Come mio spirito guida io scelgo uno storico inglese: John Spencer Purvis Bradford, di stanza durante la Seconda guerra mondiale nella base Alleata di San Severo (Foggia). Fu lui a individuare per primo, nelle immagini scattate in volo dai colleghi piloti della RAF, i segni della presenza di antichi insediamenti dauni nel Tavoliere pugliese. Bradford alla fine del 1943 era stato destinato alla base aerea Alleata di San Severo dove rimase sino al 1945 in una sezione della Mediterranean Allied Photographic Reconnaissance Wing.
Fu il primo a individuare negli scatti effettuati dai colleghi militari in volo nei cieli della Puglia, siti di immenso valore archeologico. E a consegnare così all’Umanità la conoscenza di millenni di Storia attraverso l’individuazione di villaggi neolitici come quello di Passo di Corvo (11 km a NE di Foggia; 4.000-3.000 a. C.), o, tra tutti, l’abitato dauno di Arpi (9 km circa ancora a NE di Foggia; VIII-IV sec. a.C.) con fasi di occupazione di età romana (III a.C. – IV d.C.).
Archeologia dal cielo
Bradford fu in Italia pioniere del metodo foto-interpretativo in archeologia, primo a collocarla ufficialmente tra discipline scientifiche e umanistiche e a considerare il paesaggio antico come contesto e sistema da indagare con uno sguardo interdisciplinare ponendo le basi di quella che è oggi l’Archeologia del paesaggio.
Una pietra miliare nell’indagine su questa grande personalità è il volume “Paesaggi sepolti in Daunia. John Bradford e la ricerca archeologica dal cielo 1945/1957” curato dalla sua biografa ufficiale, l’archeologa Francesca Radcliffe Franchin, e pubblicato dall’editore foggiano Claudio Grenzi in occasione del trentennale della morte dello storico inglese.
Bradford fu tra i tanti studiosi reclutati durante la Seconda guerra mondiale.
Era il 1943 e dopo un corso di addestramento in Interpretazione fotografica nel Derbyshire, fu inviato da maggio a dicembre nel Nord Africa. Quindi a San Severo. Prima col grado di tenente, quindi capitano in una Unità del Royal Intelligence Corps, il Servizio Informazioni Difesa dell’Esercito britannico che collaborava con le Unità della RAF nel Mediterraneo.
La sua intuizione? Quella di comprendere come la presenza di reperti archeologici nel sottosuolo produca quelle deviazioni nella crescita della vegetazione, del grano di Puglia, che fotografate dai finestrini degli aerei militari in forza alla RAF durante la Seconda guerra mondiale si trasformarono in un meraviglioso alfabeto.
Tutto questo l’occhio esperto di Bradford seppe per primo ben decifrare nella Daunia. “Leggendo” le tante “C” che disegnavano e ancora un po’ disegnano su quelle immense pagine del Tavoliere i perimetri di capanne neolitiche dei tanti insediamenti.
Atlantide sommersa
Ma fu forse la scoperta di Arpi a lasciarlo davvero senza parole. Scrive Bradford (Antiquity, vol. XXXI, 1957): ‘…Solo dopo aver esaminato migliaia di fotografie aeree di questa regione sono riuscito a trovare una serie presa in condizioni ottimali per poter leggere il ‘paesaggio sepolto’ di Arpi (Diomede di Argos si dice la chiamasse Argos Hippion ..la moneta aveva la scritta greca Arpanoi)’. E ancora, ‘…l’importanza di Arpi rimarrà sempre evidentissima dato che una pianta di questo tipo prima d’ora non era stata scoperta e descritta in modo così chiaro e completo in Italia…’.
Quindi aggiunge: ‘Quando vidi questa foto aerea di Arpi feci fatica a credere all’evidenza della sua dimensione unica! Ma l’esperienza disse di si! E così con mia moglie presi il primo treno per controllare a piedi questa scoperta’.
Questo abitato dauno è citato da una dozzina di autori classici: Ovidio, Virgilio Cicerone e lo Strabone che fa anche riferimento a Salapia (Salpi) che di Arpi fu porto (questo porto, Venezia dei dauni, è il villaggio che ha dato origine all’attuale città di Trinitapoli, ndr).
E a proposito, Bradford racconta nei suoi scritti dei documenti antichi che ne descrivono anche il villaggio medievale, la domus di Federico II e il porto. Così ambìto dai veneziani da condurli nel 1239 a un alleanza col Papato e contro Federico, appunto, ‘per la conquista di Salpi e Barletta’.
