
L’Esercito sta chiudendo il suo storico allevamento di cavalli.
E io ricordo
Alberto Sordi che difendeva dalla rottamazione i cavalli e le persone anziane
Il Cemivet fu fondato nel 1870 e per molto tempo è stata un’attività importante per Grosseto; ora tutti gli animali saranno spostati nel Lazio dove nascerà un nuovo “polo equestre” militare.
Giovedì 3 ottobre quattro camion dell’Esercito per il trasporto di cavalli sono entrati nel Centro militare veterinario (Cemivet) di Grosseto, in Toscana, scortati da alcune auto dei carabinieri. Si sono diretti verso le stalle, dove due butteri (i pastori della Maremma) e un allevatore hanno caricato a bordo dei primi tre veicoli sei cavalle fattrici, cioè destinate alla riproduzione, con altrettanti puledri. Sul quarto automezzo hanno fatto salire altre quattro cavalle. Qualche ora dopo il convoglio è ripartito verso Montelibretti, una quarantina di chilometri a nord di Roma, dove nascerà il nuovo “polo equestre” dell’esercito.
Di solito questo tipo di trasporti riguardano solo i puledri che hanno meno di tre anni. I cavalli vengono inviati a Montelibretti, dove c’è una scuola di cavalleria dell’esercito e si allenano gli atleti che partecipano alle gare di equitazione, o agli altri centri ippici militari, che si trovano a Lecce, a Palmanova in Friuli, a Tor di Quinto nella zona nord di Roma, e a Palermo. A volte i puledri venivano trasferiti solo di poche decine di metri, per andare al centro ippico che si trova all’interno del Cemivet. Le cavalle fattrici invece non erano mai state spostate.
Per i lavoratori non è stata una sorpresa, poiché la decisione del governo di chiudere il Cemivet era nota già da qualche mese, anche se a loro non è mai stata comunicata ufficialmente. Nei prossimi mesi saranno spostate a Montelibretti tutte le fattrici e i puledri che sono nelle stalle del centro, e così è cominciato il trasferimento definitivo del più antico allevamento equino dell’Esercito italiano.
Il “Deposito allevamento cavalli” dell’Esercito fu istituito ufficialmente l’11 novembre del 1870 con un regio decreto su un’area di 50 chilometri quadrati, 4 chilometri a nord di Grosseto. Era un’ex tenuta di caccia dei Lorena, la famiglia di origine francese che governò il Granducato di Toscana dalla metà del Settecento all’Unità d’Italia. Fino alla metà degli anni Cinquanta del Novecento era considerata l’industria più grande della città, poiché dava lavoro a decine di agricoltori, allevatori, butteri e maniscalchi. Anche se in seguito è stato ridimensionato, oggi occupa ancora quasi sei chilometri quadrati di terreni e vi sono impiegati circa 200 militari e una quarantina di civili. Prima del trasferimento, nell’allevamento c’erano 200 cavalli.
Dentro ci sono un comando militare, un centro ippico, una struttura per l’addestramento dei cani da utilizzare per la ricerca di esplosivi nelle missioni all’estero, ambulatori e sale operatorie per cani e cavalli, le scuderie, due musei e una mensa per i militari e per il personale civile. La Croce Rossa gestisce un centro in cui si pratica l’ippoterapia, un metodo di cura basato sull’andare a cavallo che è utilizzato da fisioterapisti, neurologi e psicoterapeuti con pazienti che hanno problemi cognitivi o neuromotori. Ad aiutare nella semina e nella raccolta del fieno sono invece alcune aziende agricole.
Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha deciso di accorpare e snellire il settore equestre dell’esercito, secondo alcune linee guida approvate dal governo Renzi nel 2015 e mai applicate. Lo Stato maggiore dell’Esercito sostiene che non è un ridimensionamento dei cavalli nelle forze armate, ma sono misure per ridurre le spese legate al loro mantenimento. Gli animali vengono impiegati soprattutto per le cerimonie istituzionali e nella sorveglianza delle sedi istituzionali, ma spesso sono utilizzati anche nel controllo del territorio, com’è accaduto con l’operazione Strade Sicure contro la microcriminalità e il terrorismo nelle città, avviata nel 2008 (nella foto d’apertura, dell’Ufficio stampa ANSA: militari del reggimento Lancieri di Montebello pattugliano a cavallo la pineta di Castel Fusano, a Roma, durante l’operazione Strade Sicure, il 24 agosto 2017).
