Nei verdi boschi di Montaione, delizioso borgo medievale a una cinquantina di chilometri a sud-ovest da Firenze, c’è un’angolo di Toscana ai più ignoto ma ricco di storia, arte e natura rigogliosa. Sulle colline ammantate di querce, cipressi e abeti che al confine della provincia di Pisa troneggiano sulla Valdelsa fiorentina, come una manciata di candidi dadi lanciati sul panno verde sorprende una cittadella di cappelle e tempietti dal nome assai impegnativo: “Gerusalemme di San Vivaldo”. Il complesso costruito dai frati minori di San Francesco in origine era costituito da 34 cappelle e fu realizzato in pochi anni ai primi del Cinquecento, quando la Terra Santa era preclusa ai cristiani perché occupata dagli Ottomani, e consentiva ai credenti una valida alternativa per il loro pellegrinaggio di fede: lo testimonia la bolla papale di Papa Leone X del 1516 che concedeva la stessa indulgenza che si guadagnava a Gerusalemme a chi si recava in preghiera a San Vivaldo.
“Questo luogo e un luogo speciale”, spiega Guido Mariotti, 39 anni, guida del comune di Montaione. “Esso rappresenta uno degli esempi più significativi di riproduzione dei luoghi di Terra Santa in Occidente, a scopo di pellegrinaggio sostitutivo. Per decenni la tradizione medievale del pellegrinaggio a Gerusalemme era impossibile per la caduta della Palestina in mano musulmana. Per questo i francescani, già custodi del Santo Sepolcro e qui insediatisi con una sede conventuale, costruirono nel bosco un borghetto di cappelle e tempietti, affinché di vicino e di lontano vi si potesse accorrere e compiere simbolicamente il proprio pellegrinaggio”.
Complessi analoghi si trovano nell’Italia settentrionale (come il Sacro Monte di Varallo Sesia, in provincia di Vercelli) e in Europa, ma nessuno riproduce con tanto rigore filologico la topografia della Gerusalemme del tempo.
L’ideazione della cittadella toscana si deve a un francescano, fra’ Tommaso da Firenze, e fu realizzata con gli edifici disposti nel bosco secondo un ordine che riproduce in scala ridotta la planimetria della Gerusalemme del Cinquecento, nei pressi dell’antica chiesa di Santa Maria in Camporena. Questo tempio contadino era legato al culto dell’eremita Vivaldo, all’anagrafe Vivaldo Stricchi, qui morto in solitudine contemplativa nel 1320 nel cavo di un tronco di un vecchio castagno che aveva eletto a sua dimora: si racconta che dopo la sua morte l’albero sia scomparso per l’ansia dei numerosi devoti di trarne delle reliquie. Oggi le spoglie del santo sono custodite nella chiesa della Gerusalemme toscana che prende il suo nome.
“Fra Tommaso scelse il luogo con estrema accuratezza, adottando l’orientamento astronomico di Gerusalemme e non quello locale”, chiarisce Mariotti. “Lui aveva identificato a est del convento una valle boscosa, che somigliava alla
valle di Giosafat; più a sud un rilievo era ideale a rappresentare il Monte degli ulivi; a nord, un ripiano naturalezze era simile alla
spianata del Tempio, mentre poco più in là, una collinetta, veniva a formare il Monte del calvario”.