questo blog che vuole essere una bussola verso nuovi orizzonti per il futuro, ha diretto il mensile scientifico del Gruppo L’Espresso Genius, il settimanale L’Europeo, il primo mensile di natura e civiltà Airone (1986-1994), BBC History Italia e ha curato le pagine di cultura e scienza del settimanale Oggi (2000-2007). Ha scritto libri (“Un’Italia da salvare”, “L’Arca dell’arte”, “I Nicola”, “Voglia di cambiare”, “Operazione Salvataggio: gli eroi sconosciuti che hanno salvato l’arte dalle guerre”, “Guida ai paesi dipinti di Lombardia”, “In viaggio con i maestri. Come 68 personaggi hanno guidato i grandi del nostro tempo” e, a quattro mani con Maria Rita Parsi, “Manifesto contro il potere distruttivo”, Chiarelettere, 2019), curato volumi di Tonino Guerra ed Enzo Biagi e sceneggiato docu-film per il programma Rai “La storia siamo noi” (clicca qui per approfondire).
Vittorio Giannella, fotografo free-lance, 52 anni, pugliese trapiantato a Bussero (Milano). Da anni collabora con importanti riviste di viaggi e turismo italiane ed estere, da Bell’Italia a Dove, da Weekendin a Meridiani; qualche anno fa ha realizzato con la collaborazione dell’UNESCO un reportage sulle remote isole della Micronesia per Airone. Attualmente sta portando in giro una mostra dal titolo “Quando fotografia fa rima con poesia“, luoghi che hanno ispirato rime indimenticabili di poeti e scrittori e che ha cercato di fotografare con le stesse atmosfere e luci. Dall’Irlanda di Yeats al Cile di Neruda, dalle Marche di Leopardi alla Liguria di Montale, un umile tentativo di cogliere con l’obiettivo attimi di questi luoghi, un percorso visivo che guarda la natura con gli occhi della poesia.