Una vita intera a studiare nuovi vaccini. E giovedì 15 giugno il senese Rino Rappuoli ha vinto il premio europeo dei brevetti nella categoria più importante, quella alla carriera. Rappuoli, 65 anni, Chief Scientist della multinazionale farmaceutica GlaxoSmith-Kline (GSK) Vaccines, ha visto così coronato il suo impegno di 40 anni sul fronte dei vaccini. A lui e alla sua squadra si devono le immunizzazioni di massa che hanno quasi azzerato i casi di difterite, meningite batterica e pertosse e i brevetti per i vaccini contro tutte le forme di infezione da meningococco.

Come scrivevamo la settimana scorsa, l’Ufficio Europeo dei Brevetti (EPO) festeggia ogni anno le invenzioni che stanno cambiando in meglio la nostra vita. Sono pionieri della scienza e della tecnica, gli inventori più illustri dei nostri giorni che hanno apportato benefici all’umanità. Selezionati tra centinaia di invenzioni, quindici finalisti sono stati scelti per l’assegnazione del massimo riconoscimento europeo conferito all’innovazione.

Altri tre italiani sono stati selezionati come finalisti del premio EPO European Inventor Award 2017: il ricercatore bergamasco Giuseppe Remuzzi, 68 anni, coordinatore delle ricerche dell’Istituto Mario Negri e presidente della Società mondiale di nefrologia, difensore del Sistema sanitario nazionale italiano, con le sue assistenti Ariela Benigni e Carlamaria Zoja, tutte e due 61enni.

Giuseppe Remuzzi: la sua difesa del Sistema sanitario nazionale italiano.

La cerimonia di premiazione si è tenuta per la prima volta in Italia a Venezia, città in cui fu registrato il primo brevetto della storia. È stata una giuria internazionale a decretare i vincitori di ogni categoria.

Con Rappuoli (alla carriera), questi sono gli altri premiati:

  • per l’Industria, Jan van den Boogart e Oliver Hayden (Olanda e Austria);
  • per la Ricerca, Laurent Lestarquit, José Angel Avila Rodriguez, Gunter W. Hein, Jean-Luc Issler e Lionel Ries (Francia, Spagna, Germania e Belgio), anche James G. Fujimoto, Eric A. Swanson e Robert Huber (Stati Uniti e Germania);
  • per le PMI Günter Hufschmid (Germania).
  • La giuria popolare ha assegnato il suo premio ad Adnane Remmal (Marocco).

Maggiori informazioni sull’European Inventor Award 2017 e sui vincitori qui: epo.org
Segnaliamo che sono aperte fino a ottobre p.v. le candidature relative al European Inventor Award 2018 alla pagina epo.org/learning-events/european-inventor/nominate.html.

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A PROPOSITO

Dal Montefeltro marchigiano un urlo ad arte a sostegno della sanità pubblica

L’ospedale di Angera (Varese) era condannato alla chiusura: un esercito di mamme ha convinto la Regione Lombardia a ripensarci. Adesso chi ha condotto quella esperienza la esporta nel resto d’Italia, come a Carpegna e Sassocorvaro, da dove parte un manifesto a favore della sanità pubblica

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Il maestoso palazzo dei Principi di Carpegna. Fino al 31 agosto ospita la mostra “Salvare la memoria” dedicata agli Attila e agli eroi dell’arte nell’ultimo secolo.

Sabato 10 giugno il maestoso Palazzo dei Principi di Carpegna, sede della mostra “Salvare la memoria” dedicata agli eroi dell’arte nell’ultimo secolo, si è riempito di un pubblico diverso dai tanti visitatori attratti da quella esposizione in programma sino a fine agosto. Erano sindaci, amministratori, rappresentanti di associazioni e di comitati nati per la permanenza nel Montefeltro marchigiano dei servizi sanitari di base (pronto soccorso attrezzato e reparto di medicina, servizi che devono restare della Sanità Pubblica e con medici formati ad hoc) chiamati a raccolta dalla “padrona di casa”, la principessa Clara di Carpegna Falconieri, per ascoltare da un invitato giunto dalla Lombardia una storia finita bene. Davide Brangi, artigiano di Angera (Varese), era stato tra i “condottieri” dell’esercito delle mamme che hanno presidiato per mesi il reparto di pediatria dell’ospedale di Angera (condannato alla chiusura dalla Regione Lombardia: la legge dice che un reparto di questo genere per restare aperto ha bisogno di un minimo di 500 nascite l’anno, le 485 registrate lì non sono bastate) fino a ottenerne la riapertura.

“La nostra esperienza ha dimostrato che unità e buonsenso fanno vincere, e questo messaggio vogliamo adesso estendere a una rete in tutt’Italia”, dice Brangi, che ogni fine settimana parte per rilanciare l’urlo in luoghi (come il Montefeltro, dove è prossima la chiusura del vicino ospedale di Sassocorvaro, ma anche a Latisana e Portogruaro, Volterra e prossimamente Arona) dove il servizio sanitario pubblico perde pezzi.

