L’ETNA SALVA LA VENDEMMIA:
BATTUTA LA SICCITA’ GRAZIE AL
VULCANO. UNA NOTIZIA CHE
AVREBBE FATTO FELICE
IL VIGNAIUOLO ETNEO LUCIO DALLA
introduzione di Salvatore Giannella - testo di Roberto Angelino
La notizia: nel corso dei settembrini Etna days il presidente del Consorzio Etna Doc, Francesco Cambria (nella foto d’apertura) ha rivelato che le vecchie vigne d’altura, sulle pendici del vulcano, sono riuscite a resistere a una stagione siccitosa che nel resto della Sicilia ha fatto grandi danni. Il raccolto previsto supera del 60% quello del 2023. Una vendemmia da incorniciare per la 440 aziende aderenti al Consorzio. E il pensiero corre a un enologo non professionista che proprio sulle vigne alle pendici dell’Etna aveva puntato quando era in vita: il genio musicale Lucio Dalla (Bologna, 1943 – Montreux, 2012).
Siena 1994: Lucio Dalla brinda con il suo vino “bianco superiore” premiato con il Dioniso d’Oro dall’Enoteca Italiana di Siena e conosciuto come Stronzetto dell’Etna. Il nome fu suggerito dall’attore salentino Carmelo Bene.
Le curiosità enologiche (e le due tessere meridionali della biografia di Lucio), le estraggo dal corposo libro “Cover story” (Vololibero ed., 25 euro, pag. 181), a firma di quel vulcanico giornalista e generoso collaboratore di Giannella Channel che è Roberto Angelino. (s.g.)
…Nella vita di Dalla sono due le chicche legate al Sud Italia: per questioni di vino, diamo la precedenza alla Sicilia. Lucio ha abitato per oltre un decennio a Milo, nel Catanese, alle pendici dell’Etna, in una grande villa con piscina da lui chiamata La casa dei colori, con 21 mila metri quadrati in parte coltivati a vigneto, dove ha come vicino il collega Franco Battiato. (La villa è stata messa all’asta nell’autunno del 2014, Ndr).
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L’EREMO DI LUCIO ALLE PENDICI DELLA MONTAGNA
Lì Lucio produce del buon vino, soprattutto un “bianco superiore” premiato nel 1994 con il Dioniso d’Oro dall’Enoteca Italiana di Siena e conosciuto come Stronzetto dell’Etna, nome che gli è stato involontariamente suggerito dal fumantino attore e drammaturgo salentino Carmelo Bene. “Bevendolo, una volta s’era preso una ciucca tremenda, da non stare più in piedi”, ha raccontato Lucio, “e la sera dopo, consegnandomi un premio a Taormina, aveva commentato: ‘Ecco a voi quello quello stronzetto di Dalla…’. Perciò decisi di chiamare in quel modo colorito il mio vino”.
Ne produce ogni anno qualche migliaio di litri destinati alla sua tavola, al consumo in barca o alle persone che più ama. Sull’etichetta delle bottiglie, disegnata dall’amico pittore Aldo Mondino (1938-2005), il cantante indossa una divisa da derviscio islamico.
A proposito di Carmelo Bene brillo, per par condicio segnalo l’irresistibile filmato in bianco e nero di una epica serata del 1977 con abbondanti libagioni nell’osteria bolognese Da Vito, fuori porta San Vitale, in via Musolesi all’angolo con via Paolo Fabbri dove abitava Francesco Guccini. Si vede un Lucio Dalla beatamente alticcio mentre canta Porta Romana in compagnia dello stesso Guccini e di Roberto Vecchioni, entrambi alla chitarra ed entrambi sbronzi persi (https://www.youtube.com/watch?v=kxNrNRF4mk4).
Alle pendici del Gargano, terra d’origine della famiglia di mamma Jole, Lucio trascorre le vacanze dai sei ai quindici anni, quando la madre confeziona vestiti aiutata dalle sue collaboratrici e con al seguito tutto l’invenduto dell’anno, assai apprezzato dalle signore della borghesia locale.
Nel libro Ti racconto Lucio Dalla il sindaco di Manfredonia Angelo Riccardi, suo amico personale nonostante i trentasei anni di differenza, ha scritto: “Lucio mi ha più volte confessato come la madre fosse convinta di avere un figlio geneticamente portato per lo spettacolo, non ostacolandolo mai nei propositi di entrare nel mondo della musica: ‘Avevo undici anni, quando lei, donna strana, una stilista che non sapeva mettere un bottone, mi portò in un istituto psicotecnico di Bologna per un test attitudinale. Risultò che ero un mezzo deficiente. Ma mamma sospettava che fossi un genio e anche per questo mi lasciò partire a quindici anni per Roma’. Terminata la scuola dell’obbligo, Lucio inizia ragioneria, passando poi al liceo classico e infine al linguistico: ‘Negli studi ero un disastro, preferivo andare in giro a suonare. E a diciassette anni ero già a Roma a fare musica’”.
Dopo il debutto con un complessino jazz bolognese, la Rheno Dixieland Band, in cui suona anche il futuro regista Pupi Avati, nel 1961 è tra i fondatori del gruppo romano The Flippers, che accompagna Edoardo Vianello nelle rassegne canore: Dalla canta e suona clarinetto e sax, alla tromba c’è Massimo Catalano (1936-2013; divenuto celebre ventiquattro anni dopo come filosofo re dell’ovvio a Quelli della notte con Renzo Arbore) mentre il batterista è il futuro critico musicale del Messaggero Fabrizio Zampa e alle tastiere giganteggia Franco Bracardi (1937-2005) poi pianista fisso al Maurizio Costanzo Show. Nel 1963 i Flippers e Vianello partecipano con I Watussi al Cantagiro, dove Gino Paoli si piazza terzo con Sapore di sale: Gino s’innamora del timbro soul della voce di Lucio e lo persuade a tentare la carriera solista, diventando il suo primo produttore.
Un 45 giri di grande successo di Dalla sarà 4/3/1943 (etichetta RCA Italiana), uscito nel 1971 e da lui presentato al Festival di Sanremo lo stesso anno. Anche se non si tratta di una canzone autobiografica, il titolo è la sua data di nascita e, curiosamente, pure il giorno prima di quello in cui è venuto al mondo l’altro grande Lucio della canzone italica: Battisti. Proprio sulla cover di 4/3/1943 c’è una suggestiva foto in bianco e nero di Manfredonia con una freccia blu che indica il palazzo nell’antico borgo, a due passi dal porto, dove il cantante alloggiava con mamma Jole in quelle indimenticabili estati pugliesi. Dopo la morte di Dalla, la cittadina gli ha intitolato il teatro comunale. (r.a.)