A Grosseto già dieci anni fa c’era stato un movimento di protesta in quanto «lo spostamento lascerebbe inutilizzati pascoli e spazi particolarmente idonei», e che porterebbe «all’abbandono di strutture veterinarie, scuderie specializzate e mezzi che non sono trasferibili, oltre che di edifici di un certo pregio storico e architettonico». Molti di questi, e anche il cancello d’ingresso monumentale, sono tutelati dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio.
Appena le voci sulla chiusura hanno cominciato a circolare, a Grosseto sono ripartite le proteste. Un gruppo di cittadini ha formato un comitato che ha raccolto 3.500 firme contro il trasferimento dei cavalli. E c’è chi avanza proposte compensative, come la trasformazione del Cemivet nel «ricovero dei cavalli riformati di tutte le forze armate e per il riposo estivo» degli animali, e la creazione di un centro nazionale per l’ippoterapia. In pratica nel polo equestre del Lazio saranno trasferite solo le 40 cavalle fattrici e gli 80 puledri, mentre una sessantina di cavalli «riformati», cioè che non possono svolgere più le loro attività perché sono troppo vecchi, si sono infortunati o sono malati, rimarranno a Grosseto. []
IL BELLO DELLA MEMORIA
Quando Alberto Sordi mi confessò:
“Difendo cavalli e uomini anziani dalla rottamazione”
intervista di Salvatore Giannella – da Oggi, 17.6.1998

L’accenno ai sessanta cavalli «riformati», cioè che non possono svolgere più le loro attività perché sono troppo vecchi, si sono infortunati o sono malati, mi ha fatto affiorare il ricordo di un incontro con l’Albertone nazionale avvenuto a Roma nel 1998. con un’intervista (pubblicata su Oggi) in cui feci luce su due aspetti poco conosciuti dell’attore: 1) la generosità (lui che godeva di una cattiva fama di tirchio aveva dato uno schiaffo a tutti i suoi detrattori adottando generosamente Icaro e gli altri i cavalli anziani dell’esercito destinati all’asta per i macellai: alcuni vissero una serena vecchiaia nella cascina Ravanelli del mio borgo di residenza, Cassina de’ Pecchi, alle porte di Milano) e 2) l’invito ai giovani di rispettare la dignità degli anziani.
Volete far andare in bestia l’Albertone nazionale? Definitelo un “animalista”, come hanno fatto molti in questi primi giorni torridi di giugno alla notizia che si è nuovamente offerto quest’anno di adottare i cavalli-soldato che a Milano rischiavano di finire al macello. A Cinecittà, dove ha appena girato l’ultimo metro di pellicola di Incontri proibiti, il film che lo vede protagonista con Valeria Marini, l’uomo che sullo schermo ha espresso più di ogni altro la figura dell’italiano medio si scalda:
Trauma al mattatoio
C’è di più del Sordi ammirato nel bellissimo film Nestore, l’ultima corsa, storia del vetturino Gaetano e del suo cavallo bianco, Nestore appunto, sopraffatto dalla vecchiaia e destinato al macello. Sordi, il regista e il Gaetano di quella storia, ricorda che il film gli aveva messo in moto un grande turbamento:

Riconoscere la voce? Un cavallo sa fare molto di più, Sordi. Kluge Hans, Hans l’astuto, il cavallo sapiente dei primi di questo secolo, sbalordì il mondo perché estraeva radici quadrate dai numeri. Si capì poi che ci riusciva perché avvertiva, arrivato al momento giusto, l’impalpabile differenza nel ritmo del respiro dei suoi esaminatori, che conoscevano la soluzione. L’intelligenza di un uomo supera quella del cavallo: ma quella “impalpabile differenza”, invece, noi non sappiamo riconoscerla. Qui l’animale cavallo batte l’animale Homo sapiens…
Sia che si chiami Nestore, diretto al mattatoio, sia che si tratti del vetturino Gaetano, a sua volta in procinto di entrare in un ospizio… “L’attenzione per la vecchiaia di entrambi deve essere la stessa. Un cavallo, dopo aver reso un servizio all’uomo, deve aver diritto al giusto riposo, magari passando dal servizio militare a quello civile e aiutando al recupero dei ragazzi difficili, come fanno a Roma a Villa Ada con l’ippoterapia”.
