
“IL MIO EROE? UN GENEROSO ITALO-EUROPEO, MARIO INCISA”. PAROLA DI UN PIONIERE DELL’AMBIENTALISMO SCIENTIFICO, FRANCO PEDROTTI
presentazione di Salvatore Giannella
testo di Franco Pedrotti*

Abstract & Beginning
A: “My hero? A generous italo-european, Mario Incisa”. Word of a pioneer of scientific environmentalism, Franco Pedrotti
B: On Friday 11 April 2025 I’m calling to Camerino a great Italian who is celebrating his first 91 years marked by constant and rigorous civil commitment: Franco Pedrotti, botanist of European fame (with his life and study partner Carmela Cortini), cartographer and pioneer of scientific environmentalism. From the battle to establish national parks to the training of professionals capable of managing a protected natural area in the best possible way, to research in Italy and Europe (especially those in the Bialoweza forest, in Poland, land of bisons and centuries-old trees), Franco ensured that the University of Camerino itself became a protected area, managing a small reserve of the future: the natural reserve of the Torricchio mountain, acquired thanks to the donation of the Marquis Mario Incisa della Rocchetta, which over the years has become the gym where carry out studies, surveys and experiments.
Venerdì 11 aprile 2025 chiamo a Camerino un grande italiano da esportazione che festeggia i suoi primi 91 anni segnati da un costante e rigoroso impegno civile: Franco Pedrotti, botanico di fama europea (con la compagna di vita e di studi Carmela Cortini), cartografo e pioniere dell’ambientalismo scientifico.
Dalla battaglia per istituire i parchi nazionali alla formazione di professionisti capaci di gestire al meglio un’area naturale protetta, alle ricerche in Italia e in Europa (speciali quelle nelle foresta di Bialoweza, in Polonia, terra di bisonti e di alberi secolari) Franco ha fatto sì che la stessa Università di Camerino diventasse un’area protetta, gestendo una piccola riserva di futuro: la riserva naturale della montagna di Torricchio, acquisita grazie alla donazione del marchese Mario Incisa della Rocchetta (nella foto d’apertura), diventata negli anni la palestra dove compiere studi, rilevazioni e sperimentazioni.
Un gesto di generosità che induce Pedrotti a considerare il marchese mecenate il suo eroe, il suo spirito guida. E qui di seguito ci spiega, con parole sue, il motivo di questa scelta, delineando il lato umano e professionale di quel mecenate da lui illuminato. (s.g.)
Il Marchese Mario Incisa della Rocchetta nacque a Roma nel 1889 da famiglia piemontese, studiò alla facoltà di Agraria dell’università di Pisa, dove conobbe Clarice della Gerardesca, discendente di uno dei casati più antichi della Toscana, quello del Conte Ugolino protagonista di un canto dell’Inferno di Dante.
A Bolgheri mise le sue radici. A lui si deve gran parte della conservazione dell’ambiente e dello sviluppo dell’Alta Maremma, in quella fascia di territorio che parte poco a sud di Bibbona e arriva fino ai confini della Val di Cornia. Una conservazione scaturita dall’amore che il marchese aveva nei confronti del territorio: amava la natura e la sua terra – la moglie Clarice, con il matrimonio, portò in dote nella zona di Bolgheri 600 ettari e una decina di poderi – realizzò nel 1959 la prima oasi faunistica privata.
Fu tra i fondatori e primo presidente del Wwf italiano, ma anche un illuminato produttore di vini – sua l’idea dell’iconico Sassicaia – che oggi sono il fiore all’occhiello di Bolgheri e dintorni. E fu anche proprietario della scuderia Dormello Olgiata (fondata con l’allevatore Federico Tesio), dove nacque il mitico cavallo Ribot, il più famoso di tutti i tempi.

Ribot (Newmarket, 1952 – Lexington, 1972) è stato un cavallo campione di galoppo. Morì per una colica a 20 anni. I suoi discendenti vincono tuttora corse importanti in Europa.
Proprio al marchese Incisa della Rocchetta ben si addice il “genius loci” a Castagneto Carducci, che è il capoluogo del comune di cui Bolgheri è una frazione. Perché lui geniale lo è stato davvero. Intelligente e pronto a intravvedere, con decenni di anticipo, la vocazione di questa terra di Maremma che grazie alle sue intuizioni ha cambiato volto sotto il profilo agricolo, economico, culturale e turistico. È stato senza dubbio un creativo Mario, che ha perseguito per tutta la sua vita un sogno, quello del vino.
Era del resto nipote di Leopoldo Incisa della Rocchetta che nel 1862 aveva pubblicato la “Descrizione dal vero di 105 varietà di uve, parte indigene e parte di origine straniera”. E il giovane Mario, mentre studiava agraria a Pisa, cavalcando nella Tenuta di San Rossore, conobbe anche il duca Salviati che già coltivava cabernet nelle sue vigne. Nessuno prima di Mario – che amava i vini francesi – aveva pensato di far nascere e crescere un vino bordolese in Italia. Per di più in una zona come quella di Bolgheri e Castagneto Carducci dove gli unici vini prodotti erano quelli bevuti a pranzo, a cena all’osteria dai contadini della zona, dai fattori, dagli abitanti dei borghi disseminati sul territorio.
