Segnatevi questa data sull’agenda: mercoledì 1° maggio 2013, Matera. E’ il giorno in cui vi consiglio di essere presenti alle feste nella seconda città più antica del mondo (la precede soltanto Gerico) per il primo mezzo secolo di una scoperta importante per i beni culturali italiani e, insieme, per un gigante sobrio e discreto della cultura del nostro Paese: Michele D’Elia, da poco scomparso, pugliese che ha amato la millenaria città lucana tanto da desiderare che la sua sepoltura avvenisse proprio lì, in quella città dei Sassi patrimonio mondiale dell’umanità.

LA CRIPTA DEL PECCATO ORIGINALE. Il 1 maggio del 1963 quattro giovani soci della associazione La Scaletta di Matera, dopo una lunga e testarda ricerca, scoprirono la chiesa rupestre detta dei Cento Santi, poi “ribattezzata” la Cripta del Peccato Originale. L’eccezionalità della scoperta trovò ampia risonanza nel mondo scientifico, tanto che il circolo lucano ricevette dal Presidente della Repubblica il riconoscimento di Benemerito della Cultura. La particolare attenzione degli studiosi fu provocata dalla presenza, sulle pareti rocciose del luogo di culto, di 41 metri quadrati di affreschi risalenti al periodo longobardo (VIII-IX sec. d.C.), stesi quindi da monaci benedettini cinquecento anni prima di Giotto. Gli affreschi documentano gli episodi più rilevanti della storia del Creato e dell’Uomo: dalla separazione della Luce dalle Tenebre, alla creazione dell’Uomo e della Donna e al Peccato Originale.

Un particolare della Cripta del Peccato Originale scoperta nel 1963 in una grotta di Matera.

Un particolare della Cripta del Peccato Originale scoperta nel 1963 in una grotta di Matera.

A distanza di 50 anni la Fondazione Zétema di Matera, divenuta nel 2000 proprietaria del monumento ipogeo, ha programmato una serie di iniziative per ricordare l’epopea della scoperta e lo straordinario intervento di restauro compiuto da un gruppo interdisciplinare di autorevoli professionisti italiani, coordinati dal compianto Michele D’Elia, già direttore dell’Istituto Centrale del Restauro, poi Soprintendente ai Beni storici e artistici della Basilicata e successivamente direttore della Fondazione Zétema. Infatti il progetto di conservazione si è tradotto nella definizione di un modello di riferimento per quanti vogliono affrontare con rigore scientifico le attività di conservazione, di valorizzazione, di gestione e di manutenzione programmata del patrimonio rupestre del Mezzogiorno d’Italia. “Sarà questa l’occasione”, dice a Giannella Channel uno dei motori dell’attività culturale di Matera, Raffaello De Ruggieri, “per ricordare il ruolo essenziale avuto da Michele D’Elia nell’opera di tutela, favorendo la feconda alleanza con l’Istituto Centrale del Restauro e con le selezionate professionalità che hanno concorso nella costruzione di un esemplare codice di pratica”. (s.g.)

UN RICORDO DI MICHELE D’ELIA. Il ricordo di Michele d’Elia (21 aprile 1928 – 15 ottobre 2012) si traduce, nell’animo di chi come me lo ha conosciuto e frequentato, in una percezione profonda che, con la sua scomparsa, abbiamo perso un grande protagonista della cultura italiana del Novecento, una cultura da lui coltivata nel campo delle Arti con uguale passione, pragmatismo e ricchezza di risultati sui versanti tanto della ricerca scientifica quanto della conservazione, del restauro e della valorizzazione del patrimonio culturale inteso in tutta l’ampiezza delle sue componenti.

Michele D'Elia: una vita per la difesa della cultura

Michele D’Elia: una vita
per la difesa della cultura

Il suo totalizzante impegno in favore dell’Arte, svolto nei ruoli delle Soprintendenze fino alla prestigiosa direzione dell’Istituto Centrale del Restauro, è stato approfondito nel 1996 da Pina Belli D’Elia in un saggio che apre il poderoso volume di Studi in suo onore pubblicato in quell’anno a cura di Clara Gelao (R § R Editrice, Matera). Nel 2008 un secondo omaggio editoriale per gli 80 anni di Michele, promosso da Francesco Abbate (Paperoedizioni), dimostra come fosse ancora in pieno corso il suo impegno di studio e la sua vicenda umana. Su di essi Pina Belli, prima di riprendere un discorso bio-bibliografico iniziato 12 anni prima, si sofferma ribadendone la consistenza perchè inseriti “nella più fitta trama tessuta da una vita di studi, di attività, di realizzazioni, di progetti” e di rapporti umani forti e intensi, perchè la sua principale qualità era “quella di farsi degli amici: tanti, sinceri, duraturi, disinteressati come lui”.

La spontanea partecipazione di colleghi, di studiosi affermati e di nuove forze intellettuali -più di cento!- a tali “miscellanee in onore” è di per se stessa indicativa dell’attenzione che Michele dedicava alle giovani generazioni e della profonda stima di cui godeva presso gli “addetti ai lavori”. E questo – lo posso testimoniare direttamente in virtù di un’amicizia antica che, nata in anni lontani tra lui e mio padre, ha continuato a vivere attraverso di me – non solo prova il suo spessore culturale, ma anche (e forse soprattutto) le sue non comuni doti umane e di saggezza che lo hanno fatto considerare, incondizionatamente da tutti, “amico” oltre che “maestro”. Non per niente Pina Belli, che con Michele ha condiviso anche il progetto di vita, conclude nel 1996 il suo saggio, titolato significativamente “nel segno dell’amicizia”, con parole che, come ella stessa dice, non volevano rappresentare allora il bilancio di vita del suo sposo (le riferisce infatti all’importanza che egli attribuiva all’amicizia) ma che invece oggi, lui scomparso, sono altrettanto efficaci per riconoscere, “senza forse, dubbi, ombre o incertezze”, la positività di un bilancio di esistenza vissuta nella totale fedeltà e fiducia nei valori dell’intelligenza, della cultura, dell’umanità e dello spirito.

Una delle ultime immagini di Michele D'Elia al suo tavolo di lavoro.

Una delle ultime immagini di Michele D’Elia
al suo tavolo di lavoro.

Personalmente ricordo con commossa gratitudine, negli anni più recenti, il suo impegno di costante presenza, a Sassocorvaro nel Montefeltro storico, al premio Rotondi ai salvatori dell’Arte, della cui giuria ha fatto parte dal 1996, anno di istituzione. Per me che la presiedo costituiscono sue eredità preziose la saggezza di proposte e giudizi, l’attenzione all’ascolto, la capacità di sciogliere le tensioni, l’equilibrata partecipazione che contribuiva a creare, durante le riunioni, un clima esemplare di coinvolgimento collettivo. (g.r.)

P.S. : per una biografia dettagliata di Michele D’Elia consigliamo la lettura di un magistrale ritratto (link) di Giacomo Annibaldis, storica firma delle pagine culturali della Gazzetta del Mezzogiorno di Bari. Dello stesso Annibaldis è il luminoso profilo biografico di Pina Belli D’Elia (link).