“Io mi auguro che presto sia pronto nella capitale quello che abbiamo prefigurato come il Progetto Nestore: il Casale dei cavalli. Sono 100 ettari di terra e di pascoli attorno a una grande stalla in località Casteldiguido, per accogliere i Nestore, gli Icaro e tutti gli altri cavalli sfortunati d’Italia.
È prevista anche una struttura per ospitare bambini, un ristorante e una stalla che i dirigenti dell’Unire stanno completando: se fosse stata già attrezzata, non ci sarebbe difficoltà ad accogliere i 16 cavalli della caserma Santa Barbara di Milano. È un progetto partito dopo il film su Nestore e il sindaco di Roma, Francesco Rutelli, col quale abbiamo trovato in passato un accordo per proiettare il film nelle scuole di Roma e al teatro dell’Opera, ha promesso di portare a conclusione entro l’autunno”.
Vecchi e bambini, fuori dalla mischia
Lo stesso discorso vale anche per il cavaliere, cioè l’uomo… “È l’invito che io faccio ai giovani: rivalutiamoli, i nostri vecchi! Rimettiamoli in attività invece di lasciarli nella loro inattività. Io da giovane ero attratto dagli anziani. Quante volte è stato detto che vecchi e bambini hanno lo stesso codice espressivo, che sono fuori dalla mischia, più disposti ad accogliere miserie e ricchezze della vita: le piccole gioie, le piccole soddisfazioni. Io non ho potuto conoscere i miei nonni. Però ho imparato tanto da due grandi vecchi, il regista Mario Bonnard e Vladimiro Apolloni, l’antiquario che gestiva il salotto frequentato da Roberto Rossellini e Vittorio De Sica”.
Uno scienziato da poco scomparso, il neurobiologo Renato Boeri, prima di morire aveva lanciato l’allarme per il fatto che la fin troppo esaltata società del profitto sta costruendo uomini terminali, cioè uomini non produttivi per i quali è già stata emessa sentenza di morte biologica o civile, quasi sempre senza appello.

Renato Boeri (Milano, 15 maggio 1922 –20 luglio 1994) è stato uno tra i più noti e stimati neurologi clinici. Partigiano con il fratello Enzo, dal dicembre 1944 fu comandante della 7ª Brigata “Paolo Stefanoni” della Divisione Valtoce, operante nella zona del Verbano-Cusio-Ossola. Direttore dal 1977 al 1987 dell’Istituto Neurologico “Carlo Besta” di Milano. Una particolare attenzione riservò al tema dell’inventiva, che lo portò alla fondazione nel 1985 del Club Psòmega, “una società di artisti, scienziati, filosofi per lo studio del pensiero inventivo e la pratica del vivere inventivo”. Dal matrimonio con l’architetto Cini Boeri ebbe i figli Sandro, Stefano e Tito, rispettivamente giornalista, architetto ed economista. Sposò in seconde nozze la “regina della fotografia” Grazia Neri. Il suo Progetto Zadig è nell’archivio Boeri conservato presso il Centro Aspi – Archivio storico della psicologia italiana dell’Università di Milano-Bicocca. (Credit: Leonardo Cendamo).
Zadig, progetto per gli anziani
Sordi, lei mi parla del Progetto Nestore; Boeri mi consegnò il Progetto Zadig, che in dieci punti (dai nonni di quartiere alle nonne-sitter; ai corsi di avviamento professionale tenuti da vecchi artigiani e vecchi operai specializzati, ai laboratori dove esercitare la memoria) si propone di attivare i vecchi con il duplice proposito di ricavare da loro tutte quelle potenzialità che potrebbero essere utili alla società e di evitare quella fatale tendenza all’evoluzione depressiva e cognitiva che porta, tra l’altro, a oneri economici sempre più gravosi per la società.
Vogliamo cogliere un insegnamento comune da questi due momenti progettuali?
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