‘Nel 1945’, scrive ancora lo storico inglese, ‘il mio studio particolareggiato di questa regione sulle foto aeree inglesi, rivelò una rete di strade sepolte che si irradiavano dal sito di Salapia’. E anche: ‘Il sito più spettacolare, e uno di cui non si conosceva pressoché nulla, è il porto medievale di Salpi… dove si scoprirono scarti invetriati di fornace’, forse, ipotizza Bradford, provenienti dal villaggio medievale di Torrione del Casone con la sua ceramica policroma del XIII e XIV secolo (è fra Foggia e San Severo ed é uno dei villaggi medievali da lui scoperti).
E anche nel dopoguerra Bradford continua la sua attività sotto l’egida di diversi sodalizi internazionali e affiancato da sua moglie, Patience Andrewes.
La sposa nel 1948: è un’archeologa specializzata in arte medievale. Soggiornano all’albergo Sarti di Foggia. Tra l’altro, nello stesso anno Bradford diviene membro della Society of Antiquaries di Londra e, prima ancora, della Sottocommissione Alleata per i Monumenti, Belle arti, Archivi per l’Italia. Il 1957 è, invece, l’anno di Ancient Landscapes (per G. Bell & Sons Ltd.), il suo scritto più importante.
Nel 1958 rifiuta di correggerlo nella traduzione italiana per Giulio Einaudi che nicchia sul compenso: il volume non uscirà mai. Quindi, i primi sintomi della malattia.
Un alfabeto di civiltà
Che tipo fosse Bradford lo ricaviamo dai suoi scritti, dagli atti ufficiali e dall’epistolario, materiale che per la verità Bradford non ha lasciato molto in ordine. Ma bisogna pensare alla terribile malattia che lo ha colpito. All’inizio si pensava fosse alcolizzato. Così il suo profilo è stato oscurato dalla Storia ufficiale. Si è poi scoperto che soffriva di una malattia neurologica congenita degenerativa che aveva molti sintomi in comune con l’alcolismo e che lo portò alla morte a soli 57 anni, dopo 15 di ospedale, nell’agosto del 1975.
Ho scelto Bradford come mio “eroe” perché trovo straordinaria l’esperienza di quest’uomo tenacemente assetato di segni della Storia persino in quei tempi così ostili. Durante i quali è riuscito a scorgere tra le ombre di quel materiale fotografico prodotto per soli fini bellici un alfabeto di civiltà, di cultura, di pace.
A PROPOSITO
Patience sposò Bradford, amò Federico II
Dietro un uomo di successo c’è sempre una donna in gamba: questa convinzione vale anche per John Bradford. Sua compagna di vita e di lavoro fu Patience Andrewes, di Bude in Cornovaglia, archeologa specializzata in arte medievale (a sinistra in una foto giovanile). John la sposa nel 1948, l’anno in cui pubblica il volume Ancient Landscapes, e da allora viaggia sempre con lei, visitando la Grecia, Cipro, Rodi e l’Italia per controllare a terra i siti descritti nelle foto aeree per il suo libro.
Nel 1960, dopo il ricovero di John in ospedale, alla moglie viene chiesto di riprendere gli studi sui siti medievali della Puglia, interrotti dieci anni prima. Patience accetta con entusiasmo. Ama la Puglia e ricorda con piacere i tempi trascorsi lì con il marito. L’appassiona il Medioevo, ma è per Federico II che ha un’ammirazione totale e l’affascina l’amore profondo dell’imperatore “stupor mundi” per le Murge e per il Tavoliere.
Estate 1963: Patience torna in Puglia. e con l’aiuto di operai locali comincia uno scavo vicino a San Severo. La Fondazione Lerici ha mandato a Patience un magnetometro, in via sperimentale, e un tecnico per fare un sopralluogo e vedere se esistono strutture sepolte. Viene scoperto un forno medievale. Una sera, finito il lavoro quotidiano, Patience ritorna sulla buca dal profondo scavo. È colta da malore, perde l’equilibrio e cade nella buca battendo la schiena su una pietra. Lì vicino non c’è nessuno, l’operaio che l’aiutava è già rincasato. Passa del tempo prima che venga dato l’allarme. Viene ricoverata nell’ospedale di San Severo. L’allora direttore della British School di Roma, Jon Ward-Perkins, organizza il rientro di Patience in Inghilterra. Rimane paralizzata. Vive a Oxford, curata prima dal padre novantenne e poi da un’amica fedele, fino alla morte nel 1985.