A Mario piaceva il podere di Castiglioncello di Bolgheri, su un poggio alto circa 300 metri, da cui si domina tutta la costa e le colline ammantate di macchia mediterranea dove si mescolano i profumi pungenti del mirto e del ginepro. Mise a dimora cabernet sauvignon, cabernet francese e altri vitigni francesi provenienti dalle terre del duca Salviati. E da lì cominciò, senza neppure avere una cantina attrezzata e un enologo, l’avventura del Sassicaia, proveniente da una vigna impiantata in un terreno pietroso (da cui il nome) leggermente più elevato – cinquanta metri – sul livello del mare. Nel frattempo aveva introdotto l’uso delle barrique e nel 1978 arrivò la consacrazione internazionale a Londra, quando durante una degustazione alla cieca il Sassicaia del 1972, anno molto piovoso, sfidò – vincendo – i 32 migliori cabernet sauvignon del mondo.
La Montagna di Torricchio si estende a un’altitudine compresa fra 820 e 1491 metri sul livello del mare nella Val di Tazza, tributaria della Valle del Chienti, e quindi è interamente compresa nel versante adriatico, esclusa una piccola parte del versante sud-ovest del monte Cetrognola che appartiene idrograficamente all’Alta Valnerina e cioè al versante tirrenico.
La Montagna di Torricchio fa parte della Provincia di Macerata, si tratta di un corpo unico principale di alcune parcelle isolate sulle pendici del monte Torricchio. In base al registro delle particelle catastali, il territorio della riserva può essere diviso come segue:
Pascolo nudo: ettari 203,7762; prato falciabile: ha 12,8980; pascolo cespugliato: ha 13,6350; bosco ceduo: ha 86,5140; fabbricato (Casale Piscini): 0,3080. Totale superficie: ha 317,1212.
Nel 1959 Mario espresse il suo desiderio di destinare la montagna di Torricchio a zona di ricerche scientifiche e di protezione; ciò avvenne durante il congresso per la protezione della natura organizzata quell’anno a Bologna dallo zoologo e naturalista Alessandro Ghigi.
Il 27 aprile 1970 Mario Incisa della Rocchetta sottoscrisse l’atto di donazione della Montagna di Torricchio all’Università di Camerino con lo scopo di istituire una riserva naturale. Per tale ragione l’Università di Camerino gli ha conferito la laurea honoris causa in Scienze Naturali, in occasione della quale il Magnifico Rettore Prof. Pietro Perlingieri ha messo in evidenza la personalità di Mario Incisa della Rocchetta e la sua attività per la protezione della natura sia da privato che quale Presidente dell’Associazione italiana per il W.W.F. (Perlingieri, 1971). Incisa della Rocchetta ha risposto con un discorso che, per il grande significato e valore delle idee, bene esprime la sua posizione nei riguardi dei problemi ambientali (Incisa della Rocchetta, 2002). Nel libro postumo La terra è viva, Mario precisa ulteriormente il suo pensiero sulla natura: “L’unico movente di tutte le idee che cercherò di esporre, è il mio rispetto illimitato per la Natura, in tutte le sue forme, in tutte le sue manifestazioni, in tutti i suoi misteri, in tutti i suoi miracoli che noi andiamo via via scoprendo e che non dovremmo mai desistere dall’ammirare” (Incisa Della Rocchetta, 1984).
E più avanti continua con alcuni concetti che sicuramente si ispirano ai principi dell’etica biologica e oltre, soprattutto quando accenna alla “gratuità” dei fenomeni naturali: “Rispetto per i giorni che si succedono cronometricamente, da sempre, alle notti; per le stagioni che si susseguono inesorabilmente e che, col loro avvicendamento, regolano da secoli le nostre attività e i nostri svaghi, il nostro lavoro e le nostre ferie, le nostre coltivazioni, le nostre… devastazioni: tutte cose che noi, invasati come siamo dalle nostre scoperte, dimentichiamo, senza mai pensare che dobbiamo a quei fenomeni naturali (e del tutto gratuiti!) la nostra stessa esistenza e tutto ciò che ci attornia; che un loro arresto per un minuto soltanto, una loro minima deviazione dall’ordine predisposto, significherebbe la fine nostra e quella di tutti i fronzoli con i quali ci siamo adornati. Rispetto e venerazione per quella Natura che noi abbiamo sempre tormentata e tormentiamo in mille modi, anche inutilmente“.
All’inaugurazione dell’anno accademico 1970-71 Perlingieri poteva affermare: “Sono lieto di comunicare ufficialmente che il nostro Ateneo ha avuto quest’anno una rilevante e significativa donazione da parte dei cavaliere del lavoro dottor Mario Incisa della Rocchetta, una tenuta di circa 315 ettari in località appartenente ai Comuni di Montecavallo e Pievetorina, da destinare a riserva integrale a servizio in particolare dell’Istituto di Botanica“.
E all’inaugurazione dell’anno accademico successivo (1971-72) Perlingieri ha aggiunto: “Sensibile ai più gravi problemi che si dibattono oggi, l’Università di Camerino, e in particolare la Facoltà di Scienze, ha sentito di battersi (e da tempo) per la difesa della natura. In questo spirito, convinti di compiere un atto di particolare significato, si è conferita al dottor. Mario Incisa della Rocchetta la laurea honoris causa in Scienze Naturali. Il gesto ha inteso non soltanto sottolineare l’apprezzamento verso chi, pur nelle attuali circostanze, ha saputo con estrema convinzione additare il valore dell’integrità naturale, ma vuole altresì costituire una chiara testimonianza di una scelta, che dimostra sempre più la funzione insostituibile di un centro di cultura. in una società civile“.
A distanza di 30 anni, le affermazioni di Perlingieri mantengono il loro grande valore e significato e anzi oggi costituiscono un monito per tutti, di fronte alla decadenza culturale in genere, dalla quale non si possono escludere l’università e parte degli stessi movimenti protezionistici. []