Il movimento d’opinione contro la chiusura dell’ospedale di Sassocorvaro (“Qualcosa è stato ottenuto, come per esempio scongiurare la chiusura del PPI, Punto di Primo intervento, ex Pronto Soccorso alle 20, ed è rimasto H24. L’impegno continua per ottenere a Sassocorvaro e a Cagli un reparto di Medicina efficiente e di qualità e un PPI con medici specifici e il potenziamento dell’Ospedale di Polo che è quello di Urbino”, precisa l’assessore alla Cultura di Carpegna, Luca Pasquini, medico) aveva avuto, nel marzo 2016, un segnale forte da parte di un artista di Reggio Emilia, Giordano Montorsi, docente all’Accademia di Brera a Milano. Montorsi aveva donato una sua opera al piccolo ospedale che serve un bacino di oltre 30 mila abitanti, e insieme aveva reso noto un manifesto a favore del Servizio sanitario nazionale. Di quel “Piccolo manifesto di Sassocorvaro per l’arte e la pubblica sanità” diamo qui una sintesi.

… Molti nel mondo ci invidiano il funzionamento del nostro sistema sanitario, nonostante le sue fragilità e le sue contraddizioni. Io stesso ho potuto sperimentare personalmente il valore di un’ assistenza, che mi ha consentito di uscire da situazioni assai difficili. Ma ovunque rivolga lo sguardo, ormai forte di un’esperienza di anni, misuro l’importanza di assicurare a tutti, universalmente, un pieno diritto alla salute, del resto sancito dalla nostra bella Costituzione.

Ecco perché assisto sgomento ai tanti tentativi di ridimensionamento sostanziale di questo sistema così prezioso. Dietro il paravento delle economiche necessità di risparmio della spesa pubblica, sento il profilarsi, insidioso e suadente, della miope imitazione di modelli di altri Paesi, che puntano a esasperate privatizzazioni o a configurare due livelli di assistenza, quelli minimi garantiti a tutti, ma di bassa o media qualità, e quelli riservati a chi ha davvero i mezzi economici per garantirsi una accurata cura e prevenzione. Sullo sfondo, gli interessi non troppo nascosti dei grandi fondi finanziari o delle più importanti compagnie assicurative.

Ho speso una vita intera, da semplice artista, per esplorare le mille vie della creatività, alla ricerca di una bellezza autentica, oltre ogni convenzione. Ma nulla mi è apparso più bello del gesto di un medico, di un infermiere, di un operatore sanitario, quando si assumono in modo virtuoso la responsabilità della cura, alleviando le umane sofferenze. E questa bellezza deve essere alla portata di tutti, indipendentemente dai ceti, dalle provenienze, dalle opinioni.

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Giordano Montorsi con l’opera da lui donata all’ospedale emiliano di Correggio. Gli altri ospedali da lui beneficiati: in provincia di Reggio Emilia, Guastalla, Montecchio, Scandiano, Castelnuovo Monti, Centro oncologico di Reggio Emilia. Altri sono a Forlì, Sassocorvaro, Sorrento e, prossimamente, Rapallo.

Non nego ovviamente l’importanza di provvedimenti riformatori e anche di razionalizzazione della spesa, ma essi devono essere orientati a rafforzare i servizi e non a indebolirli e non a privatizzarli in modo indiscriminato.

Un artista non è certo un politico, ma non può vivere, come nessuno di noi che si trova ospite del tempo, in un suo mondo privilegiato, per quanto prezioso e inquieto. Ho infatti sempre pensato che l’arte possa ritrovare molte delle sue ispirazioni perdute, alimentandosi del confronto concreto con la vita delle donne e degli uomini, che si trovano oggi a fare i conti con nuovi pericoli, ma anche con nuove potenzialità.

Del resto non poche sono le affinità elettive tra la gratuità del dono dell’artista e la gratuità del dono della cura. Quel dono che si fa bellezza.

Ecco perché con l’affidamento di una mia opera al Comune di Sassocorvaro, un piccolo comune, ma che fa della bellezza e dell’arte un capitolo importante della sua storia e identità culturale, avendo qui dato ricovero e salvezza, con la vicina Carpegna e Urbino, ai principali capolavori dell’arte italiana durante la Seconda guerra mondiale, vorrei lanciare un appello al mondo dell’arte, ai tanti amici e colleghi, con i quali ogni giorno mi trovo a discutere, per difendere la sanità pubblica in Italia, anche attraverso tante donazioni e tante discussioni, in una mobilitazione civile e culturale di cui la nostra fragile democrazia ha oggi così urgente bisogno.

Lo chiamerò PICCOLO MANIFESTO DI SASSOCORVARO PER UN INCONTRO VIRTUOSO TRA L’ARTE ITALIANA E LA PUBBLICA SANITÀ al quale sin da ora chiedo di aderire, disponibile a valutare, con tutti coloro che lo vorranno sottoscrivere, le più diverse iniziative in ogni parte della nostra magnifica Italia.

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Davide Brangi. Quando non è nella sua Angera, gira a sue spese l’Italia per sostenere la qualità del Servizio sanitario nazionale. Contatti: mail davidebrangi@gmail.com, mobile: 349.2685755.
Giordano Montorsi (Scandiano, 1951) è docente di “Tecniche e tecnologie delle arti visive” presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e teorico della disseminazione artistica in aiuto alla sanità pubblica. Ha pubblicato “La mutevole precisione della forma. La la land: storia di un’opera”, ed. Mimesis 2016. Contatto: 0522.877506, 338.3125025; mail: montorsimoss@gmail.com