A proposito di archeologia ed esplorazione:
- Cercatori di tesori in Italia. Quei tesori d’Italia che intrigano gli Indiana Jones. Armati di metal detector, i predatori di antiche ricchezze scandagliano terreni ed esplorano fortezze dal Piemonte alla Sardegna. Per vivere il brivido del ritrovamento
- La flotta di Kubilai Khan riemerge dagli abissi grazie a detective italiani. Risolto in Giappone uno dei più appassionanti misteri della storia da un team di archeologi nipponici e dell’I.R.I.A.E. partiti da Napoli
- Khaled al-Asaad, l’eroico custode di Palmira da non dimenticare. Federico Fazzuoli sull’incontro che aveva avuto con al-Asaad, archeologo e martire siriano barbaramente trucidato dai boia dell’Isis
- Il sito archeologico dell’antica Salapia piace agli americani. E a noi piacciono gli archeologi che la stanno riportando alla luce in Puglia
- Il “National Geographic” fa 130 anni: il fascino discreto della geografia. Una leggenda del giornalismo spegne 130 candeline. Bussola editoriale per quattro generazioni di americani guidati, molto prima che si usasse la parola ecologia, a conoscere diversità e fragilità dell’ambiente nei quattro angoli del mondo
- La prima farina della storia fu prodotta nel Gargano. Gli abitanti del sito di Grotta Paglicci, nel Gargano, producevano farina già 32.000 anni fa, nel Paleolitico superiore, macinando chicchi di avena selvatica
- Giancarlo Ligabue, imprenditore ed esploratore, riceve l’omaggio di Venezia. Al famoso paleontologo è stato intitolato il Museo di Storia Naturale al quale ha donato molti suoi preziosi reperti, tra i quali gli scheletri di un dinosauro, l’Ouranosaurus nigeriensis, e quello del più grande coccodrillo della storia, scoperto durante una delle 130 spedizioni nei cinque continenti
Dai traumi delle guerre e delle devastazioni possono nascere progressi nel campo del sapere? Forse per una delle numerose e bizzarre coincidenze della storia, proprio nei difficili anni della liberazione dell’Italia e in quelli ancora più sofferti dell’immediato dopoguerra fu scritta una delle pagine più affascinati della storia della ricerca archeologica in Daunia (l’odierna Puglia settentrionale) ad opera di John Bradford, il tenente-archeologo dell’Esercito Inglese giunto nel 1943 nella base alleata di San Severo in qualità di foto-interprete per l’analisi delle fotografie aeree realizzate a scopo strategico dalla Royal Air Force.
In un singolare intreccio di ragione militare e passione per l’archeologia, all’individuazione degli obiettivi sensibili si accompagnò ben presto la contemplazione di un territorio, il Tavoliere di Puglia, in cui le tracce, i segni del passato, dell’interazione tra uomo e ambiente, delle strutture insediative e delle culture di ogni tempo emergevano dal grano come dipinti “in una galleria di paesaggi di pittori vecchi e nuovi”, con un’evidenza che non aveva (e non ha) confronti altrove.
Noto a molti quasi esclusivamente per il prezioso archivio di riprese aeree che reca il suo nome, il ritratto di John Bradford, uomo e archeologo, è riemerso finalmente dall’oblio. Credo che sia stato reso il giusto tributo ad un grande protagonista dimenticato della ricerca archeologica in Italia il cui modus operandi, concepito come approccio globale allo studio dei paesaggi antichi, rappresenta tuttora un punto di riferimento imprescindibile e di straordinaria attualità.
Dagli anni Quaranta dello scorso secolo ad oggi tanto è stato fatto per riportare alla luce le testimonianze delle genti, delle culture, dei saperi che variamente, nei secoli, hanno popolato o anche solo attraversato la Daunia. E numerosi degli insediamenti individuati e fotografati per la prima volta da J. Bradford sono stati oggetto di specifici progetti d’indagine archeologica: si pensi agli scavi del villaggio neolitico di Passo di Corvo condotti da Santo Tinè, ai molteplici interventi diagnostici effettuati ad Arpi, agli scavi della città romana di Herdonia sotto la direzione di Joseph Mertens e di Giuliano Volpe, alle recenti ricerche condotte sull’abitato medievale di San Lorenzo in Carmignano da parte degli archeologi dell’Università di Foggia, peraltro impegnati, ormai da anni, in un programma sistematico di prospezioni archeologiche aeree del Tavoliere.
Tanto c’è ancora da fare, da scoprire o ri-scoprire: molti dei siti segnalati da Bradford attendono di poter raccontare la propria storia. Salapia è tra questi: della città romana affacciata sulla laguna, con le sue mura ed il porto menzionato da Vitruvio, si conosce troppo poco.
Ma non basta. Le fotografie pubblicate da Bradford sulle pagine di “Antiquity” o del volume “Ancient Landscapes” sono solo una parte, una piccola parte, delle centinaia di immagini acquisite dal tenete-archeologo durante le ricognizioni aree effettuate in tempo di guerra: un vero patrimonio informativo che attende di essere ricomposto, interpretato e puntualmente localizzato.